Copertina 7

Info

Anno di uscita:2003
Durata:51 min.
Etichetta:Locomotive
Distribuzione:Frontiers

Tracklist

  1. PAINKILLER
  2. EVERYTHING
  3. SUICIDE MAN
  4. GIVE YOURSELF AWAY
  5. DON'T FIT
  6. DIGGIN'
  7. TAKE ME OVER
  8. BEHIND
  9. SUFFOCATED
  10. FORGOT HOW TO WIN

Line up

  • Emmi: vocals, bass
  • Christian Werr: drums
  • Jan: guitars

Voto medio utenti

Il grunge può essere anche di matrice europea? A quanto pare sì. Ce lo dimostrano gli svizzeri Comastar, nuovo trio lanciato dalla sempre più attiva ed intraprendente Locomotive Music, alle prese con il debut album “Headroom of Conscience”. L’inizio è davvero dei più promettenti ed il tempo sembra fare un agile balzo indietro di circa dieci anni, negli anni in cui camicione di flanella ed ipnotici tristi riffs dominavano la scena mondiale. Oggi possiamo parlare di post grunge, grazie a dio lontano anni luce dagli stereotipi propri del nu metal o anche dell’alternative da MTV alla Nickelback, semplicemente investito di una pesantezza onesta e decisamente convincente. La mestizia e le atmosfere depressive non mancano, ed anzi le iniziali “Painkiller” e “Everything” la sciorinano nel modo migliore, ossessiva nella prima, melodica ed energetica nella seconda. Due delle tante facce dei Comastar, che dimostrano sin dal primo lavoro un’ottima maturità spinta da canzoni terribilmente efficaci, così come è efficace la voce di Emmi, buono anche alle prese con il suo basso, terribilmente ispirato dai vecchi Screaming Trees e a volte simile per espressività ad Eddie Vedder, ma pur sempre in grado di mantenere una personalità che certamente dovrà espandersi in futuro. Una buona prestazione, ora aggressiva, ora ipnotica, ora melodica, ora soffusa, ma sempre dominata da una sensazione di oppressione ed angoscia. Quella sensazione onesta, genuina, scevra da mosse commerciali del momento per un disco che nel 1993 sarebbe stato acclamato e che oggi appare decisamente fuori mainstream. Apprezzabili non foss’altro per questo, sicuramente da plaudire e seguire nell’immediato futuro.
Recensione a cura di Wes Lukjer

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