Quanto è importante per un gruppo musicale saper scrivere belle canzoni? Moltissimo, è la risposta quasi scontata. Eppure non sempre questo fondamento viene rispettato, almeno non tanto quanto meriterebbe.
I Taron si autodefiniscono una band di heavy rock emergente (anche se esaminando la bio è chiaro che non stiamo parlando di “principianti”, con il nome di Dario Caroli che fatalmente spicca dalla lettura della line-up, vista la sua militanza in Sabotage e Bud Tribe!) e rivelano una straordinaria capacità di scrittura, davvero sorprendente per la mancanza di cedimenti.
Stilisticamente abbracciano l’hard rock e l’heavy metal “classico” (volendo fornire dei riferimenti noti direi Rainbow, soprattutto, nonché qualche bagliore di “oscura” NWOBHM) e quindi si può tranquillamente affermare che non inventano nulla, ma ascoltarli riproporre questi suoni con un’ispirazione così naturale ed avvincente è ancora una volta una situazione emotiva veramente appagante.
Aggiungete una scintillante preparazione tecnica, lontana, però, dalle autoindulgenze fini a loro stesse ed otterrete un favoloso full-length autoprodotto, pregevole anche nella resa sonora e nella confezione, un autentico catalizzatore per i Vs. ascolti, almeno se amate questo tipo di sonorità.
Sensibilità melodica, forza espressiva e un’illuminata abilità nel rendere istantanei i propri brani, sono le armi vincenti dei nostri Taron, condotti dalla matura laringe di Riccardo Bagagli, un vocalist che senza spericolate iperboli vocali, conosce alla perfezione l’arte dell’interpretazione e dell’intensità fonatoria, e dalle suggestive architetture armoniche allestite da Pier Luigi Pennesi con chitarre e tastiere, mentre la sezione ritmica sostiene con consapevolezza e arguzia cinquantaquattro minuti di musica da incorniciare.
Ed eccoci alle “menzioni d’onore”, per me praticamente imprescindibili e tuttavia in questo caso assai ardue alla nomina, poiché, come detto, la qualità è oltremodo elevata e il Cd è gratificato da un impatto di prim’ordine nella sua globalità: mi limiterò a citare, oltre a “Fireball”, una buona rilettura dei monumentali Purple, l’alternanza caligini / albore raffigurata in “Lost dream”, l’irresistibile “Lose my faith” (ficcante riff Van Halen-esque e refrain superbo), la toccante ed evocativa “Runaway”, l’intrigante “F.R.K.R.”, per finire con la solida e drammatica “Jungle tiger”, ma Vi assicuro che anche le (poche!) tracce faticosamente escluse dall’elenco delle best in class possiedono una consistente e piuttosto rara valenza artistica.
I Taron nel flier d’accompagnamento al dischetto si dichiarano una formazione “senza contratto alcuno” … Per quanto mi riguarda è pura follia.
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?