Approdati all’italiana Beyond dopo l’ingresso in formazione di Bernt Sunde, i norvegesi
Penitent, progetto solista di Karsten Hamre, diventano un duo. La band annuncia con forse eccessivo orgoglio l’inizio di un secondo capitolo della propria storia personale, esplorando nuove atmosfere per introdurre ed accompagnare la poetica dei testi di Hamre. Se in passato eravamo stati abituati ad un gruppo teatralmente neoclassico, espressivo ed originale, anche se mai straordinario o acclamato come è stato per gli Arcturus, adesso la band rinascendo inserisce strumenti più tipici della musica estrema nella propria visione musicale, navigando verso lidi Black e Dark, ma convincendo solo a tratti l’ascoltatore. E’ vero che gli istrionici vocalismi maligni di Sunde fanno di ‘Song Of Despair’ un disco originale ed evocativo, ma d’altro canto a volte si ha l’impressione che il duo non sappia bene dove andare a parare, e le idee sembrano un po’ confuse. Anche se il disco non è un concept, forse le diverse influenze sonore avrebbero necessitato di un assemblaggio migliore e le strambe interpretazioni recitate spesso cozzano anche con l’atmosfera malinconica che le tastiere creano in sottofondo, atmosfere invece rese appieno nel pezzo ‘Ancient Wisdom Of The Forest’, forse unica eccezione davvero incisiva insieme alla finale ‘At Feasts Full Of Warm Blood’, splendido brano in cui tornano più convincenti gli spiriti malvagi dell’inizio del disco. Questo secondo ciclo della band non sembra iniziare col piede giusto, nonostante si notano ottime potenzialità tra le righe di un lavoro non troppo soddisfacente.
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