Copertina 8,5

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2008
Durata:68 min.
Etichetta:My Graveyard Productions
Distribuzione:Masterpiece

Tracklist

  1. WANDERING IN THE DARK
  2. IDES OF MARCH
  3. PYRAMIDS OF SKULLS
  4. THE BLIND CHURCH
  5. SHADOWS OF NIGHT
  6. CRAZY WHITE RACE

Line up

  • Gianni Nepi: vocals, bass
  • Francesco Sozzi: guitars
  • Paolo Ninci "Nipa": drums
  • Francesco Longhi: keyboards

Voto medio utenti

Per chi scrive, il debutto autointitolato dei Dark Quarterer fu un’esperienza “devastante”.
A dispetto di una registrazione a dir poco approssimativa, quel disco mi stregò ineluttabilmente, con un raro (soprattutto in Italia e a quei tempi, ma capace ancora oggi di mantenere intatta tutta la sua carica evocativa) punto d’incontro tra la caliginosa epicità del metallo degli eighties e la classe dell’hard-prog del decennio precedente.
Sei composizioni straordinariamente mature, per una band che arrivava da parecchi anni di gavetta (le prime mosse artistiche dei membri originali risalgono addirittura agli albori degli anni settanta) e che con quest’agognato esordio metteva a frutto con personalità e tecnica superiore la propria passione per formazioni quali Black Sabbath, Uriah Heep, High Tide, Judas Priest e Manowar, arrivando addirittura a poterli sfidare a “singolar tenzone” sul loro terreno preferito.
Poi arrivò “The etruscan prophecy”, l’effetto sorpresa era svanito e bisognava confermare quanto prodotto in quella favolosa e maliosa prima fatica discografica. Detto, fatto, anche grazie ad una resa sonora migliore, il secondo lavoro del gruppo toscano è ancora una volta di sublime fattura.
Tutta questa magnificenza evidentemente non bastò, e con la fuoriuscita di Fulberto Serena, fino a quel momento essenziale songwriter dei Dark Quarterer, iniziò per la band un periodo piuttosto difficile, che porterà ad una lenta risalita, concretizzata con la realizzazione di “War tears” e, nei tempi più recenti, di “Violence”, due platter che personalmente ritengo di buonissima qualità e tuttavia pure un po’ troppo discontinui per potersi confrontare efficacemente con un passato così “glorioso”.
Ed arriviamo ai giorni nostri, al contratto con la competente My Graveyard Productions e a questo “Symbols”, che a partire dalla sua attraente copertina (raffigurante il famoso “Uomo Vitruviano” di Leonardo Da Vinci, scelto perché rappresenta […] sia la perfezione anatomica dell’uomo, sia la sua spiritualità universale, nonché la sua centralità, dal momento che nel bene e nel male, l’uomo è visto come l’unico protagonista del destino del mondo. […], come apprendiamo nelle note incluse nel booklet), e dal suo plot concettuale (sei brani dedicati ad altrettanti affascinanti personaggi, Tutankhamon, Giulio Cesare, Kunta Kinte, Giovanna D’Arco, Gengis Khan e Geronimo) promette davvero moltissimo.
E mantiene persino di più di quello che il sottoscritto era portato razionalmente a credere (ma non a “sperare”…), alla luce delle ultime controverse prove … è sufficiente il primo ascolto per rendersi conto che i migliori Dark Quarterer sono veramente “tornati”, recuperando la preziosa fuliggine, la grandeur epico-metallica e lo schiacciante temperamento degli esordi (direi, più “The etruscan prophecy” che non “Dark Quarterer”, probabilmente), senza peraltro incorrere in un riciclaggio acritico di quelle sonorità.
Semplicemente siamo di fronte ad una musica che attinge la sua linfa dalle medesime prerogative e pur abbeverandosi ad un capitale “classico” d’inestimabile rilievo, non suona mai eccessivamente “datata” o “forzata” nella sua esposizione, rivelando un equilibrio “illuminato”, apparentemente “smarrito” nella seconda metà della discografia dei nostri.
Merito degli storici Gianni Nepi e Paolo Ninci, e dei “nuovi” (o “seminuovi”) Francesco Sozzi e Francesco Longhi, oggi più che mai un team straordinariamente compatto e preparato, che merita finalmente una consacrazione “definitiva” per quanto ha prodotto in questi sessantanove minuti di grande arte musicale.
Come da “copione”, è ora il momento di fornire qualche dettaglio su alcuni di questi lunghi e articolati gioielli, da considerare, però, come semplici flash di un Cd che merita un plauso incondizionato per il suo valore complessivo, compresa l’impeccabile produzione.
Partiamo da “Ides of march”, dominata da tastiere estetizzanti e dalle solenni ed evocative stesure vocali del formidabile Gianni Nepi (uno dei pochi che per spessore interpretativo e potenza fonatoria, può essere accostato a maestri quali Halford, Byron e Adams), la traccia si dipana tra sensazioni gotiche, visioni antiche e fantasie progressive, manifestandosi, alla fine, come un autentico e disinvolto poema in note, in cui magia, immediatezza e tecnica si contendono senza vincitori né vinti un’avvincente leadership .
Passiamo, poi, a “Pyramids of skulls”, dove profumi orientali si mescolano agli aromi dell’hard rock dal vibrante taglio progressivo, con il contributo di un piglio eroico e battagliero che ben si addice a Gengis Khan, ispiratore dell’opera, a “Shadows of the night”, dall’emozionante crescendo melodrammatico, una solenne opulenza pregna d’immaginazione e forza espressiva, e concludiamo le inevitabilmente “incomplete” citazioni con “Crazy white race”, trascinante e coinvolgente numero consacrato al gran capo degli Apache Geronimo, gratificato da una linea melodica e da un refrain di soverchia efficacia e maestosa attrattiva.
Parafrasando (e omaggiando) chi (Giancarlo Trombetti, Metal Shock n° 5/6, agosto/settembre 1987, rubrica “Italian attack”, per la precisione), parecchio tempo fa, mi consentì di scoprire questi favolosi “ragazzi” di Piombino … cercate “Symbols” e compratelo … la scuola toscana colpisce ancora!
Recensione a cura di Marco Aimasso
DARK QUARETER - SYMBOLS

lo sto aspettando con ansia!!! i dischi precedenti sono qualcosa di fantastico!!! in italia abbiamo dei grupponi da paura ma sembra sempre che nessuno se ne accorga.

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