Forse è molto meglio per un gruppo finire la carriera all’apice del successo piuttosto che andarsene lentamente e in maniera un po’ obbligata, sull’onda di ripetuti flop artistici e commerciali.
Fatto sta che gli Harem Scarem ci mancheranno. Nel corso della loro storia ultradecennale hanno portato fieri la bandiera dell’AOR più puro ed incontaminato, in un’epoca in cui suonare questo genere pareva essere l’ultima cosa che una band sana di mente avrebbe potuto fare.
Hanno vissuto anche momenti poco entusiasmanti (il periodo di “Rubber” non è stato granché, diciamocelo) ma hanno saputo risorgere alla grande, e dopo “Weight of the world” si erano avviati ad uno stato di grazia, producendo dischi uno più bello dell’altro.
Questo “Hope”, prima ancora che nuovo album, è dunque il canto del cigno per la band britannica ed è un canto, lasciatemelo dire, ancora una volta celestiale.
Già, perché la classe non si discute, e se anche i soliti detrattori potranno accusare Hess e compagni di aver riciclato per l’ennesima volta le solite melodie, chi se ne frega? Chi ha mai voluto da loro la sperimentazione? Le volte che ci hanno provato abbiamo visto com’è finita!
No, ben vengano i ritornelli mozzafiato di “Watch your back”, “Time bomb”, “Days are numbered”, o le emozionanti ballate “Shooting star” o “Nothing without you”. Gli Harem Scarem sono sempre qui, perennemente uguali a loro stessi, eppure dannatamente emozionanti e coinvolgenti come al solito.
Certo, lo sfolgorante omonimo esordio è lontano nel tempo, e probabilmente quelle vette qualitative non sono mai state toccate (anche perché i nostri hanno preferito muoversi su un terreno più soft, meno arena oriented); nonostante tutto, “Hope” è un piccolo gioiellino che nell’arco della sua breve durata saprà senza dubbio affascinarvi a dovere.
Peccato solo sia l’ultima volta. E che in Italia a suonare non ci verrano davvero mai.
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