Onore.
Una parola che in una società ormai allo sbando come la nostra sembra quasi anacronistica, addirittura imbarazzante, ma che in paesi dove la cultura è ancora ben radicata come quelli scandinavi assume una valenza maggiore del termine stesso. E' valore, è ragione, è vita.
Lo sanno bene gli svedesi
Ereb Altor, un duo che dopo ben 18 anni di gavetta (DICIOTTO...leggano bene i gruppi sbarbatelli italiani che dopo un demo pretendono voti altissimi e contratto discografico) giunge al debutto discografico su
I Hate Records, distribuita in Italia da
Masterpiece, con la sua particolare miscela di doom metal, unita stavolta ad una componente a metà tra il viking ed il folk, il tutto unito da atmosfere a dir poco struggenti, in cui la malinconia e l'angoscia si taglia a fette.
L'iniziale "
Perennial" mette subito le carte in tavola, un'intro acustico-pianistica di quasi 5 minuti che ci introduce nel mondo deprimente e senza speranza degli Ereb Altor, fatto di riffs ipnotici e di lamentazioni, di assoli lenti e strazianti e di atmosfere plumbee, il tutto miscelato senza troppe pretese o chissà quali artifizi, ma puntando tutto sulla semplicità e sull'impatto di bei riffs e splendide armonie vocali.
Il top lo si raggiunge quando il doom viene accostato in maniera pesante alla componente più nordica, quella viking, come nell'epicissima "
By Honour", in cui le trame vocali si fanno più alte ed acute, in cui l'onore davvero si percepisce come sentimento e non come vocabolo, e si capisce a perfezione come mai questo pezzo sia stato scelto per dare il titolo all'opera completa.
Sebbene qualche brano, seppur indovinato nella trama, sia tirato un po' troppo per le lunghe (vedi "
Winter Wonderland") o qualche altro sia un po' fuori contesto (le atmosfere egizie di "
Dark Nymph" poco si prestano al mood del disco ed alla cover scelta dalla band svedese), "By Honour" è un prodotto più che valido per gli estimatori del genere: una maggiore cura nella produzione (carente per quanto riguarda la batteria, buona per l'importante uso delle voci e dei cori) avrebbe esaltato ancora di più la bontà e la grandeur di "
Wizard", il brano più lungo e pretenzioso con i suoi 11 minuti di durata ed un incedere mastodontico ed a dir poco epico, e la rinunciataria "
Ereb Altor", in cui gli
Agalloch si fondono con i
Bathory, e dove, davvero, sembra perduta ogni velleità di felicità e di vita.
In definitiva un disco che presenta ancora delle lievi imperfezioni ma che va decisamente premiato per l'ottima musica che propone, per il modo in cui lo fa, e per il messaggio che porta.
Raccomandatissimo a tutti gli amanti del doom e dell'epic in ogni loro sfaccettatura.
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