1993 - 2006:
Rhapsody2006 - oggi:
Rhapsody of Firema anche
2011 - 2018:
Luca Turilli's Rhapsodye
2018 - oggi:
Turilli/Lione Rhapsody(spero di non aver perso qualche altra incarnazione per strada)
Osserviamo tutti un minuto di raccoglimento, in cui chiuderemo gli occhi facendo bei respiri profondi. Grazie.
Bene, a questo punto vorrei considerare smarcato, pur non avendolo affrontato, qualsiasi discorso relativo a Rhapsody vecchi, Rhapsody nuovi, Rhapsody originali, Rhapsody alternativi, quelli che entrano, quelli che escono, quelli che fanno la giravolta, e mi concentrerei esclusivamente sulla musica. Siamo d'accordo?
Era il 1997 quando la band pubblicò il suo primo album,
Legendary Tales: un fulmine a ciel sereno, un esordio col botto, un lavoro in cui il power metal si fondeva meravigliosamente con partiture classico - sinfoniche dando compiuta espressione ad un vero e proprio sotto-genere.
Il successore si fece attendere il giusto, né poco, né troppo:
Symphony of Enchanted Lands, rilasciato a inizio ottobre del 1998, nonchè secondo capitolo della
Emerald Sword Saga, rappresenta ancora oggi un caposaldo della discografia del gruppo (e in generale del power delle ultime 2 decadi abbondanti).
E qui, lo ricordo bene, la mia sorpresa fu pari a quella provata quando ascoltai l'esordio, anche se si trattava di un tipo diverso di sorpresa, legata in effetti al concetto di conferma: pur non essendoci più, per ovvi motivi, l'effetto novità, quello che mi colpì fu la capacità di farmi riprovare uno stato di esaltazione che non ritenevo agevolmente replicabile, giocando ormai a carte scoperte dopo il folgorante debutto.
Guerrieri, spade, magia, torri oscure, valli perdute… E poi le orchestrazioni e le tastiere di
Alex Staropoli a costruire atmosfere intense e magniloquenti, la voce di
Fabio Lione che si innalzava possente ad artigliare il cielo, le chitarre di
Luca Turilli a tessere trame e disegnare arabeschi: c'era tutto quello che desideravo ma che non volevo aspettarmi per evitare di rimanere deluso.
I nostri eroi, non discostandosi dai canoni che avevano tracciato e anzi spingendosi un pelo oltre (perdendo forse qualcosa in immediatezza, ma guadagnandone in messa a fuoco), erano riusciti a scrivere e a recitare una seconda puntata che nulla aveva da invidiare all'episodio inaugurale: non si era trattato insomma di un fuoco di paglia ma erano bravi, bravi sul serio.
Se avete letto altre mie recensioni sapete che tendenzialmente ritengo riduttivo e poco rispettoso dell'opera nella sua completezza citare questo o quel brano; del resto tutti noi abbiamo in mente i pezzi più famosi, fulgidi inni imparati a memoria. Non farò qui un'eccezione.
E sarebbe esercizio inutile, stucchevole e quasi fastidioso indossare i panni del vecchio brontolone da cantiere edile che borbotta: "Eh, quella sì che era una band di cui il metal italiano poteva andare fiero, altro che...". Quindi eviterò anche questo.
Piuttosto, e con molta più soddisfazione, andiamo a metterci le cuffie e concediamoci un nuovo giro nelle Terre Incantate; anche perché se siamo su Metal.it e ci spariamo una
Eternal Glory a tutto volume, possiamo solo vincere.
Recensione a cura di
diego
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