Copertina 7

Info

Anno di uscita:2008
Durata:33 min.
Etichetta:Scarey Records

Tracklist

  1. BOUND TO BLEED
  2. PEOPLE LIKE IT ROUGH
  3. GENERATION MASTURBATION
  4. SPIKE HEELS & LEATHER MASK
  5. SOME 1.2.8
  6. HELLEPHANT
  7. THE BEAST INSIDE YOUR HEART
  8. ALCAZAR (MORE BLOOD, LESS TEARS)
  9. LIVE TO GET FUCKED...
  10. 10,000 YEARS OF PAIN

Line up

  • Mick: guitar
  • Datura Stramonium: vocals
  • Black Mickey: bass
  • Memento: drums

Voto medio utenti

E’ già da qualche annetto che i Long Dong Silver si sbattono sulle strade del rock ‘n’ roll, tra un mini Cd omonimo, una partecipazione ad una complilation (“Foreign object”), un 7” split (con i Filthy Jim) e svariate date in Europa e Stati Uniti.
Un bel po’ di salutare “gavetta”, dal momento che il loro debutto sulla lunga distanza è un brillante concentrato di hard rock, stoner, punk e corruzioni sleaze, feroce ed immediato, scurrile ed implacabile nelle esecuzioni strumentali piene di assolo e riffs nerboruti, ma pure capace di qualche piccola imprevedibilità e di una “sensibilità” melodica non così comune.
Il suono si abbevera fondamentalmente alla fonte dei classici americani ed europei (Stooges, New York Dolls, Blue Cheer, Hanoi Rocks, …) e si allinea agli stilemi del più recente fenomeno scan-rock (Turbonegro, Backyard Babies, …), e anche senza soverchie pretese d’originalità, spicca soprattutto grazie ad una capacità di scrittura sicuramente notevole, sufficientemente variegata da manifestare un temperamento musicale ricco di sfumature e d’idee, senza per questo sacrificare l’imprescindibile fisicità.
Diciamo anche che non sempre il tutto è sviluppato in modo perfettamente omogeneo, e tuttavia dove non arrivano con la consistenza, i nostri s’impongono con considerevoli spontaneità e impeto espressivo, tali da rendere “Bound to bleed” un ottimo esempio di rock ad alto voltaggio, energico, coinvolgente e mai stancante, nemmeno se sottoposto alla prova dell’ascolto reiterato.
“Generation masturbation”, “Spike heels & leather mask” e “Some 1.2.8”, in grado di essere sfrontatamente accattivanti senza troppe “moine”, “Alcazar (more blood, less tears)”, volubile e traente, e “Live to get fucked...”, dove le cadenze dello stoner vengono riproposte senza banalità, rappresentano, per quanto mi riguarda, i “segni” inequivocabili delle migliori qualità di una band assai promettente e attrezzata per conquistare traguardi di livello.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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