Grazie all'iniziativa della
Jolly Roger Records, tornano in attività i mai troppo lodati
Rosae Crucis che dopo un ottimo quanto sfortunato disco in lingua inglese per Scarlet Records intitolato "
Worms of the Earth" tornano alle loro origini, in tutti i sensi dato che questo "
Il Re del Mondo" è una rivisitazione, ovviamente ri-registrata e con una differente lineup, del loro demo d'esordio risalente al 1992 e naturalmente in lingua italiana.
Questa operazione, che superficialmente potrebbe apparire superflua, è invece di enorme valore in quanto questa nuova edizione di "
Il Re del Mondo" dà finalmente giustizia ad un incredibile album di epic metal che ovviamente non ha avuto nè diffusione, a causa della sua natura di demotapes in cassetta di 16 anni fa, nè qualità sonora, essendo stato registrato con mezzi di fortuna o poco più.
Oggi possiamo apprezzare dei Rosae Crucis rinnovati per 3/5 rispetto ad allora, ma sempre incentrati sulle figure di Giuseppe
Ciape Cialone alla voce e Andrea
Kiraya Magini alla chitarra, e sopratutto possiamo riascoltare questi brani con una perizia tecnica accresciuta, maggiore esperienza ed una registrazione che, sebbene non sia propriamente clamorosa specialmente sul sound di chitarra, finalmente rende l'ascolto piacevole ed esaltante.
Quasi tutti i brani, con l'eccezione di "
Contro il Mio Destino" che è stata un po' troppo stravolta nelle linee armoniche, hanno giovato di questo restyling, fin dall'intro "
Sacrem Reformationem": l'inno "
Rosa Croce", la potentissima ed al contempo melodica "
La Chiesa", sino ad arrivare a "
La Sacra Corona", vero inno "metallaro" che trasuda sangue e acciaio.
A nostro avviso è proprio la title track ad aver acquisito una forza superiore, un impeto ed un furore che si sposa a perfezione con la nuova adozione della madrelingua ed in cui i rabbiosi cori e la voce di Ciape raggiungono il climax della fierezza e dell'epicità.
"
Il Re del Mondo" possiede la forza di suscitare davvero le sensazioni tirate in ballo da un titolo così altisonante.
Chiude il disco una bella sorpresa rappresentata dal "
Ballo in Fa# minore" di
Angelo Branduardi, naturalmente resa in un contesto molto adeguato al sound della band capitolina e degno epitaffio di un disco che farà la felicità degli amanti del vero metal, tirato ed aggressivo e senza concessioni a mode e facili melodie.
Un must totale e definitivo per chi si dedica a questa musica e si definisce, senza vergogna, metallaro.