Ascolto “The dream” e, nonostante il fastidio “fisico” procurato dall’asettico annunciatore addetto alla cosiddetta “voice-over protection” (un lavoro davvero ingrato, per una delle pratiche più odiose del music-biz!), che mi ricorda continuamente i suoi dati “anagrafici”, penso che è piuttosto difficile chiedere qualcosa di più ad un disco di AOR. Spirito “radiofonico” evoluto, melodie sofisticate, vigore, tecnica, fantasia e sentimento, gli elementi fondamentali del genere, qui sono rappresentati al gran completo, quasi si volessero materializzare un po’ tutti i “desideri” (o i “sogni”, se volete, per rimanere in tema) dei sostenitori di questa musica “antica”, nata essenzialmente come un’ideale compagna di viaggio nei dedali stradali statunitensi e ancora oggi, malgrado mode e modernismi vari, praticamente imperturbabile per caratteristiche peculiari e impatto espressivo.
Insomma, i nomi di riferimento sono sempre gli stessi, eppure ci sono artisti come
Hugo Valenti e
Josh Ramos, che ne sanno interpretare meglio di altri i precetti, grazie ad una sensibilità specifica raffinata, cristallina, per nulla ordinaria.
Con un curriculum assolutamente brillante (Valentine, Open Skies e carriera solista per il primo, Two Fires, Hardline, Le Mans e i magistrali The Storm, per il secondo), alimentato dal medesimo carburante ispirativo, i due titolari del monicker, supportati da valenti collaboratori (ottime le cesellature tastieristiche di Eric Ragno, già apprezzato con Takara e From The Inside), sfornano, infatti, un prodotto imbevuto soprattutto delle sonorità tipiche dei maestri Journey (direi tra “Escape” e “Raised on radio”, in particolare), ma l’operazione funziona alla grande ancora una volta proprio perché professionalità, misura, vocazione e sagacia sono così scintillanti da non far quasi, e sottolineo “quasi”, rimpiangere gli originali.
Del resto, Hugo è da sempre riconosciuto, grazie al suo impeccabile spettro vocale, come uno dei più autorevoli emuli (anche se il termine può sembrare un po’ riduttivo) dell’indimenticabile Steve Perry, mentre Ramos è uno dei pochi chitarristi in grado di poter essere accostato all’arte di “sua maestà” Schon, senza per questo rischiare d’essere accusati di “demenza giornalistica”.
In “The dream”, troverete, dunque, superba finezza esecutiva, una voce che si arrampica sul pentagramma e sa parlare direttamente al cuore, canzoni di considerevole caratura (la frizzante “You’re not alone” e la morbida e flessuosa “All that I wanted”, le uniche tracce “indifese” dell’albo, lo sono senza ombra di dubbio), sporadici momenti interlocutori (agevolmente assorbiti, analogamente a quanto accade con qualche piccola “furbata”, vedasi il richiamo evidente al masterpiece “Don’t stop believin’”, esibito nella struttura armonica della title-track) e quelle deliziose contrapposizioni tra dinamismo e toccante languore romantico che fungono da leit-motiv al FM-rock della miglior specie, e sono abbastanza sicuro che, se Vi ritenete cultori del settore, anche a dispetto di una produzione (appannaggio del “solito” Fabrizio Grossi) piuttosto buona ma comunque perfettibile, il connubio Ramos-Hugo saprà riservarvi momenti di puro godimento musicale.
Rimane il disagio per non riuscire ad essere ancora più esaustivi nell’analisi e “categorici” nel giudizio …un vero peccato, tuttavia con queste forme di “protezione” dalla pirateria è tutto quello che mi sento di esprimere con serenità.
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