Intriganti dilatazioni sonore, malinconiche, nervose, psichedeliche, oscure, drammaticamente melodiche, ecco quello che cinque ragazzi d’Ascoli Piceno affidano ai quasi venti minuti di questa splendida autoproduzione.
Gli
Alchemya sono “giovani”, anagraficamente e artisticamente, eppure si dimostrano già notevolmente maturi e consapevoli, con una musica continuamente sospesa tra allucinazione e realtà, incredibilmente coinvolgente e pulsante, capace di evocare in qualche modo le atmosfere dense d’inquietudine e tensione care a Tool, A Perfect Circle e Dredg, pur conservando quell’incontestabile personalità che li affranca da una qualsivoglia attitudine sterilmente imitativa.
Ascoltare queste quattro emozionanti canzoni, fatte di prepotente vigoria espressiva, rancori inibiti e redenti in continui giochi di chiaroscuro, tra crescendo e introspezione, equivale ad intraprendere un viaggio onirico costellato di opalescenti suoni e colori, in cui impatto emotivo e forza di suggestione non vengono mai a mancare pur nella “crudele” brevità della sua durata.
Un’esplorazione sensoriale “mestamente” fuggevole, dunque, ma sufficiente per percepire distintamente che la stoffa degli Alchemya è di una categoria superiore, che la loro tecnica strumentale e la loro arguzia negli arrangiamenti è asservita ad una sensibilità compositiva di cospicuo valore, tutte qualità che sarebbe davvero un peccato non valorizzare adeguatamente a causa di quell’atavica esterofilia che, nonostante tutto (la situazione è sicuramente migliorata rispetto a qualche tempo fa), è purtroppo ancora parte integrante del nostro “deviato” codice genetico.
Consentite agli Alchemya di esprimersi attraverso una produzione discografica di livello (buone in ogni caso sia la presentazione grafica, sia la registrazione) e sono persuaso potranno dire la loro anche nell’ormai “asfissiato” mercato attuale.
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