This Quiet Army è il moniker dietro il quale si cela un uomo solo, Eric Quach, canadese di origini amerindie. “Unconquered” è il primo full-lenght, dopo una serie di Eps.
È difficile per me esprimere le emozioni provate durante i 54 minuti di questo disco, che miscela insieme ambient e doom, con parti minimali di drone.
Le chitarre, accennate, rarefatte, con arpeggi che spalancano oceani di nostalgia nell’ascoltatore, supportate da un tappeto elettronico etereo, soffuso, che sembra una marea montante, con momenti di disperato spleen.
Chiarisco che il disco non ha un mood oscuro propriamente inteso, sebbene nessuno potrebbe mai dire che This Quiet Army faccia musica allegra.
Su “The Great Escapist” troviamo, per la prima e unica volta, anche delle vocals, frutto della collaborazione con la brava Meryem Yildiz.
Canzoni come “Battlefield Arkestrah” e “The Sun Destroyers” sono stille di veleno inoculate lentamente, un veleno distillato dal loto nero, che invita all’oblio, alla dissolvenza.
Il nostro è anche uno shoe-gazer, e quindi in quanto tale amante della psichedelica acida anni ’70, la qual cosa giustifica la sua bravura nel tratteggiare atmosfere dilatate e diradate, di cui questo disco è pregno.
La conclusiva “Empire” è un pezzo che mette i brividi tanto ti scava dentro e ti mette a nudo, assolutamente mozzafiato.
Questo disco non è per tutti, e la sua intima bellezza potrà essere apprezzata veramente da pochi. Tuttavia non posso non cercare di consigliarlo veramente a tutti. Ah, dimenticavo, il numeretto qui a fianco è puramente indicativo.
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