Il terzo album solista di
Jennifer Batten (uscito, come sempre, prima in Giappone che da noi) è un'incredibile miscellanea sonora, infarcito com'è di suggestioni e sonorità che richiamano alla mente le più diverse immagini: suoni tribali, ritmi fusion, chitarre acustiche, grandi momenti solistici, drum machines e chi più ne ha più ne metta!
Ma facciamo un passo indietro...
Per chi non la conoscesse, Jennifer è una chitarrista statunitense, nota ai più per essere stata l'ascia in molti tour di mr.
Michael Jackson; i più "blueseggianti" tra voi sapranno invece delle sue collaborazioni con
Jeff Beck, ed un altro miliardo di contributi dati alla musica sulle corde della sua chitarra. Per molto tempo considerata "la Steve Vai" al femminile, a causa del suo largo uso di tecniche moderne (su tutte il tapping, insegnamento giuntole da George Lynch), Jennifer Batten è una turnista ormai acclamata e di sicura fama.
Ritorno al futuro....
Ecco quindi
"Whatever", terza fatica solista della bionda Jennifer. Il disco, come già anticipato in apertura, è un interessante calderone sonoro, in grado di offrire punti di vista diversi e mai banali di un'artista a tutto tondo. Non un disco forzatamente chitarristico, insomma, vista anche l'alta percentuale lasciata alla componente elettronica, qui presentissima con samples, campionamenti, basi parlate che sembrano raccontare storie, quasi fossero dei graffiti sui muri dell'East End.
A voi trovarci dentro echi di questo o quel chitarrista: Jennifer, con il passare degli anni, ha saputo comunque costruire una immagine ed un sound riconoscibile e molto apprezzato, che in questo nuovo lavoro riesce ad esprimere appieno le sue molteplici sfumature ed influenze.
"Whatever", insomma, è un disco consigliato a chi cerca il particolare, l'eclettismo, l'Art Attack nella sua accezione più pura. Non certo un disco metal, nè una sviolinata di Malmsteen, ma chitarra, cuore, stomaco e cervello.
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