Un chitarrista svedese, in copertina con la sua Strato in posa plastica in mezzo alle fiamme.... Un disco di neoclassic shred, e alle vocals Goran Edman.... Dai, su, a chi state pensando???
Se non fate parte del 99,9% che avrà detto "Yngwie Malmsteen", beh, benvenuti nel debut album di
Jayce Landberg!
Il giovane chitarrista svedese, da poco trapiantato negli States (altra analogia...), si fa le ossa nel circuito underground per qualche anno, fino ad arrivare qui alla sua prima prova sulla lunga distanza. E quello che ci aspetta, all'interno di questo
"Break the Spell", non è niente di inconsueto o sorprendente: il nostro, infatti, suona e pensa "alla Malmsteen", sebbene il suo stile sia un pelo meno esagerato e barocco, e le sue composizioni si concentrino un pò di più sulla struttura-canzone, piuttosto che essere meri sostegni per i suoi mirabolanti assoli (non è un caso che il lavoro presenti una solo traccia strumentale,
"Kusamura" ).
E' così che, dal lotto, ne vengono fuori, alla fin fine, canzoni piacevoli, cariche e potenti; giusto per citare qualche titolo, chi vi scrive consiglia l'opener "Break the Spell", o la trascinante "Land of the Dark", dotata, guarda caso, di un solo di pregevolissima fattura.
Una nota a parte merita, ancora una volta, l'eclettico e gettonatissimo
Goran Edman, una specie di "prezzemolino" musicale, che riesce a donare, con la sua voce semplicemente deliziosa, quel qualcosa in più che riesce a fare la differenza, barcamenandosi con mestiere e sicurezza tra generi diversi e sonorità decisamente lontane (vedi l'ultimo lavoro sul disco dei "Karmakanic").
Ciò non toglie, tuttavia, che il songwriting mostri a volte le inevitabili pecche dell'inesperienza, vedi l'imbarazzante
"Burning Bridges", o altri brani che stanno lì un pò come dei filler.
Beh, morale della favola: in fin dei conti, parlare di un clone di Malmsteen mi sembra decisamente eccessivo: Jayce ha la sua personalità, sebbene il suo stile ed il suo background riconducano senza fallo verso il Maestro svedese. Ma questo disco merita decisamente un ascolto, non foss'altro per godersi, ancora una volta, una delle voci più belle del metal, quel Goran Edman che meriterebbe palcoscenici più grandi e importanti.
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