E’ un periodo in cui mi capitano ottime autoproduzioni italiane, un segnale certamente positivo. Nel presente caso siamo di fronte ad un trio di vicentini, due uomini ed una gentile fanciulla, che hanno creato una stralunata versione padana del desert-rock americano.
Trasformando la densa nebbia e gli argini del Po in sabbia assolata e cactus, il gruppo ci offre una sorta di stoner dai toni caldi ed arcigni. Un sound dai contenuti variegati, nel quale emergono radici bluesy, psichedelia spigolosa e perfino curiosi sprazzi di country lunare. Ottimo dinamismo, brani grintosi e taglienti, riffs circolari che evocano QotSA, Masters of Reality oppure un altro bel power-trio come i Nebula, ma regalano anche la sensazione di una band che ha già maturato la propria personalità.
Inoltre l’intero complesso del lavoro, dai titoli ai testi all’artwork, esprime una vena di acida ironia, un immaginario bizzarro che si sposa in modo perfetto con la nervosa urgenza della musica.
Disco caldamente consigliato agli appassionati del genere ed a tutti coloro che vogliono sostenere la scena italiana del rock di qualità.
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