Per essere il secondo album per i capitolini
Ghostchildren, "New Delhi Grand Hotel" mostra ancora parecchi limiti e difetti.
Il primo a balzare all'occhio è sicuramente legato alla resa sonora, ovattata e confusa, sopratutto per quanto riguarda i suoni della batteria ed in concomitanza all'impiego dei vari effetti presenti nei pezzi.
Per quello che ha invece attinenza alle composizioni, i Ghostchildren si muovono in un contesto musicale tra il Rock italiano e la New Wave, ma anche sotto questo aspetto non mancano gli appunti, troppi per un gruppo in attività da diversi anni, con un disco ed una manciata di EP alle spalle. Voce (non sempre impeccabile) e musica spesso non vanno a braccetto e, in effetti, una delle canzoni meglio riuscite è la strumentale "L'incredibile Vita di Bud Spencer", con i brani che si mantengono volentieri su atmosfere cupe e dilatate ("Aurora Distorta", "Dentro il Vortice", "Vaghe Contrarietà"), o che possono ricordare i Cure ("Someone Else's Saturday Night") e la New Wave italiana ("In Ogni Goccia", "2008 l'Anno degli Archivisti").
I Ghostchildren lasciano intravedere qualche idea e buona volontà, ma il tutto è ancora troppo disorganico ed amatoriale, anche se bisogna ammettere che parte della colpa va ad una registrazione, come già detto, deficitaria.
Da segnalare, infine, il controsenso nell'utilizzo dell'idioma inglese per il nome del gruppo e per il titolo assegnato ad un album dove i brani presentano quasi esclusivamente liriche in italiano.
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