Il settimo album degli
Hammerfall (nono, se si contano anche il live "One Crimson Night" e il disco di sole cover "Masterpieces") è anche il primo in dieci anni nel quale troviamo un cambio di line-up, col redivivo Fredrik Larsson e Pontus Norgren al posto rispettivamente di Magnus Rosen e Stefan Elmgren.
Coloro che temevano un cambio di direzione rispetto a "Threshold" possono tuttavia tranquillizzarsi subito: "No Sacrifice, No Victory" è indiscutibilmente un disco degli Hammerfall al 100%, anzi è probabilmente il migliore da un po' di tempo a questa parte. Abbandonate da anni le cavalcate power/speed con ritornelli ultra zuccherosi, la musica del quintetto svedese ha progressivamente acquisito vigore e potenza, per assestarsi più sulle coordinate di Accept, Judas Priest e del metal anni '80 in generale. Questo nuovo album non fa eccezione, anche se le prime due tracce potrebbero trarre in inganno: il già noto primo singolo "Any Means Necessary" e "Life Is Now" (sponsorizzata da un noto operatore telefonico...?!) almeno al sottoscritto, fanno tornare in mente lo stile dei Gamma Ray più recenti, soprattutto nei cori e nelle linee vocali. Ad ogni modo si parla sempre di due brani molto godibili, il primo marziale e pestato, il secondo più scanzonato ma sempre più che discreto.
È dalla terza canzone che si inizia a fare sul serio: "Punish And Enslave" è ruvida, pesante e cadenzata, con un riff di chiaro stampo Accept, mentre "Legion" ci riporta in campo speed metal con buoni risultati. "Between Two Worlds" è invece una ballad ma per fortuna, non una di quelle melense e insignificanti, bensì un gran bel pezzo, permeato da un'atmosfera solenne e vincente. Segue "Hallowed Be My Name", che non è una parodia del classico degli Iron Maiden ma un altro roccioso mid tempo, nello stile tipico degli Hammerfall. Su "Something For The Ages", interessante pezzo strumentale di 5 minuti, si può finalmente apprezzare la preparazione tecnica nonché il talento compositivo di Pontus Norgren, che qui si lancia in melodie e assoli veramente belli e mai fini a sé stessi: un buon auspicio per le future produzioni della band, non c'è che dire.
La title track è probabilmente il miglior brano del disco, grazie al suo riff maligno, all'andamento fiero e potente, alla linea vocale intrigante, al coro azzeccatissimo e alla melodia sempre presente. Niente di nuovo sotto il sole ma questa canzone "spacca" alla grande!
"Bring The Hammer Down" nulla aggiunge e nulla toglie a quanto già detto dalla band, mentre la discretamente lunga (oltre 6 minuti) "One Of A Kind" chiude la parte originale dell'album miscelando sapientemente doppia cassa a manetta e parti più cadenzate, il tutto ovviamente condito dal solito maestoso refrain e da un interludio acustico niente male.
C'è infine l'immancabile cover, solo che questa volta gli Hammerfall hanno scelto una canzone quanto meno inusuale, pur essendo un grande classico del rock: sinceramente temevo un'interpretazione non del tutto convincente di "My Sharona", invece devo ammettere di essere rimasto positivamente colpito dal risultato finale, in cui il brano degli Knack si arricchisce di nuova energia senza uscirne per nulla snaturato.
In definitiva, "No Sacrifice, No Victory" è un'ottima conferma per gli Hammerfall, che di sicuro non peccano di originalità ma riescono a continuare senza problemi il trend positivo intrapreso con "Crimson Thunder". Dopo essersi presi valanghe di critiche (a mio avviso non del tutto giustificate) per essere troppo "mosci" e "commerciali", i cinque nordici hanno da tempo saputo rispondere a suon di album solidi e soprattutto, assolutamente heavy metal, nell'accezione più classica del termine.
Se siete loro fans o semplicemente avete voglia di ascoltare 50 minuti di buon metal senza troppi fronzoli, questo disco è da avere.