Parma Nerd Fest, report 11 giugno 2022

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Pubblicato il:22/06/2022
Nerd a chi?
I tempi son cambiati: sino a qualche anno fa, venir apostrofati in tal guisa avrebbe senza dubbio costituito offesa grave. Oggi, invece, pare che il termine abbia acquisito un carattere più identitario che non denigratorio, andando sostanzialmente a delineare un campo largo in cui confluisce una pletora di super appassionati a… qualcosa.

Il Parma Nerd Fest non fa che fornire plastica rappresentazione di detta interpretazione, riunendo sotto un unico tetto malati di retrogaming, esperti di tatuaggi, collezionisti di manga, metallari, maniaci della letteratura fantasy, cosplayer e soggetti genericamente bislacchi.
Per il sottoscritto, che aderisce a buon titolo ad almeno tre delle menzionate categorie -presumo, quindi, di essere una sorta di Super Saiyan dei nerd, pur non essendomi mai ritenuto tale- era un’occasione sin troppo ghiotta… e infatti eccomi qui!

BARDOMAGNO
Di carne al fuoco, alla Fiera di Parma, ce n’è parecchia: tra postazioni di tatuatori, cabinati arcade dei tempi che furono, stand zeppi di action figures e tremende file per la birra, giungiamo purtroppo alla zona concerti quando il set dei Bardomagno sta volgendo ormai al termine.
Peccato: la compagine capitanata da Valerio (in arte Mohammed Abdul), brillante chitarrista dei Nanowar of Steel, ha saputo conquistare senza patemi il già folto pubblico con la propria stramba miscela tra brani pop, coverizzati in chiave folk metal, e lyrics a sfondo storico / demenziale. Anche se in colpevole ritardo, riusciamo a concederci più di un sorriso grazie alle conclusive “Hanno Ucciso Carlo Magno” (non fate finta di non aver capito a che canzone si ispiri), “Drakkar Special” (versione in salsa vichinga del tormentone dei Lùnapop) ed il mantra medievale “Federico II c’è” (ricordate il raggelante inno dedicato al nostro ex premier Silvio, nevvero?).
Bravi BardoMagno, lo Imperatore sarà senz’altro fiero di voi.

TRICK OR TREAT
Giusto il tempo di cambiare la scenografia, di installare un paio di simpatici gonfiabili a forma di fantasma ai lati del palco, di confezionare un rapido soundcheck… ed ecco qui la seconda band in scaletta, i Trick or Treat!

A voler essere pignoli, forse sarebbe stato il caso di dedicare alla taratura degli stumenti un pelo di attenzione in più, visto che dalle mie parti la prima canzone (“Creepy Symphony”) sembra eseguita senza l’ausilio dei due chitarristi. Per fortuna, l’impasto sonoro verrà via via perfezionato, tanto da donare ad ottime composizioni come “Aquarius: Diamond Dust” (mamma mia che chorus…) e “Loser Song” (sempre coinvolgente) il giusto slancio.

A conferire ulteriore propulsione allo show ci pensa poi Alessandro Conti, capace di abbinare una prestazione vocale straripante ad un’attitudine da frontman autoironica e cazzona, semplicemente perfetta per il contesto.
Così, anche chi non mastica power metal né ha dimestichezza con la compagine modenese, finisce per lasciarsi conquistare dagli hook melodici e dall’ottima perizia tecnica che i Nostri sanno sfoggiare.

Certo: trattandosi di un ritrovo a tema nerd, le più alte vette di entusiasmo vengono raggiunte in occasione delle due cover di sigle di cartoni animati giapponesi.
La prima, quella dedicata a "Jem e le Holograms", viene eseguita alla perfezione e accolta con grande entusiasmo. Con la seconda, che conclude il concerto, si trascendono addirittura i confini dell’estasi mistica: la reinterpretazione della sigla italiana di “Ken il Guerriero” viene intonata a squarciagola da tutti i presenti, e chi, come me, ha amato ben oltre la follia quel manga irripetibile, di certo sarà stato scosso da qualche brivido di nostalgia e gratitudine.
Cari Trick or Treat, se la vostra mossa finale era ispirata a biechi fini di captatio benevolentiae… beh, ha funzionato alla perfezione!
Spero a presto.

NANOWAR OF STEEL
Ormai son vecchio, non son più abituato a far le ore piccole, ed inoltre ho portato al concerto mia figlia di 4 anni. Lo dico senza vis polemica, ma forse la strategia di far iniziare gli headliner ben oltre le 23:00 si è rivelata un tantino azzardata, anche considerato il fatto che il Nerd Fest apriva i battenti alle 10:00 del mattino e che al termine del concerto era oltretutto previsto un godibile dj set ispirato al Tempo Rock (quanti ricordi…).

Bando alle ciance comunque: è tempo dei Nanowar of Steel, che una volta ancora irrompono sul palco con la torrenziale “La Maledizione di Capitan Findus”, seguita dalla sempre rocciosa “400 Calci”. I Nostri paiono da subito in palla, ed il volume spropositato riesce a fomentare un’audience sì eterogenea, ma comunque rumorosa e partecipe.

Dopo il classicone “Il Cacciatore della Notte” (col povero Potowotominimak che si lamenta per il caldo ingenerato dal costume da barbagianni), è tempo per la prima sorpresa (sebbene relativa) della serata: come avvenuto nell’ultimo full, l’ispiratissimo “Italian Folk Metal”, il brano “La mazurka del vecchio che guarda i cantieri” viene eseguito in duetto vocale con il guest Alessandro Conti, che pur all’interno di un contesto decisamente faceto piazza un paio di acuti a dir poco degni di nota.

Man mano che si dipana la setlist ci accorgiamo di come la band capitolina abbia deciso di privilegiare la propria produzione più recente, ed in quest’ottica vengono snocciolate senza soluzione di continuità chicche del calibro di “Gabonzo Robot”, “Rosario”, “Norwegian Reggaeton” e la nuova di zecca “Armpits of Immortals”, dal poderoso riff portante.
Impossibile, poi, omettere “Il Signore degli Anelli dello Stadio” -ormai credo assurta al rango di brano live irrinunciabile da qui in avanti-, forse la canzone più partecipata in assoluto.

Feudalesimo e Libertà” ha sul groppone qualche annetto in più, ma non tradisce mai, così come l’anthemicaUranus”, che inaugura i bis.
Il tempo stringe ormai, ma Mister Baffo e compagni hanno ancora tempo per regalarci l’imprescindibile “Valhalleluja” e la trionfale marcia di “La Polenta Taragnarock”, che chiude le ostilità come meglio non si potrebbe.

Certo, il tema della mancata esecuzione di “Giorgio Mastrota (The Keeper of Inox Steel)” imperversa nei commenti di fine esibizione (io poi, per quel che conta, ho subito in particolar modo l’assenza di “Scugnizzi of the Land of Fires”), ma non pare il caso di cavillare, anche perché l’ora è tarda e la figlia, addormentatasi in spalla a pochi minuti dal termine, grava in particolar modo sulla mia fragile schiena.

Considerazioni da matusa a parte, si abbandona la Fiera di Parma col dolce retrogusto in bocca tipico di quando hai appena assistito ad un bel concerto all’interno di una manifestazione ben organizzata.
Cari amici Nerd, ci rivediamo l’anno prossimo!
Articolo a cura di Marco Cafo Caforio

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