Nel 1989, a distanza di due anni da
“Schizophrenia”(1987), i brasiliani
Sepultura diedero alle stampe il loro terzo full-length:
“Beneath The Remains”.
Si tratta del primo disco dei
Sepultura a godere di una grossa label, la
Roadrunner Records, che notò i ragazzi grazie al notevole successo di critica riscosso con
“Schizophrenia”. Questo si trattò di un passo importante poiché consentì loro di avere finalmente un sound di livello, all’altezza dei migliori LP del periodo.
Merito della qualità del suono va a anche a
Scott Burns, destinato a diventare una vera e propria autorità in ambito Death Metal (
Death, Obituary, Deicide, Maleveolent Creation, Napalm Death, Monstrosity, Atheist, Cynic, Cannibal Corpse, Gorguts, ecc.ecc.), il quale aveva già fatto da ingegnere del suono in
“Schizophrenia”, e che con
“Beneath The Remains” firma probabilmente quella che è la sua prima produzione integrale.
I quattro thrashers proseguono con l’affrancamento dalle tonalità proto-Death già iniziato con il loro secondo album, accostandosi sempre di più al Thrash, seppur non completamente e senza perdere la propria attitudine seminale. Le due chitarre dialogano alla perfezione intessendo trame più complesse e maggiormente intellegibili. Ogni brano riesce a ricavarsi una propria identità grazie ad una serie di riffs azzeccati dal piglio catchy, e a vari hook sparsi per tutta la tracklist. Complice anche il gran lavoro di
Max, oltre che alla chitarra, sia al microfono che come lyricist, assieme ovviamente all’indispensabile apporto di
Kisser, accreditato come compositore principale assieme a Max.
Il terzo lavoro dei brasiliani è uno dei più violenti che fossero stati concepiti fino ad allora, dotato di una potenza sonora, e finalmente di una padronanza di questa, eguagliata da pochi altri gruppi, pur mantenendo la genuina spontaneità che ben si addiceva alla band.
Non vi sono punti deboli o riempitivi, a partire dalla devastante
Title-track in apertura, con un
Max che urla indemoniato contro la guerra:
"Who has won?/Who has died,/ Beneath the remains? (Chi ha vinto?/Chi è morto,/ al di sotto dei resti?)" L’iconica
“Inner Self” da urlare a squarciagola;
“Stronger Than Hate”, vero e proprio gioiello di attitudine old-school dal piglio Death, con un guitar-work intricato di chiara influenza slayeriana, pur parlando la “grammatica” dei
Sepultura, che contiene un refrain diretto e irresistibile. In pochi sanno che è stata scritta in collaborazione con
Kelly Schaffer degli
Atheist e che nei cori c’erano lo stesso
Schaffer,
John Trady degli
Obituary,
Scott Latour e
Francis Howard degli
Incubus.
“Mass Hypnosis”, divenuta ormai un classico di tutto il genere; la brutalità di
“Sarcastic Existence”; l’assalto frontale e intransigente di
“Slaves of Pain” fino a passare da
“Lobotomy” e
“Hungry”, per poi concludere con la violentissima
“Primitive Future”, che lascia con sé una scia di distruzione catartica.
Tutta la band è artefice di una prova superba, la coppia
Max/Kisser, come precedentemente accennato, confeziona riffs potentissimi e ben identificabili fin dal primo ascolto, con quest’ultimo che continua ad apportare le proprie influenze melodiche – percorso già iniziato in
“Schizophrenia” –, in particolar modo negli assoli dal gusto spesso orientaleggiante, e in fase di songwriting, amalgamandosi questa volta a pieno con l’anima immediata e primordiale dei
Sepultura.
Igor , dal canto suo, dimostra di aver appreso a pieno la lezione di Metal estremo impartita dal maestro
Lombardo, e di riuscire quasi ad eguagliarlo, imprimendo il forte groove personale che rappresenta la sua impronta contraddistintiva. Mentre per quel che riguarda
Paul Jr. pare che sia semplicemente presente tra i credits, ma che in vero abbia suonato
Andreas Kisser al suo posto.
Il terzo lavoro dei Cavalera&soci è anche uno dei migliori, oltre che della loro carriera, di tutto il panorama metallico per quanto riguarda i testi, che proseguono sulla scia intrapresa con il suo antecedente. Dunque, tralasciando completamente le tematiche sataniste e concentrandosi a pieno su sfere concettuali che mirano al sociale e all’introspezione, con una particolare attenzione per gli argomenti inerenti la guerra e l’odio.
Dal modo in cui vengono affrontate le tematiche penso si possa affermare che
“Beneath The Remains” rappresenti un bello smacco per tutti i benpensanti, i quali spesso associano certe sonorità dure ed estreme, a uno strumento inevitabilmente atto a veicolare violenza e malvagità nel mondo; trascurando il fatto che come altri “mezzi” si possa prestare a più di un utilizzo.
Nello specifico viene trattato il tema della guerra e della violenza nella
Title-track, dove ci si interroga sul senso della vittoria e della sconfitta, dal momento in cui il risultato finale è solo odio, sangue e morte. In
“Inner Self” viene invece ricercata l’affermazione dell’Io più profondo, in opposizione a tutte le menzogne e le consuetudini sociali conformanti, a cui la nostra personalità deve resistere quotidianamente…una preservazione che passa anche dall’astio (non dimentichiamoci la giovane età dei due chitarristi nel 1988, anno di stesura del disco).
Si toccano i temi della distruzione della mente dell’individuo tramite le pratiche ipnotiche del sistema, che lo conducono alla totale conformazione, in “
Mass Hypnosis” e nella speculare
“Lobotomy”, dove si evidenzia la reazione iniziale di odio che porta al risveglio mediante la ribellione.
“Sarcastic Existence” invece credo che rappresenti una sorta di tappa di mezzo tra le due, in cui un lembo di personalità tenta di sopravvivere alla spersonalizzazione.
In
“Slaves of Pain” viene invece trattata la dannosità e l’inutilità dell’afflizione e del senso di colpa, rivendicando il coraggio di essere liberi e di vivere l’avventura della propria esistenza senza troppi rimpianti:
"Alla ricerca di nuovi sentieri/Non avere le mani legate con i tuoi errori/Fuggi via da questo male incurabile/Apri i tuoi occhi e non perdere il passo/La libertà è un sogno ed è pure reale". Per poi avvicinarsi alla conclusione con
“Hunger”, che rappresenta una critica alla famelicità distruttiva e predatoria dell’uomo moderno e alla sua manipolabilità. Infine i nostri concludono con
“Primitive Future”, dove si approda ad una sorta di reset dell’uomo, con l’augurio implicito, espresso sotto forma di certezza, che non ricada nei soliti errori, a favore di una forma di esistenza piena e senza condizionamenti esterni.
Anche se forse non era l’intenzione dei Sepultura, ad un’attenta lettura dei testi si configura sul nostro orizzonte l’ombra di un concept album che abbraccia i temi dell’oppressione, dell'inganno manipolatorio – e della guerra come frutto di questo –, della ribellione tramite l’aggressività, accompagnata dalla colpa, e infine, come fosse il culmine di un processo catartico, della liberazione da tutto ciò tramite una svolta radicale, una rinascita.
Un LP a cui un thrasher non può assolutamente rinunciare, uscito in un anno, il 1989, in cui il Thrash di lì a poco, un paio di anni, avrebbe iniziato il suo inesorabile declino, soppiantato da un lato dalle tendenze del grunge e del Nu Metal, e dall’altro dalla proliferazione di altri sottogeneri che spinsero i confini della definizione di estremo ben oltre gli orizzonti fino ad allora sondati, come il Death, il Black e le loro numerose varianti.
In ogni caso,
“Beneath The Remains, a mio giudizio rimane – oltre che uno dei migliori di sempre – il prodotto migliore del suo anno. E già di per sé non è poco, poiché il 1989, nonostante non venga comunemente molto considerato, se rapportato agli anni di grazia, vede l’uscita di release come: “
Agent Orange”, “Fabalous Disaster”, “Extreme Aggression”, “Handle With Care”, “The Years of Decay”, “Practice What You Preach”, “Think This”, “Annihilation of Civilization”, “Fragments of Insanity”, "Shattered Existence" e molti altri titoli clamorosi.