SABATO 1 AGOSTOONKEL TOM ANGELRIPPER Dopo averlo perso la prima sera, a causa di un W.E.T. Stage colmo all’inverosimile tanto da rendere impossibile l’ingresso al tendone, la defezione improvvisa dei Kampfar ci permette di recuperare quanto perduto: pur con una formazione rimaneggiata e priva quindi di uno dei due chitarristi, lo show dello Zio Tom non può essere ignorato, soprattutto al Wacken, dove il singer dei Sodom gioca in casa e conta sul pieno appoggio del pubblico. Concluso l’iniziale medley, si vede subito come Tom non sia proprio al 100% dal punto di vista vocale, lasciando cantare lunghe parti dei pezzi ai presenti e scusandosi subito per la forma non proprio perfetta. Ma nonostante questo il gruppo propone una scaletta incentrata sul meglio della produzione targata
ONKEL TOM ANGELRIPPER, con le hit “Caramba, caracho, ein whisky”, “Diebels alt”, “Trink bruderlein trink”, “Delirium” e “In Munchen steht ein hofbrauhaus” a tenere banco e fomentare l’entusiasmo del pubblico confluito al Party Stage, palco decisamente più consono all’esibizione di Onkel Tom, se non altro perché all’aperto. Come sempre, il buon Tom e la sua crew hanno rifocillato il pubblico con il lancio di numerose lattine di birra dal palco, a rafforzare l’immagine alcolica che da sempre accompagna la formazione, in questo live guidata dal singer e anche da un esuberante quanto esibizionista chitarrista (d’altronde non lo sono forse tutti coloro che suonano una sei corde?) che non ha certamente fatto rimpiangere l’assenza del suo compare. Nel giro di 45 minuti gli Onkel Tom Angelripper hanno messo a ferro e fuoco il Party Stage, regalando un’esibizione che, per quanto certamente ‘d’emergenza’ ed inaspettata, non ha certo deluso sul piano della festa e della professionalità, dimostrando l’umiltà di questi ragazzi. La finale “Es gibt kein bier auf Hawaii”, cavallo di battaglia del gruppo, conclude degnamente un concerto all’insegna del divertimento e del folklore, che certamente i tedeschi avranno apprezzato maggiormente per motivi ‘culturali’ e linguistici, ma che anche per uno straniero è stata decisamente una bella festa. (Michele “Coroner” Segata)
SETLIST:
IM TIEFEN KELLER
BIER HER / WIR HABEN HUNGER / DIE MUSIK HAT DURST / JETZT TRINK'N MA NOCH A FLASCHERL WEIN / WIR VERSAUFEN UNSERER OMA IHR KLEINES HÄUSCHEN / SCHON WIEDER EINE SEELE VOM ALKOHOL GERETTET
CARAMBA, CARACHO, EIN WHISKEY
DIEBELS ALT
SCHNAPS DAS WAR SEIN LETZTES WORT
NUNC EST BIBENDUM
BON SCOTT HAB ICH NOCH LIVE GESEHEN
DELIRIUM
AUF NACH WACKEN
TRINK BRÜDERLEIN TRINK
IN MÜNCHEN STEHT EIN HOFBRÄUHAUS
ES GIBT KEIN BIER AUF HAWAII CATHEDRALSe il Venerdì l’avevo concluso bestemmiando, il Sabato lo inizio allo stesso modo. Arrivato al Party Stage, infatti, invece dei
NAPALM DEATH trovo sul palco i
SUIDAKRA. Dopo qualche minuto di imprecazioni, chiedo un po’ in giro e scopro che la mattina prima gli inglesi avevano preso il posto dei tedeschi per non so quale motivo in particolare. Fatto sta che io di questo cambio non ne sapevo nulla, e purtroppo mi sono perso la band di Barney. Sbollita la rabbia con wurstel e birra durante lo show dei
RAGE, guardato quindi da lontano e svogliatamente, torno attivo poco prima che i
CATHEDRAL facciano il proprio ingresso sul Black Stage. Guardare una delle principali doom band sotto un sole cocente alle 14 di pomeriggio non è proprio il top, ma ciononostante la cricca di Lee Dorrian ce l’ha messa davvero tutta per traghettare in un viaggio oscuro e psichedelico, durante l’ora a sua disposizione, i temerari presenti sotto il palco, nonostante la temperatura decisamente torrida. Ritmi lentissimi, tempi dilatati, brani che arrivano senza stancare a dieci minuti… queste le caratteristiche salienti dello show del gruppo, con un plauso particolare a Leo Smee, capace, col suo basso, di non far assolutamente sentire la mancanza di una seconda chitarra, grazie ad uno stile molto vario ed all’uso di effetti riempitivi. E naturalmente al gran cerimoniere Lee Dorrian, capace di catalizzare l’attenzione del pubblico tutta su di sé. Solo otto i brani proposti, tra i quali meritano menzione sicuramente “Cosmic funeral” e la conclusiva “Hopkins (witchfinder general)”, che pone il sigillo ad un’esibizione eccezionale. (Roberto “Dulnir” Alfieri)
SETLIST:
NORTH BERWICK WITCH TRIALS
SOUL SACRIFICE
3.
COSMIC FUNERAL
NIGHT OF THE SEAGULLS
CORPSE CYCLE
RIDE
HOPKINS (WITCHFINDER GENERAL)TESTAMENTIl caldo continua ad aumentare (effettivamente saranno le uniche 2-3 ore davvero insopportabili di tutti e quattro i giorni…), proprio ora che, sul True Metal Stage, stanno per arrivare i
TESTAMENT. Bastano pochi secondi per capire che la band di Chuck Billy è in gran forma oggi. Paul Bostaph picchia duro come un dannato, Skolnick sciorina assoli su assoli, e il gran capo indiano vomita tutta la sua rabbia sui presenti, incitandoli di continuo e chiamando anche un wall of death all’incirca a metà dello show, incitazione ovviamente raccolta all’istante da tutti gli esagitati che stavano assistendo alla loro performance. È “The preacher” ad aprire le danze, seguita a ruota dalle micidiali “The new order”, “Over the wall” e “Practice what you preach”. È poi il momento delle nuove “More than meets the eye” e “The persecuted won’t forget”, il massacro continua con un pogo incessante e siamo appena a metà concerto… “Into the pit”, “D.N.R.”, la mitica “Disciples of the watch”, non c’è respiro, la band pesta duro ed è palesemente soddisfatta della propria performance e del responso del pubblico. C’è tempo ancora per un paio di brani, “3 days in darkness” e la titletrack dell’ultimo album in studio. Ora è davvero tutto, e i nostri si congedano dal pubblico stremato, sia per il pogo che per il caldo. I ‘nuovi’ Testament, quelli della reunion, sono più in forma che mai e l’hanno dimostrato per l’ennesima volta, con un concerto devastante che lascia poco spazio alle nuove leve del thrash, che hanno pur sempre molto da imparare da questi vecchiacci… (Roberto “Dulnir” Alfieri)
SETLIST:
THE PREACHER
THE NEW ORDER
OVER THE WALL
PRACTICE WHAT YOU PREACH
MORE THAN MEETS THE EYE
THE PERSECUTED WON'T FORGET
BURNT OFFERINGS
INTO THE PIT
DISCIPLES OF THE WATCH
D.N.R. (DO NOT RESUSCITATE)
3 DAYS IN DARKNESS
THE FORMATION OF DAMNATION AXEL RUDY PELLIl tempo di spostarci verso il Party Stage, e i
BORKNAGAR iniziano il loro show. Non è la prima volta che mi imbatto dal vivo nel gruppo di Bergen, e anche questa volta non ho avuto impressioni positivissime riguardo il loro show. Vedo la band molto più a suo agio in studio, mentre dal vivo dopo due o tre pezzi inizia a sopraggiungere un po’ di noia. È per questo motivo che dopo una decina di minuti preferisco allontanarmi e farmi un giro al Metal Market, in attesa dello show di
AXEL RUDY PELL. Il tedescone emulo di Blackmore gioca in casa, e forte anche dell’appoggio di due fuoriclasse come Johnny Gioeli e Mike Terrana, dà vita ad una performance corposa e convincente, iniziata alla grande con la rocciosa “Tear down the walls”. L’hard rock di Pell è come sempre di classe e lui è in gran forma, con la sua Fender color crema e le sue movenze un po’ (troppo?) Blackmoriane… Gioeli si conferma un ottimo singer anche in sede live, con una performance pulita e precisa, mentre Terrana è il solito animale da palco, funambolo e possente al tempo stesso. Ottimo il medley messo su nella parte centrale dello show, ma è con l’epica “Mystica” che si raggiunge l’apice di uno show senza cali particolari, che ha lasciato soddisfatto il pubblico presente sotto il True Metal Show. (Roberto “Dulnir” Alfieri)
SETLIST:
TEAR DOWN THE WALLS
STRONG AS A ROCK
MASQUERADE BALL / CASBAH
TALES OF THE CROWN / CASBAH / DRUM SOLO
ROCK THE NATION
MYSTICA
FOOL FOOL/ETERNAL PRISONERTROUBLELa stanchezza comincia a farsi sentire, ma ciononostante decido comunque di raggiungere il W.E.T. Stage perché sta per salire sul palco un altro gruppo storico e non me lo voglio perdere. Sto parlando dei
TROUBLE, i doomster cristiani, famosi per aver pubblicato una manciata di ottimi dischi a metà anni ottanta. Gli unici due superstiti della formazione originale sono i due chitarristi Bruce Franklin e Rick Wartell, ma questo basta per portare avanti il nome del gruppo in maniera convincente. È “Ride the sky” ad introdurli sul palco, e la band appare abbastanza in forma, con Kory Clarke (ex Warrior Soul) a sostituire Eric Wagner alla voce. I suoni non sono proprio il massimo per la band di Chicago, ma questo non è un problema per loro, che continuano imperterriti la propria esibizione piazzando un paio di classici dal passato come “Assassin”. Se devo essere sincero mi aspettavo qualcosa in più dal loro show… Non che abbiano suonato male, chiariamo, però non si è trattato neanche di un concertone memorabile. Non so se a causa dei suoni non ottimali o del fatto che non ci fosse tantissima gente a seguirli, fatto sta che non si è riuscita a creare quella magia che ti si stampa nella mente e ti fa ricordare il concerto anche ad anni di distanza… (Roberto “Dulnir” Alfieri)
SETLIST:
RIDE THE SKY
THE SLEEPER
THE EYE
ASSASSIN
TOUCH THE SKY
TROUBLE MAKER
HUNTERS OF DOOM
END OF MY DAZE
THE TEMPTER
ALL IS FORGIVENU.K. SUBSDopo una rapida capatina al Black Stage, dove stavano suonando gli
IN EXTREMO, visti solo in parte sia perché suonavano contemporaneamente ai Trouble, sia per scelta (preferisco mantenere l’ottimo ricordo del loro show, sempre qui al Wacken, nel 2002, visto che non mi aggradano molto i cambiamenti degli ultimi cd), torno sotto il tendone che ospita il W.E.T. Stage per l’ennesimo concerto/evento del festival, cioè lo show degli
U.K. SUBS. Stiamo parlando, per chi non lo sapesse, di un pezzo di storia del punk inglese, ma, come sempre accade in questi casi, evidentemente in pochi se ne sono accorti, visto che eravamo solo qualche centinaio di persone a seguire il loro concerto. Qualcuno potrebbe obiettare che poco ha a che spartire un gruppo punk con un festival come il Wacken… sticazzi, come direbbero ad Oxford… la bellezza di questo festival è proprio questa, e cioè che c’è spazio per tutti. Non so da dove sono sbucati, visto che poco si erano visti in giro nei giorni precedenti, fatto sta che il parterre si riempie di punk, in pieno stile ’77, pronti a sostenere la band, che dal canto suo ce la mette tutta per mettere su uno show di quelli memorabili. E ci riesce… a differenza di quanto accaduto con i Trouble, qui si crea quella magia di cui parlavo prima, e in una maniera quasi surreale sembra davvero di essere catapultati ad una trentina di anni prima in qualche maleodorante e fumoso locale di Londra. È Charlie Harper naturalmente a catalizzare l’attenzione, con i suoi capelli sparati ed ossigenati, ma soprattutto col suo timbro tipicamente e dannatamente punk. La stragrande maggioranza della gente era fuori ad assistere al concerto dei
VOLBEAT, ma quei pochi che come me sono rimasti sotto al W.E.T. Stage possono dirsi pienamente soddisfatti, grazie ad un’esibizione di quelle che non si scordano tanto facilmente… (Roberto “Dulnir” Alfieri)
MACHINE HEADDopo l’amaro in bocca lasciato dall’esibizione troncata praticamente a metà dell’Alcatraz di Milano di due anni fa, la voglia di rivedere in azione i
MACHINE HEAD era tanta da parte mia, anche se l’hobby di Demmel di svenire un concerto sì e uno no costituisce da un po’ di tempo a questa parte una bella scocciatura per chi volesse assistere a un concerto di Rob Flynn e soci. Pregando quindi che il buon Phil godesse di ottima salute e perfettamente conscio degli elevati standard del suono che il Wacken garantisce, le premesse per un concerto memorabile c’erano davvero tutte. Fortunatamente, abbiamo imbroccato una di quelle serate in cui Demmel ha deciso di non svenire. Si inizia come consuetudine con l’”Ave Satani” come intro, per poi partire a razzo con “Imperium”, uno dei migliori brani del recente passato dei Machine Head. Rob Flynn come sempre è in splendida forma e fa valere le proprie doti di frontman, interagendo con il pubblico e caricandolo a dovere. Nemmeno un attimo di tregua e le note di “Ten ton hammer” riempiono l’aria ed il pubblico impazzisce saltando ed accompagnando calorosamente l’esibizione del gruppo, che nel corso dello show assorbirà man mano l’entusiasmo della folla e fornendo una prova sempre più esaltante con il passare dei pezzi in setlist. Seguono quindi “Beautiful morning” e “None but my own”, ma il bello, signori, deve ancora venire: la seguente “Old” da letteralmente il via al delirio ed ecco che i primi circle pit, invocati a gran voce da Flynn, iniziano ad organizzarsi nelle prime file fino nelle schiere più arretrate del pubblico. Il culmine dell’esibizione si raggiunge però con la successiva “Aesthetics of hate”, uno dei migliori brani dell'ultimo “The blackening”, che riesce a scatenare ben sei circle pit, riuscendo a lasciare senza parole persino Rob Flynn che al termine del pezzo non sa nemmeno bene lui come commentare lo spettacolo che gli si è presentato davanti agli occhi. Dopo “Bulldozer”, il gruppo decide di rifiatare un attimo proponendo come brano lento “The burning red” (sinceramente avrei preferito “Descend the shades of night”, ma non si può volere tutto dalla vita) per poi sparare le ultime cartucce della serata: la tripletta “Struck a nerve”, “Halo” (con il ritornello cantato all’unisono dagli 80.000 presenti… da brivido!) e l’immancabile conclusiva “Davidian” pongono il sigillo finale a quella che è certamente stata l’esibizione più carica e partecipata dell’intero festival, resa ancor più memorabile da dei suoni a dir poco paurosi capaci di moltiplicare l’impatto distruttivo che solo i Machine Head sono in grado di generare. Dopo un concerto simile, rivedere la band in azione su qualche altro palco non avrà più molto senso. (Michele “Coroner” Segata)
SETLIST:
IMPERIUM
TEN TON HAMMER
BEAUTIFUL MOURNING
NONE BUT MY OWN
AESTHETICS OF HATE
OLD
BULLDOZER
THE BURNING RED
STRUCK A NERVE
HALO
DAVIDIAN ENSLAVEDLe mie intenzioni erano quelle di vedere metà show dei Machine Head, e metà degli
ENSLAVED, visto che entrambi i gruppi mi piacciono parecchio. L’esibizione devastante degli americani, però, mi ha letteralmente inchiodato al Black Stage, e mi ha portato a cambiare i miei programmi. Non del tutto, visto che comunque un paio di brani sono scappato a vederli, “Fusion of sense and earth” e “Ruun”, per l’esattezza. Due pezzi sono pochi per farsi un’idea precisa di uno show, ma sono abbastanza per capire che la band capitanata da Grutle era in gran forma. Ma soprattutto, visto che il sole è già calato da un pezzo, il loro show riesce a trovare la giusta atmosfera per valorizzare al meglio i brani, a differenza di quando suonarono al Gods Of Metal l’anno scorso, con un caldo torrido e il sole giusto in faccia. Purtroppo Flynn e soci chiamano, e quindi mi sposto di nuovo per assistere alla fine del loro show, lasciando, però, a malincuore il Party Stage, visto che i norvegesi mi stavano prendendo alla grande… (Roberto “Dulnir” Alfieri)
SETLIST:
TO THE COAST
FUSION OF SENSE AND EARTH
RUUN
AS FIRE SWEPT CLEAN THE EARTH
GROUND
THE WATCHER
RETURN TO YGGDRASIL
ALLFADR ODHINN
ISASAXONAltra band che ero curioso di vedere erano i
TURISAS, ma un W.E.T. Stage pieno all’inverosimile e soprattutto l’imminente show dei
SAXON mi fanno cambiare di nuovo i miei programmi, quindi mi dirigo al True Metal Stage. E mai scelta fu più appropriata, visto che Biff e soci hanno davvero spaccato… Uno show davvero grandioso, impreziosito dalla solita cornice impeccabile di luci, ma soprattutto da una scaletta ottima (anche questa volta scelta dai fan via internet, segnalando almeno un brano per ogni album del gruppo…) e lunghissima, e dall’esibizione perfetta dei singoli membri. D’altra parte Biff e soci non potevano certo deludere le aspettative dei fan e degli organizzatori, visto che festeggiavano i trent’anni di carriera, e visto che questi ultimi ancora una volta hanno avuto fiducia in loro e gli hanno affidato il grande compito di chiudere la ventesima edizione del proprio festival. E una band con l’esperienza dei Saxon non ha certo problemi a farlo, avendo all’attivo tanti di quei classici che mettere su una scaletta vincente diventa quasi una passeggiata. Fin dai primi brani si capisce che Biff è in gran serata, infatti ha sfoderato un’esibizione davvero impeccabile sia dal punto di vista vocale, sia per quanto concerne le sue innate doti di frontman. Alcuni brani meno noti vanno ad incastrarsi a vere e proprie pietre miliari del nostro genere come “Strong arm of the law”, “Wheels of steel”, con tanto di aquila gigante che si illumina in una maniera pazzesca in fondo al palco, “Motorcycle man”, ma anche a delle chicche notevoli, come “Stallions of the highway”, direttamente dal primo mitico album della band. La scaletta (lunghissima) va avanti senza sosta, continuando a sparare classici su classici (“Princess of the night”, “Heavy metal thunder”, “Crusader”, “747 (Strangers in the night)”), e, appunto, ci sono talmente tanti brani in programma che alla fine la band sforerà di un quarto d’ora abbondante rispetto al tempo a propria disposizione. Ma non è un problema, lo show è talmente bello e la risposta del pubblico talmente entusiasta che nessuno ci farà caso più di tanto… Come tutte le cose belle anche questo concerto deve in ogni caso finire, e ci pensa “Denim and leather” a porre il sigillo ad un’esibizione di gran classe, che ha lasciato tutti più che soddisfatti. Ma d’altra parte stiamo parlando di una delle band che ha contribuito alla nascita e alla diffusione dell’heavy metal, quindi non ci si poteva aspettare nulla di diverso da quanto è accaduto… (Roberto “Dulnir” Alfieri)
SETLIST:
BATTALIONS OF STEEL
LET ME FEEL YOUR POWER
LIONHEART
STRONG ARM OF THE LAW
KILLING GROUND
METALHEAD
WHEELS OF STEEL
UNLEASH THE BEAST
DOGS OF WAR
ROCK N' ROLL GYPSY
ROCK THE NATIONS
MOTORCYCLE MAN
FOREVER FREE
SOLID BALL OF ROCK
CRUSADER
POWER AND THE GLORY
PRINCESS OF THE NIGHT
HEAVY METAL THUNDER
LIVE TO ROCK
747 (STRANGERS IN THE NIGHT)
STALLIONS OF THE HIGHWAY
DENIM AND LEATHERGWAREd ora arriva il momento di assistere ad uno show più unico che raro. Ricordo ancora perfettamente quando da piccolo vedevo le loro foto sui vecchi H/M, o quando per la prima volta vidi un paio di loro brani live in una vecchia compilation su VHS. Ma non potevo assolutamente perdere l’occasione di vederli dal vivo in carne, ossa e soprattutto sangue e liquidi corporei vari… Sto parlando, si sarà capito, dei
GWAR, stralunato e ‘alieno’ combo americano. Non starò qui a parlarvi dell’aspetto musicale… il loro metal pieno zeppo di vecchio hardcore resta negli anni senza infamia e senza lode e basta che date un’occhiata ai titoli dei brani per capire che tipo di tematiche trattano i Gwar nelle loro canzoni… Quello che rende i loro show memorabili, quindi, sono le trovate sceniche della band, a partire dai costumi alieni che indossano, per continuare con le decapitazioni, gli squartamenti, gli schizzi di sangue e tutto il resto. Descriverlo a parole non rende minimamente idea del divertimento che si raggiunge assistendo ad un loro concerto. Chi non c’era non può capire, e ancora una volta i ragazzi dello staff del Wacken hanno messo a segno un colpaccio, visto che si tratta di uno show più unico che raro per noi metallari europei. Un tuffo nel passato, un tuffo negli anni ’80, quando i vari Lordi e compagnia bella ancora non erano neanche nati. I Gwar, a modo loro, sono stati dei pionieri, e che piacciano o meno sono un gruppo unico nel loro genere. Non sono mancati, ovviamente siparietti vari in cui i nostri si sono scagliati con ironia e ferocia contro alcuni personaggi dello show business americano (questa volta è toccato a Michael Jackson, Hillay Clinton e Obama, tra gli altri), che sono stati mutilati, maltrattati, denigrati, e chi più ne ha più ne metta… Tra scenette messe su con maestria, litri e litri di sangue finto riversati sui ragazzi delle prime file, decapitazioni varie, lo show va avanti. Uno show divertentissimo, perfetto per chiudere la ventesima edizione del WOA in maniera esilarante. (Roberto “Dulnir” Alfieri)
SETLIST:
HAM ON THE BONE
CRACK IN THE EGG
SALAMINIZER
GO TO HELL!
BRING BACK THE BOMB
LET US SLAY
A SHORT HISTORY OF THE END OF THE WORLD (PART VII (THE FINAL CHAPTER))
THE PRIVATE PAIN OF BOZO DESTRUCTO
GOR-GOR
SICK OF YOU TORMENTMa non è ancora stato detto tutto… Se il concerto dei Gwar ha chiuso ufficialmente le danze per il 90% dei ragazzi accorsi qui a Wacken, c’è ancora tempo, per noi pochi temerari e stakanovisti, di assistere ad un ultimo show, ancora una volta sul W.E.T. Stage, ancora una volta una piccola chicca per pochi intimi, anche se ormai è notte inoltrata e le forze sono veramente agli sgoccioli. È la volta, infatti, dei
TORMENT, band minore della scena thrash metal tedesca, da sempre rimasta all’ombra dei grandi nomi, ma che a modo suo ha comunque contribuito a mantenere alto il nome del thrash teutonico. Hanno da poco pubblicato il nuovo disco “Tormentizer”, e quindi la voglia di far vedere il proprio valore e soprattutto di prendersi una sorta di rivincita è molto alta… Arrivano sul palco gasatissimi Jorn Butler e soci, pronti a massacrare i poveri presenti con il loro pornothrash d’assalto. E devo dire che tutto sommato ci riescono, visto che in sede live i loro brani assumono un aspetto nuovo, più diretto e violento, lasciando poco spazio all’immaginazione e poco fiato nei polmoni. Nonostante, come già detto, siano quasi le tre di notte, c’è ancora chi riesce a pogare e mettere su circle pit (ovviamente ridotti, visto che eravamo veramente in pochi sotto il palco), e Jorn appare visibilmente soddisfatto. A modo suo se l’è presa la sua piccola rivincita, ha portato la sua band su un palco del più famoso festival metal al mondo, anche se a notte inoltrata, anche se davanti a pochi intimi. Potrà però sempre dire di aver messo il sigillo alla ventesima edizione del Wackn Open Air, e non è cosa da poco…
Beh, ora è veramente tutto, anche la giornata di Sabato è finita, con un concerto devastante dei Machine Head, seguiti a ruota da Saxon e Testament… stremati ma soddisfatti, anche quest’anno siamo sopravvissuti a questo tour de force… non ci resta altro che farci un ultimo giro nelle varie aree attigue a quella concerti, assaporare qualche altra ottima birra tedesca e poi collassare… In attesa della prossima edizione, sicuri che gli organizzatori non ci deluderanno… (Roberto “Dulnir” Alfieri)