(15 dicembre 2009) Deep Purple + Maurizio Solieri - 15 Dicembre 2009 (Mediolanum Forum, Milano)

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Provincia:MI
Costo:non disponibile
Sono passati 16 anni e 6 concerti dal mio battesimo live al cospetto dei Deep Purple. Questo ha due essenziali significati: il primo, non da trascurare, è che sto diventando vecchio, il secondo è che amo questa band di un amore puro e sincero come il rock and roll.

A supportare lo storico combo inglese, una super band capitanata da Maurizio Solieri alla chitarra: mezz’ora scarsa di set, in cui risalta soprattutto la freschezza dei pezzi scritti da Solieri, che pescano a piene mani dai classici canoni hard rock e blues, riuscendo a colpire nel segno senza annoiare. Peccato solo per l’accenno a Vasco sul finale. Solieri è conosciuto per le sue collaborazioni con Rossi, lo sappiamo. Ma in questo contesto, dove aveva proposto fino a quel momento un’onestissima performance, poteva a mio parere risparmiarsi le cover di Vasco.

Ma veniamo a quello che più conta, i Deep Purple, che iniziano a suonare in un palazzetto pieno solo per due terzi, probabilmente sia a causa dell’alto prezzo dei biglietti che a causa delle recenti apparizioni milanesi della band. Dopo una breve introduzione, il concerto si apre con Highway Star, che non ha proprio lo stesso impatto di qualche anno fa, ma scalda la platea e l’ugola di Gillan, che comincia la sua ormai consueta lotta per tornare con la voce verso mete in cui l’età e gli eccessi di una vita non gli consentono più di arrivare. Si prosegue con l’efficace Things I’ve Never Said, ma il set prende finalmente il volo con le successive Bloodsucker e Strange Kind Of Woman, dopo le quali arriva la prima standing ovation del Forum. Trova poi spazio una piccola perla, di grande effetto, come Wasted Sunset, prima di tornare verso sonorità più recenti con la title track dell’ultimo lavoro in studio. Una furibonda Fireball introduce le pregevoli Sometimes I Feel Like Screaming e Pictures Of Home, seguite dalla funambolica Lazy, che non manca, ogni volta, di lasciarmi a bocca aperta.

Chiusura di set affidata, dopo uno splendido solo di Don Airey (impreziosito da diverse melodie natalizie sparse qua e là), a The Battle Rages On, Space Truckin’ e Smoke On The Water, ovviamente intonata a squarciagola da tutto il pubblico.
Brevissima l’interruzione prima dei bis: Hush e Black Night, intervallate dai piacevoli soli di Ian Paice e Roger Glover.
Questa è la nuda cronaca dell’evento. Potrei scrivere pagine e pagine su quello che penso di aver visto e sentito ieri sera, ma cercherò di limitarmi. Forse è il caso di procedere parlando dei singoli.

Ian Paice – La facilità estrema con cui, da oltre 40 anni, si produce in stacchi e rullate totalmente disarmanti, lo rende una delle più efficaci macchine da guerra che il rock abbia mai prodotto. Secco, preciso, geniale. Ogni volta è un piacere ascoltarlo. E vi consiglio anche di seguirlo in qualche clinic (è molto spesso in Italia per lezioni e jam session), per conoscere i segreti della sua arte e per incontrare una persona davvero squisita che non mancherà di sorprendervi e affascinarvi con i suoi aneddoti. Voto 10: libro di storia.

Don Airey – Sgomberiamo il campo da qualsiasi equivoco: siamo al cospetto di un grande tastierista. Il confronto con Lord risulta sempre perdente, ovviamente, ma questo non toglie che in pochi anni abbia saputo conquistarsi il suo spazio all’interno dei Deep Purple, personalizzando tutto il consentito. Regala al pubblico un bellissimo solo, oltre a gestire con maestria il consueto tappeto in puro Hammond al 100% che accompagna tutta la produzione Deep Purple. Voto 9: un punto in meno perché non si chiama Jon Lord.

Steve Morse – Non dico nulla, metto solo il voto, mi capirete.
Voto 10: impeccabile.

Roger Glover – Potrei ripetere riga per riga quanto detto per Paice. Sembra il più giovane di tutti, sprigiona energia e sapienti mazzate bassistiche a tutto spiano. Voto 10: muraglia cinese.

Ian Gillan – S.V. Eccoci. Cosa vi devo dire? Non lo so. Sono un po’ di anni, ormai, che non ce la fa più. Certo, in mezzo a tanta fatica riesce ancora a proporre delle cose pregevoli, ma ieri sera, per la prima volta, mi sono seriamente posto una domanda: è giusto continuare così? Tanti cantanti non fanno a 20 anni le cose che fa lui a 64, è da riconoscere, ma lui rappresenta l’essenza pura della voce hard rock, un punto di riferimento inarrivabile per la maggior parte di noi (mi ci metto anche io, almeno capite quanto sia sentita questa mia critica). Per chi ha imparato a sognare consumando nello stereo Deep Purple in Rock e Made in Japan, quello di ieri sera è un altro cantante. Con lo stesso nome, la stessa storia, ma non la stessa voce. In questi anni ne ho sentiti di vecchietti, primi tra tutti Glenn Hughes e Ronnie James Dio: il primo è assolutamente identico a trent’anni fa, mentre il secondo, più anziano di Gillan, ha perso un po’ di impatto ma rimane comunque incredibilmente efficace in sede live. Io non so perché Gillan abbia subito un declino verticale che altri non hanno avvertito, ma non ce la faccio più a sentirlo così, non lui. Anche perché limita in velocità tutta la band e costringe Morse a improbabili peripezie per coprire le sue magagne.

Quindi, anche se un concerto come quello di ieri sera lo vedrei comunque tutti i santi giorni, credo che questa sia stata la mia ultima partecipazione a un concerto dei Deep Purple, che preferisco ricordare come li vidi al Palatrussardi nel 1993, piuttosto che come in una delle ultime apparizioni.

Setlist:
Highway Star
Things I’ve Never Said
Bloodsucker
Strange Kind Of Woman
Wasted Sunset
Rapture Of The Deep
Fireball
Steve Morse Solo
Sometimes I Feel Like Screaming
Pictures Of Home
Lazy
No One Came
Don Airey Solo
The Battle Rages On
Space Truckin’
Smoke On The Water

ENCORE:
Hush
Ian Paice Solo
Roger Glover Solo
Black Night
Report a cura di Alessandro Quero

Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 29 dic 2009 alle 11:55

Uhm, Silente, non so. Dire che Glenn "non ci arriva più" mi sembra esagerato, dato che quando fa Mistreated crepa ancora i vetri. E vogliamo dimenticarci che mentre Glenn fa tutto questo intanto suona il basso? Sui dischi Gillan è ancora piacevole, perchè ha classe e perchè in studio ormai tiri fuori qualsiasi cosa anche da un afono, ma dal vivo il confronto è impietoso. Posso anche essere d'accordo sul fatto che Gillan abbia più concerti sul groppone rispetto a Glenn, ma siamo sicuri che sia di quello la colpa? Sarà madre natura, sarà il prezzo da pagare per gli eccessi in gioventù, sarà anche solo la sfiga, non ne ho idea, ma la voce di Gillan, secondo me, non esiste più. Un conto è fare trucchetti di mestiere per mascherare qualche imprecisione o portare a termine una serata dove non si è in perfetta forma, ma il declino di Gillan è evidente e, credo, ormai purtroppo irreversibile.

Inserito il 26 dic 2009 alle 20:18

io li ho visti a bolzano qualche giorno prima e posso condividere tutto! da gillan sapevo cosa aspettarmi ma secondo me se l'è cavata anche discretamente... certo non regge il confronto con hughes (l'ho visto a rovereto il mese scorso)

Inserito il 26 dic 2009 alle 20:13

silente ti consiglio veramente di sentirlo dal vivo glenn hughes! è anche meglio di trent'anni fa! era sempre fatto trent' anni fa...