Chi ha seguito gli eventi metal di Napoli e Caserta degli ultimi mesi si sarà accorto che qualcosa si sta di nuovo movendo, dopo anni ed anni di staticità. È quindi innegabile che avere questa sera la band di Stoccolma qui all’Oddley Shed per l’unica data del centro sud del loro mini tour italiano è un piccolo grande evento. Il terreno è stato preparato con calma e pazienza, partendo da concerti “underground” allo Slovenly a Napoli, per poi arrivare appunto ai Dismember, il che non è affatto poco. L’artefice di tutto ciò è Delirio Concerti, che per l’occasione si è appoggiata al network John Efrem, e che si sta guadagnando la sua fetta di popolarità nell’underground italiano grazie ad un lavoro serio e professionale. Per i ragazzi della Campania e più in generale del centro sud non può che essere un bene. Creare un polo alternativo a Roma permette infatti ad una larga fetta di pubblico di poter prender parte a manifestazioni di un certo calibro senza doversi sorbire km e km di viaggio, senza trascurare che è un bene anche per la capitale, ultimamente leggermente sovraffollata di eventi (sono più che sicuro che se questa tappa del tour avesse toccato la città eterna la presenza di pubblico sarebbe stata di molto inferiore a quella di questa sera, basta vedere quanta poca gente sia andata a vedere The Crown, Sadus o Exodus, giusto per fare qualche esempio…).
Dando un’occhiata al bill della serata si nota un altro particolare affatto di poco peso. Le tre band di supporto, pur essendo molto note nell’underground italiano, non sono i soliti gruppi prezzemolo presenti in ogni concerto che conta (e non voglio fare nomi, tanto chi segue questi eventi sa di chi sto parlando… è un altro dei prezzi da pagare derivante dalla diffusione sempre più massiccia delle agenzie di promozione, le quali fanno (forse anche giustamente) solo i loro interessi facendo suonare solo le loro band). Dare la possibilità a gruppi altrettanto validi di esibirsi è una nota senz’altro di merito che va assolutamente sottolineata.
Il destino, inoltre, gioca strani scherzi. Quando la data fu fissata nessuno infatti avrebbe potuto prevedere la concomitanza con la patita degli Europei di Calcio Italia-Svezia (a volte i casi sono veramente incredibili… manco a farlo apposta proprio Italia-Svezia, eheheh…). Questo piccolo/grande particolare si è rivelato essere un’arma a doppio taglio. Se da una parte la presenza di un mega schermo nel cortile esterno del locale ha fatto la gioia di moltissimi dei ragazzi presenti che hanno potuto assistere ad entrambi gli eventi (con buona pace dei cinque svedesi, evidentemente e notevolmente in minoranza…), dall’altra ha fatto si che molta gente restasse direttamente a casa, purtroppo (si sa, agli italiani si può togliere tutto, ma non il calcio…). Il che è stato davvero un peccato, perché sono certo che senza l’incontro di football il locale sarebbe stato ancora più pieno di quanto non lo fosse già. C’è anche da dire che a fine serata tutti, e dico tutti, sono andati via soddisfattissimi, per quello che è stato uno dei migliori concerti a cui mi è capitato di assistere negli ultimi mesi. Ma andiamo per ordine…
Durante il secondo tempo della partita, gli EYECONOCLAST, per problemi di orari e set list, sono costretti ad iniziare il loro show. Per fortuna alle prime note la maggior parte dei metal kids presenti all’Oddly Shed abbandona la Nazionale per riversarsi all’interno del locale. I cinque ragazzi romani, vecchie conoscenze dell’underground capitolino, partono subito in quarta con “Souls of the void”, il miglior pezzo del loro ultimo demo “Binary encoded sunset”, seguita a ruota da “1/0 converge”. Appare evidente fin da subito come, pur essendo una band molto giovane, i nostri siano già abbastanza scafati, affrontando il pubblico con sicurezza e anche una buona dose di faccia tosta, dote che non guasta mai, e che deriva di sicuro dal loro essere assolutamente e completamente “romani”, il che li porta ad avere anche uno spiccato senso dell’humor e dell’ironia tipici della loro città, che rende la loro esibizione ancora più godibile. Sopra le righe il singer Synder, a suo agio con tutti i tipi di voce, in particolare con il growl, potente e profondo. Ottimo anche il lavoro delle due chitarre, e più in generale ho apprezzato il buon sound che i nostri riescono a tirar fuori. Anche il pubblico sembra gradire, nonostante per i più si tratti di una band sconosciuta. Sta di fatto che alla fine del loro show, concluso con “The apothecary”, quasi tutti i presenti sono dalla loro parte, archiviando quello che sarà solo il primo degli ottimi concerti di questa sera.
Con gli aostani ILLOGICIST si cambia decisamente registro, spostando la sonorità verso il techno death tanto caro a Chuck Schuldiner. Questa è stata la vera e propria scommessa della serata, e devo dire che è stata vinta appieno. I quattro infatti riescono fin da subito, nonostante la complessità delle loro composizioni, ad accaparrarsi i favori del pubblico. Buona parte dei presenti, infatti, era curiosa di tastare le capacità della band, già abbondantemente nota grazie alla pubblicazione di due ottimi demo. Dal canto loro gli Illogicist non si fanno di certo pregare, sputando sul pubblico brani sì complessi, ma che hanno dalla loro comunque delle melodie in grado di catturare l’attenzione dell’ascoltatore. Assolutamente magistrale la prova tecnica dei quattro, così come la prova vocale di Luca, e impossibile, inoltre, non rimarcare l’ottima performance del nuovo arrivato, il batterista Sergio, vero e proprio metronomo dietro le pelli, ma altrettanto vario e fantasioso. E pensare che era il suo secondo concerto ufficiale con la band… La scaletta verte quasi interamente sui brani del cd di prossima pubblicazione “Subjected” (13 Luglio qui in Europa) come l’opener “The high price of confidence” o “Every straight lie”, senza dimenticare la splendida “Knowledge curse”, di gran lunga la mia favorita, presente sia sul cd che sul loro secondo demo. Quando la band attacca le prime note di “Zombie ritual” sotto il palco si scatena l’inferno, con corpi che volano da una parte all’altra… Senz’altro un ottimo sigillo ad una prestazione magistrale per l’unica band qui in Italia (e non solo) in grado di poter portare avanti il discorso bruscamente e sfortunatamente interrotto da Evil Chuck (R.I.P.). La temperatura nel locale è davvero altissima ed è normale, quindi, che durante il cambio palco la gente si riversi all’esterno per prendere una boccata d’aria.
Ma non appena le note di “Hatestone” irrompono, son tutti pronti a rituffarsi nel girone infernale per dare il giusto tributo agli ENEMYNSIDE, band veterana dell’underground italiano, con una grande esperienza live alle spalle (e stasera si è sentita tutta), forte del suo primo full length, “Let the madness begin…”. Di nuovo cambio di genere… Questa volta ci si tuffa nel thrash metal più classico, di derivazione bay area, e più precisamente di derivazione Four Horsemen… C’è da dire che nel loro cd la band romana si è comunque discostata parecchio dalla band di Frisco rispetto agli esordi, però le influenze si sentono ancora molto (il che non è poi un male). Come dicevo l’esperienza è palpabile, i nostri tengono il palco benissimo e riescono ad instaurare un ottimo rapporto con il pubblico, il quale dal canto suo dimostra di gradire molto la proposta musicale del quartetto, che prosegue il proprio show con “Your enemy inside” e “Speed killing”. Ottimo lavoro sia ritmico che solista delle due asce, anche se la prestazione migliore a fine serata risulterà quella di Luca, veloce, potente e preciso dietro le pelli. Anche per loro il suono è più che buono (è stata una caratteristica (positiva) che ha accompagnato le esibizioni di tutte e quattro le band… complimenti al fonico…), il che fa apprezzare ancora di più lo show fortemente adrenalinico della band. I sei pezzi proposti sono estratti interamente dal cd e su tutti spicca “Bad junks”. Purtroppo anche per loro la mezz’ora a disposizione vola via, ma devo dire che pur essendo leggermente fuori contesto, vista la matrice death della serata, la loro esibizione è scivolata via nel migliore dei modi, fissando il terzo importante tassello per l’ottima riuscita del concerto. Come dire, un antipasto migliore i ragazzi venuti qui stasera non potevano averlo… Quando i nostri abbandonano il palco, il sipario si chiude per permettere ai Dismember di sistemarsi con calma. Velocemente viene tutto montato e altrettanto velocemente i nostri danno vita al soundcheck per limare le ultime cose.
Quando Fred Estby inizia a pestare sui tamburi il locale improvvisamente si riempie completamente. Il piatto forte della serata è servito… Signore e signori, i DISMEMBER… signore e signori, il death metal… Un vero e proprio tuffo nel passato, infatti, ci aspetta… Un tuffo nel death metal svedese più puro e malato che ci sia… Ed è proprio “Where ironcrosses grow”, la title track del loro ultimo lavoro, a presentarci la band, come sempre in forma smagliante. Il massacro ha inizio, la gente è esaltata, le transenne faticano a reggere le prime file, tant’è che io e il mio collega Yari, entrambi sotto il palco per scattare le foto, siamo costretti a chiamare la security prima che crolli tutto (addosso a noi, ehehehe…). “Casket garden” e “Soon to be dead” proseguono il massacro… la band percepisce la reazione del pubblico, si accorge di quanto i ragazzi stiano restituendo in energia e calore, e questo rende ancora più sentita l’esibizione dei cinque nordici. La band, orfana di Richard Cabeza al basso, degnamente sostituito dal suo compare dei Necrophobic, trainata dal sempre più simpatico Matti Karki, dà il primo colpo di grazia ai presenti con l’esecuzione del mega classico “Skin her alive”, 2 minuti e 15 secondi di massacro totale, in culo a chi ancora si ostina a definire death una musica che di death non ha proprio un bel niente (così come ribadito dal buon Matti in fase di intervista, parlando di gruppi come In Flames o Dark Tranquillity). QUESTO è il solo ed unico death metal svedese, e stasera i Dismember sono qui per ricordarcelo… “Let the napalm rain”, “Forged with hate”, “I saw them die”, i brani si susseguono senza sosta, corti, veloci e letali, non danno respiro… Purtroppo anche le cose belle hanno una fine, ed è così che la band, sulle note di “Dreaming in red” si congeda dal pubblico. Ma l’accoglienza che i nostri hanno ricevuto è stata troppo calda perché tutto finisca così all’improvviso… Ecco quindi che tornano on stage per regalare due ultime perle al pubblico presente, “Override of the overture”, opener del loro debut album, e la title track del loro quinto lavoro, “Hate compaign”. Ora è veramente tutto… Ma forse può bastare così, la gente è soddisfatta… Quattro ottimi concerti, tre ottime giovani e promettenti band, e la leggenda del death metal svedese… Cosa chiedere di più? Pin piano la folla comincia a defluire, il locale si svuota e intorno c’è la classica atmosfera di devastazione post concerto… Ma sono sicuro che nei prossimi mesi il palco dell’Oddly Shed sarà calcato di nuovo, perché il flusso non deve essere interrotto proprio ora che è stato così ben avviato. Complimenti ancora a Delirio Concerti, a John Efrem, alle tre band di supporto e ovviamente ai Dismember. Il centro sud sentitamente ringrazia…
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