Era da molto tempo che Delirio Concerti incalzava la band ligure, ed altrettanto insistenti erano le richieste dei kids campani, che pressavano sull’agenzia per avere i NECRODEATH qui in zona.
Alla fine la band di Peso, per l’occasione orfana dell’altro membro fondatore Claudio, che ha deciso di prendersi una pausa per quanto riguarda le date live, ha accettato l’offerta ed è venuta a mettere a ferro e fuoco il palco dell’Oddly Shed, già protagonista negli scorsi mesi di ottimi concerti, tra i quali quello estivo dei Dismember.
A fine serata non posso che constatare che l’attesa è stata pienamente ripagata, sotto tutti i punti di vista, a partire dall’ottimo show dei nostri, per andare a finire al buon riscontro numerico (circa 350 persone accorse questa sera), senza ovviamente dimenticare l’ottima organizzazione. Tutto è filato liscio insomma…
Le due band chiamate ad aprire la serata sono band locali, come già accaduto molte volte in passato, ottima cosa questa pensata da Delirio Concerti, che in questo modo dà l’occasione a band del posto più o meno giovani di guadagnarsi una vetrina accompagnando gruppi già noti. E questa sera la scelta è caduta sui NALVAGE e sui NEAR DEATH EXPERIENCE, i primi dediti ad un brutal death abbastanza violento, i secondi ad una sorta di nu thrash sulla falsariga dei Nevermore. Ma andiamo con ordine…
Ii primi a calcare il palco sono proprio i NALVAGE. La prima cosa che salta agli occhi è la giovane età dei nostri, tutti intorno ai 20 anni, i quali, nonostante tutto, dimostrano già una discreta esperienza, forti soprattutto del carismatico singer Paolo, davvero notevole, sia a livello vocale che a livello scenico. Buona la prova del bassista Antonio, anche se il suo stile alla fine risulterà troppo ‘pulito’ per l’amalgama del sound della band. Per quello che si è potuto sentire (il suo suono di chitarra è stato l’unico neo in tutta la serata, per il resto supportata da un ottimo sound), i riff di Mauro non sono niente male, abbastanza intricati (come è giusto che sia nel brutal), ma anche semplici e d’impatto per le parti più death, mentre non ho apprezzato particolarmente il drumming di Luca, spesso impreciso e un po’ approssimativo. Comunque sia, la curiosità che riponevo nei loro riguardi è stata appagata… mi son trovato davanti ad una band con ottime prospettive di crescita, con un sound a cavallo tra il death più canonico e l’immancabile brutal, tanto in voga negli ultimi anni, mentre non ho riscontrato particolari influenze black nei loro pezzi, nonostante sia uno degli stili indicati dal gruppo per definire il proprio genere. I NALVAGE iniziano il proprio show con “Venatoris plenilunium”, tratto dall’unico lavoro inciso, e continuano proponendo altri tre brani che andranno a finire sul prossimo lavoro, intervallandoli con una buona riproposizione di “Kill your mother / rape your dog” dei seminali Dying Fetus. Ottimo il riscontro di pubblico (ovviamente maggiore durante l’esecuzione della cover), e in definitiva più che buona la prestazione della band che si congeda con “Theuthian”, anch’essa tratta dal mini cd di esordio.
Il tempo di un veloce cambio palco (e di una boccata d’aria per riprendersi dal caldo infernale del locale…) ed è la volta dei NEAR DEATH EXPERIENCE. La band campano-calabrese ha già una discreta esperienza on stage e soprattutto può contare sulla sfacciataggine (in senso buono, ovviamente) di Bruno, il chitarrista, che appena on stage inizia ad intrattenere il pubblico ed interagire con esso con una serie di riff dei Pantera. Buon modo per dare tempo agli altri di sistemarsi senza che i ragazzi presenti si annoino. La band parte subito in quarta con “Ferocity” e “Endless prison”, due brani inediti, in cui appare chiaro lo stile dei nostri, a metà strada tra le sonorità care alla band di Warrel Dane e riff più granitici, di derivazione, appunto, Pantera… Davvero di spicco il lavoro di Antonio dietro le pelli, molto preciso, potente e fantasioso, così come buono il riffing di Bruno. Poco amalgamata al suono della band invece la voce di Lupo, ma forse son più gusti personali che altro, visto che anche il lavoro svolto da Dane nei suoi Nevermore non mi risulta molto gradito. In generale non mi piace molto l’effetto melodico delle linee vocali che contrasta con i riff più thrash, ma c’è da dire comunque che il singer ha dalla sua un’ottima estensione e una buona presenza scenica. È tempo di cover anche per loro, ed ecco quindi che la grancassa introduce un riff che perfino le pietre conoscono, quello di “Iron man” dei Black Sabbath, ma è solo una finta… dopo pochi secondi, infatti, la band attacca “Paranoid”, e nel locale si scatena l’inferno. La chiusura del concerto è affidata a tre estratti del loro demo, tra i quali ho apprezzato maggiormente “Increase of anger”, più articolata e corposa rispetto alle altre due song.
Altra boccata d’aria prima di tornare nel girone infernale per assistere alla performance dei NECRODEATH… Devo ammettere che ero molto perplesso sulla perfetta riuscita del concerto, a causa della mancanza del leader storico Claudio alla sei corde. Mai previsione fu più errata… Dopo i primi attimi di smarrimento ed evidente paura, Andy, il sostituto, ha dato prova di essere un ottimo chitarrista, roccioso in fase di riffing, fantasioso per i (brevi) soli presenti nelle song del gruppo. Qualche incertezza e imprecisione c’è stata, ma è assolutamente perdonabile rispetto alla bontà e alla genuinità della sua performance… L’inizio è affidato a “The mark of Dr. Z”, e nel pit si scatena subito un pogo selvaggio, pur se minimo rispetto al chaos che riesce a scatenare “The creature”. Flegias è in ottima forma, e lo dimostra fin da subito, vomitando urla disumane e catalizzando l’attenzione dei metal kids presenti. La scaletta è ben bilanciata ed attinge da tutti i lavori pubblicati dal gruppo, andando ovviamente a ripescare anche brani dal mitico esordio. È il caso di “Mater tenebrarum”, o di “The flag”, ringiovanita con una nuova versione nell’ultimo cd “Ton(e)s of hate”. I brani che però hanno un impatto maggiore sul pubblico sono quelli estratti da “Mater of all evil”, davvero violenti e maligni come pochi… Andy nel frattempo ha preso dimestichezza con il palco e sforna riff su riff, immensamente supportato da Peso dietro le pelli, vero e proprio metronomo umano, e dal basso corposo di John. Ma ecco una gradita sorpesa… questa sera sembra essere la volta dei Black Sabbath, ed è così che la band propone proprio il brano omonimo, rivisitato con il suo personale stile e soprattutto reso ancora più malvagio (per quanto possibile) dalla voce infernale di Flegias.
“Red as blood”, “Necrosadist” e la magnetica “At the roots of evil” si susseguono senza pause, e sotto il palco è davvero impossibile metterci piede e sperare di uscirne indenni. Con “Church’s black book” la band si congeda dal pubblico, ma non è affatto finita qui. I ragazzi saranno ‘costretti’ a tornare sul palco per ben tre volte, tanto è l’incitamento dei kids, e a fine concerto la band ringrazierà ripetutamente per l’ottima accoglienza ricevuta (c’è poco da fare, il pubblico del sud dà tutto se stesso ai concerti…). Ecco quindi che nel bis viene eseguita “At the mountains of madness”, miscelata al pezzo che da inizio concerto veniva richiesto a gran voce dai presenti, e cioè la violentissima “Hate and scorn”. Inutile descrivere cosa ha potuto scatenare questo brano sotto il palco… “Last tones of hate” congeda di nuovo la band, prima di rientrare per il ‘tris’, con un altro medley che comprendeva “Southenerom”, “Internal decay” e “Bloodstain pattern”.
Questa volta è davvero la fine, anche se il gruppo salirà per la quarta (!!!) volta sul palco per tributare un ultimo saluto al pubblico, davvero stupendo, di questa serata, con un piccolo refrain di “Bloodstain pattern”. Che dire di più… l’attesa di cui parlavo in apertura è stata decisamente ripagata, andando ad aggiungere un altro importante tassello alla rinascita del metal in Campania. Doveroso ringraziamento a Delirio Concerti per l’ottimo lavoro che sta svolgendo, ai Necrodeath per l’entusiasmo che solo le grandi band riescono a mantenere anche dopo venti anni di carriera, e perché no, anche al pubblico, numeroso e caldo, che ha restituito la giusta adrenalina al gruppo, venendo ad instaurare una simbiosi risultata vincente.
Un ultimo ringraziamento al ‘bestione’ della security che ha permesso a me e Yari, un mio collega, di svolgere il nostro lavoro nel migliore dei modi. La notte sopravanza e ci aspetta ancora un bel viaggetto per tornare a casa, ma ne è valsa decisamente la pena…
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