Ho sempre avuto un debole per i Necrodeath, lo ammetto, così quando mi capita l’occasione di vedermeli dal vivo difficilmente me la lascio scappare. Quando ho saputo, quindi, che avrebbero suonato a Salerno, sono iniziati i preparativi per la trasferta. Reclutati tre amici e un bel po’ di birra siamo partiti nel primo pomeriggio per evitare le solite corse e per evitare di arrivare in ritardo. Naturalmente come ogni trasferta che si rispetti tutto ciò è stato vano, perché tra traffico allucinante, e assoluta mancanza di posteggi nel centro della città, arriviamo all’Iroko ben oltre le nostre previsioni.
Per nostra fortuna la macchina organizzativa ha avuto qualche inghippo, quindi i concerti sono iniziati con un discreto ritardo rispetto all’orario previsto, quindi abbiamo avuto tutto il tempo di cibarci, bere qualche altra birra e entrare, senza per questo perdere neanche una nota del gruppo di apertura, cioè i lucani
NEFERTUM.
Il gruppo dell’ex Handful Of Hate Geny parte subito bene dal punto di vista esecutivo, peccato però che il fonico per i primi due pezzi tenga le tastiere altissime, cosa che produrrà un pastone assurdo. È un peccato, perché per quel poco che si sente le chitarre sputano fuori bei riff e belle armonizzazioni, tant’è che quando i suoni si livelleranno un po’ si potrà apprezzare appieno quanto vi ho appena detto. Non è male il black metal proposto dai nostri, e al di là dei gusti personali relativi al black melodico devo ammettere che gli arrangiamenti sono davvero interessanti e anche la perizia tecnica dei singoli. Purtroppo i suoni non erano ottimali, come per quasi tutto il resto della serata, quindi i brani ne hanno un po’ risentito. Oltre agli estratti del loro imminente full length di debutto, tra cui ho apprezzato particolarmente “Beneath the ashes” e “Revered lames”, c’è da segnalare una riuscitissima (e di nicchia) cover di “Radical cut” degli Arcturus, con la quale il gruppo si congeda dal pubblico di Salerno, che ha dimostrato di aver apprezzato molto la loro esibizione.
Cambio di sonorità e di attitudine quando a salire sul palco sono i
DISPHERE, nuova band del napoletano, anch’essa fresca di debutto. Il genere proposto dal trio è un brutal death metal tecnicissimo e con fortissime influenza grind core, ma la vera particolarità dei brani è una continua e insistente sensazione di follia, dovuta a innumerevoli e repentini cambi di tempo. Se nulla si può dire sulle doti tecniche dei singoli, in particolare di Michele (basso e voce), non esenti da critiche sono invece i brani.
Se da un lato quanto ho appena detto può essere un elemento distintivo e particolare, i frequentissimi cambi di tempo e i tecnicismi esasperati possono rivelarsi un’arma a doppio taglio, in quanto rendono i brani assolutamente ostici da ascoltare, e rischiano di annoiare fortemente il pubblico, specie in sede live, dove l’audio non è mai perfetto e quindi il rischio del pastone sonoro è sempre dietro l’angolo. Solo cinque i pezzi proposti, tra cui una cover di “Kill your mother / rape your dog” dei Dying Fetus, di sicuro uno dei punti di riferimento della band, e quattro estratti dal debut. Alla fine esibizione interessante, pur se con le ombre di cui ho parlato, per una band che ha molto da dare. Le doti sono evidenti, ma preferirei esprimere un giudizio più approfondito in altra sede…
Veloce cambio palco ed ecco che finalmente a salire on stage sono gli headliner
NECRODEATH. Direi proprio che la band non ha bisogno di presentazioni, anche per i più giovani di voi… vi basti sapere che dal vivo sono una macchina da guerra, e questa sera non hanno affatto deluso le aspettative. Fortunatamente i suoni sono decisamente migliorati rispetto agli altri due gruppi, quindi fin dai primi brani si respira tutt’altra atmosfera. Chi conosce la band sa che nei live c’è sempre una buona miscela di classici e di estratti dall’ultimo disco, e anche stasera le cose sono andate esattamente così. Per quanto mi riguarda la novità maggiore è stata la presenza di Maxx alla chitarra. Ero davvero curioso di vedere come se la cavasse il nuovo entrato e devo dire che ha svolto egregiamente il suo lavoro, sia in fase ritmica che solista.
Certo il carisma di Claudio è tutt’altra cosa, però il biondo lungo crinito non l’ha fatto rimpiangere poi più di tanto, e in ogni caso quello di Claudio è ormai un capitolo chiuso per la band. Come sempre il lavoro di Peso dietro le pelli è eccezionale, così come sopra le righe la performance del singer Flegis, nonostante la gaffe quando ha esclamato “Grazie Caserta!!”, ahahah…
Si parlava della scaletta… Dopo la titletrack dell’ultimo cd i nostri sparano subito due classiconi come “At the mountains of madness” ed “Hate and scorn”, e sotto il palco è deliro… Si continuerà così per il resto della serata, con canzoni dell’ultima produzione, come “Forever slave”, alternate a vecchi classici come “Necrosadist” o “Fragments of insanity”, senza tralasciare nessuno dei sette album della band, fino ad arrivare al poker che chiude il concerto, e cioè “Mater tenebrarum”, “At the roots of evil”, “Church’s black book” e “Smell of blood”.
La band è in forma, e nonostante i piccoli problemi di audio di cui parlavo prima ha dimostrato di avere classe da vendere, di conoscere bene il proprio mestiere, oltre che, naturalmente, essere conscia della propria importanza storica e del proprio ruolo nella scena estrema italiana, e, aggiungerei io, europea. E questo la porta ogni volta ad offrire il massimo al pubblico presente, che da parte sua non fa altro che ricambiare con calore e pogo a più no posso…
Un’ultima parola la spenderei per l’Iroko Content. Non ero mai stato al locale, ma devo ammettere di essere rimasto positivamente colpito, mi ha fatto tornare indietro negli anni, quando il metal era ancora relegato in locali piccoli ma accoglienti, e non in discoteche adattate per l’occasione. Complimenti quindi a Cristiano per l’organizzazione (nonostante i ritardi di cui sopra, che hanno fatto finire il concerto alle 2.30 passate) e appuntamento al prossimo show, quello dei Sadist, fissato per il 22 Marzo.
A noi non resta che metterci in macchina, perderci (di nuovo) lungo la via del ritorno, e rientrare a casa ormai all’alba… ma tanto ormai c’ho rinunciato, ahaha…
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