(12 aprile 2006) SKYCLAD + LARSEN + JACKAL – Napoli, Duel Beat – 12/04/2006

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Quello di stasera si preannuncia come un grande concerto… ho avuto la fortuna di assistere già, qualche anno fa, ad uno show degli inglesi Skyclad, gli iniziatori del folk metal, e devo dire che raramente mi è capitato di trovare una band più coinvolgente on stage.

Purtroppo però la serata non inizia nel migliore dei modi… giunti in quel di Napoli con largo anticipo rispetto all’orario dell’appuntamento, i nostri impavidi inglesi decidono di fare un giro turistico in città. Evidentemente però non hanno ben calcolato le dimensioni del van con cui si muovevano e in pratica restano imbottigliati fra i suggestivi vicoli della città…preoccupati del fatto che due ore dopo l’appuntamento i nostri ancora non fossero giunti al locale, gli organizzatori decidono di chiamare per vedere cosa fosse successo, ed è così che in fretta e furia vanno a recuperarli nel centro storico della città e li portano al locale con quasi quattro ore di ritardo sulla tabella di marcia… si monta il backline in fretta e furia e si fa il soundcheck, e incredibilmente si recupera tutto il ritardo accumulato senza grossi traumi per le setlist delle band di supporto della serata, cioè Jackal e Larsen.

Sono proprio i JACKAL a salire per primi sul palco. La band sembra ferma alla prima metà degli anni ’80, sia come look che come sonorità… è heavy rock, infatti, quanto proposto dal gruppo, e devo dire che pur non trattandosi di pezzi chissà quanto particolari, dal vivo fanno la loro bella figura, se non altro per chi ha nostalgia di un certo tipo di sonorità. Si parte con “Torquemada” dal primo demo, per poi dare spazio a nuove composizioni che andranno a finire sul prossimo cd della band, e devo dire che i nuovi brani risultano più convincenti. Hanno infatti quel po’ di velocità e aggressività in più che non guasta mai e penso che anche a livello compositivo si noti una certa maturità. Lo stile dei nostri è molto semplice e diretto, con Bob e Luigi (chitarra e voce) sicuramente più in primo piano rispetto ai compagni d’avventura. Unica nota veramente negativa è il drumming di Davide Del Monaco, eccessivamente scarno e semplice, oltre che esageratamente legato. Non dico che dovrebbe andare a mille col doppio o fare chissà quali acrobazie in fase di rullate, il genere non lo prevede neanche, ma qui a volte si ha veramente l’impressione che Davide abbia preso le bacchette in mano da un paio di mesi si e no. La cosa brutta è che tutto ciò va a discapito della prova generale del gruppo che risulta a tratti spenta e fiacca.
Comunque in generale nella mezz’oretta a loro disposizione i Jackal sono riusciti a coinvolgere i ragazzi a bordo palco grazie anche ad un atteggiamento tutto sommato umile e tranquillo…

Di altra pasta, sotto tutti i punti di vista, i LARSEN. E dico di tutt’altra pasta sia dal punto di vista musicale che da quello personale… se da un lato, infatti, la professionalità e l’esperienza on stage del gruppo è nettamente superiore rispetto a quella dei Jackal, dall’altro lato il loro essere distaccati e un po’ altezzosi nei confronti del pubblico si è notato moltissimo, e a parte i fedelissimi sotto palco sono in molti ad essersi lamentati di questo atteggiamento un po’ troppo pompato e da superstar. Il che è un peccato perché alla fine musicalmente il gruppo è decisamente valido. Anche per loro heavy rock, con capatine nel power e, soprattutto, nell’hard rock.
Ottima come sempre la prova di Mario Mosca alla voce (che però non si leva il vizio di ‘emulare’ Bruce Dickinson con i suoi “scream for me Napoliiiiiiiiiii”) e in modo particolare di Biagio Valenti, chitarrista molto preparato tecnicamente, ma soprattutto in possesso di un gusto melodico, specialmente in fase di assolo, che poche asce hanno… e per me non è cosa da poco, in un periodo in cui siamo circondati da ‘fenomeni’ della chitarra che sono solo capaci di sparare note a 200 all’ora, ma che non hanno un minimo di senso melodico… Anche per loro una mezz’oretta il tempo a disposizione, e i nostri decidono di partire con “Perfet crime”, seguita a ruota da “For the rest of my day”.
Come dicevo prima il pubblico si divide, ma c’è da dire che comunque la prova del gruppo è impeccabile e alla fine usciranno vincitori dal palco, sulle note di “Time has come”.

E così ci avviciniamo al piatto forte della serata… il tempo di un veloce linecheck ed è festa!!! Gli SKYCLAD travolgono letteralmente la platea napoletana con il loro divertentissimo ed efficace folk metal, e fin dal primo brano è possibile vedere l’intero Duel Beat saltare e ballare sulle note del quintetto inglese. I classici si susseguono, da “Spinning Jenny” a “A well beside the river” e questa sera verranno ripescati brani un po’ da tutta la discografia del gruppo, dagli esordi fino all’ultimo mini cd “Jig-a-jig”, rappresentato dalla titletrack appunto… più che ad un concerto sembra quasi di partecipare ad una festa tra amici tanto sono alla mano e disponibili i musicisti.
C’è poco da fare, quando una band è grandiosa lo è fino in fondo, non solo per quanto riguarda l’aspetto musicale… il gruppo sul palco instaura un rapporto confidenziale con la platea e non assume MAI, e sottolineo mai, atteggiamenti da superstar. Se a questo unite il fatto che sono tutti musicisti sopraffini, che hanno esperienza da vendere, che hanno una tenuta scenica impeccabile, potete avere un’idea dello show messo su.
Ero un po’ dispiaciuto per la mancanza del carismatico Martin Walkyier, ormai da cinque anni fuori dalla band, ma devo dire che Kevin Ridley mi ha favorevolmente sorpreso, risultando sia un ottimo intrattenitore, sia un buon cantante, a differenza della sua prova in studio, non del tutto all’altezza del suo illustre predecessore.
Inutile sottolineare la bolgia che si è creata con pezzi come “Penny dreadful”, “Think back and lie of England” o “Anotherdrinkingsong”, con lo show che va avanti con tanto di trenino del pubblico lungo tutto il locale, al quale si è aggiunta, neanche a dirlo, Georgina Biddle, che non contenta di saltellare da una parte all’altra del palco come una folletta per tutta la durata del concerto, ha pensato bene di scendere in platea e unirsi alla gente, il tutto, ovviamente, mentre continuava a deliziarci con le melodie celtiche del suo violino… Che altro aggiungere?
C’è stato ovviamente il tempo per il bis, durante il quale la band ha suonato “Land of the rising slum”, “Sword of a 1000 men”, la stupenda “Inequality street” e l’altrettanta classica “Thinking allowed”, brano con il quale il gruppo si è congedato dalla calorosa platea di Napoli.

È stato un concerto evento per il Duel Beat, la celebrazione del folk, del metal, del vino e dell’allegria, uno dei concerti più potenti e suggestivi al quale abbia assistito negli ultimi mesi… una grande band, un grande show, e chi è rimasto a casa avrà di che rammaricarsi…

Report a cura di Roberto Alfieri

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