(09 agosto 2014) Faust Extreme Fest V

Info

Provincia:PI
Costo:35€
Quando la sveglia ha suonato alle 5.15, appena tre ore dopo essermi messo a letto, il primo pensiero che ho avuto è stato: ma chi diamine me lo fa fare?? Non lo so davvero chi è che mi spinge ancora, a quarant’anni suonati, a fare un levataccia, mettermi in macchina, spararmi 545 km ad andare e 545 a tornare (subito dopo il concerto), e passare un’intera giornata sotto un sole cocente, ma l’occasione era troppo forte, non potevo farmi sfuggire i Venom… Sì, perché sono proprio loro gli headliner della quinta edizione del Faust Extreme Fest, organizzato da Etrurian Legion, Black Dawn Promotion e Wine Blood Records in quel di Cascina, Pisa, al Jungle. Dopo un viaggio allucinante in un torrido Sabato di Agosto, e dopo l’immancabile ingorgo nei pressi di Firenze, arriviamo finalmente nel piccolo paesino toscano, e con grande rammarico notiamo che non c’è uno straccio di cartellone del festival che indichi la direzione per raggiungere la location. Fortunatamente dopo qualche giro a vuoto riusciamo ad arrivare, ma il ritardo accumulato al casello e il giro nel paese hanno fatto sì che perdessimo del tutto la performance degli Oltretomba, black metal band abruzzese chiamata in sostituzione dei defezionari Bleeding Feast, gruppo sloveno costretto a rinunciare alla trasferta italica a causa di un infortunio che ha colpito il chitarrista proprio un paio di giorni prima del festival. A questo punto non ci resta altro da fare che farci un giro nel parco che ospita l’evento, recuperare il pass, salutare un po’ di amici da tutta Italia, dare un’occhiata agli stand, e aspettare la prossima esibizione. Cosa dire, la location non è niente male, immersa nel verde, in un posto isolato. Durante lo svolgersi del festival, però, vengono fuori un paio di pecche non da poco, e cioè la quasi totale mancanza di servizi igienici (soltanto tre bagni chimici per un totale di quasi 2000 persone, almeno stando alle cifre ufficiali rilasciate dagli organizzatori, anche se a occhio mi sembra decisamente sovrastimato), e due soli punti ristoro, uno per le bevande e uno per il cibo, con immancabili conseguenti file kilometriche per farsi un panino o prendersi una birra, che, peraltro, a dispetto del comunicato ufficiale, non erano poi così tanto a prezzi popolari. Insomma, quello che stando a quanto detto dagli organizzatori doveva essere un festival di livello internazionale, era in realtà poco più che un buon festival locale, grazie anche ad un palco non del tutto all’altezza della situazione. Fortunatamente, però, nulla da eccepire per quanto riguarda l’aspetto tecnico, con un audio per lo più buono, a parte un paio di eccezioni, e gli orari quasi sempre rispettati, anche se c’è stato qualche taglio qua e là, soprattutto nel caso degli Archgoat, ma di questo parleremo più avanti, visto che ora è il momento della seconda band in cartellone…

WHISKEY RITUAL
Dopo il black metal degli Oltretomba, si passa al black ‘n’ roll selvaggio dei Whiskey Ritual. Chi conosce la band sa perfettamente cosa aspettarsi dal quintetto emiliano. Capitanati dal singer Dorian Bones, i nostri ci allietano per una ventina di minuti grazie al loro rock ‘n’ roll infarcito di black metal, e soprattutto di una buona dose di ironia, che verrà ben esplicata proprio dal singer, che non esita a introdurre ogni singolo brano presentato, spiegandoci, di volta in volta, se si tratta di una canzone che parla di puttane, di Satana, di droga o di ubriachezza, tutti temi socialmente impegnati, come potete dedurre, ahahah… L’audio ancora non è al top, però è già abbastanza potente per supportare al meglio il sound dei nostri, che, nella prima parte dello show, presentano i pezzi più punkettoni e interessanti, a mio parere, visto che verso la fine incanalano un paio di song più spiccatamente black metal, che poco si legano a quanto proposto fin’ora. In ogni caso il pubblico reagisce bene, supporta la band e partecipa al rituale goliardico dei nostri, che archiviano una performance vincente, nonostante l’orario e il caldo assurdo…

Tracklist:
FIN DU SIÉCLE
BLACK’N’ROLL
OVER THE EDGE
BOOTLEG IN A BOOTLEG
IN GOAT WE TRUST
ONE MILLION

VOIDS OF VOMIT
Si cambia assolutamente atmosfera quando sul palco arrivano i Voids Of Vomit, che ci fracasseranno le orecchie per una mezz’oretta grazie al loro death metal marcio e malsano. È la prima volta che mi capita di assistere ad un loro show, e devo dire che nonostante l’evidente disappunto del singer C.O. Vomit, probabilmente dettato da qualche problema tecnico sul palco, i nostri hanno spaccato davvero tutto, con una performance devastante, sia dal punto di vista del muro di suono prodotto, sia per quanto riguarda i brani scelti, davvero azzeccati, il tutto nonostante il pubblico sia sensibilmente diminuito rispetto all’esibizione dei loro predecessori. Incuranti di tutto ciò i bresciani hanno onorato il loro impegno, suonando in maniera assolutamente professionale, con un’ottima prova sia del drummer T. Dirty, sia del chitarrista Daniele Lupidi. Molto più incolore il già citato singer, che si è limitato a growlare svogliatamente, forse proprio perché non è riuscito a mettere da parte il nervosismo per quanto stava accedendo, così come fatto dai propri compagni. Performance molto fisica e in your face per il gruppo, che forse ha pagato un po’ il suo status di cult band, in un bill che presentava band ben più conosciute e rodate in sede live…

Tracklist:
INTRO
GRAVELESS EPITAPH
VERITAS ULTIMA VITAE
GOREPIPE
RITUAL EXPIATION
CURSED VOID
BRIGADE OF THE OLD SKULL

DEADLY CARNAGE
E come sempre accade in un festival ricco di band, ecco arrivare quella completamente fuori contesto, nello specifico i Deadly Carnage. Già in generale il loro post black/doom poco si sarebbe inserito in un festival dal piglio decisamente più estremo. Nello specifico, visto che ci troviamo all’aperto, fa un caldo allucinante, gli spazi sono ampi e l’audio, per loro sfortuna non è stato dei migliori, capirete come non tutto è filato per il verso giusto. Se aggiungete che era praticamente ora di pranzo, e molti hanno preferito allontanarsi per sfamarsi e bersi qualcosa, e che quindi sotto il pit non c’è rimasta poi molta gente, non deve essere stato facile per gli emiliani mantenere alto l’entusiasmo. Cosa, peraltro, che tutto sommato sono riusciti a fare, dato che al di là dei fattori appena descritti la loro prova è stata comunque buona dal punto di vista strettamente musicale. La loro proposta può piacere o meno, ma sta di fatto che i nostri hanno suonato bene e si sono dimostrati professionali, nonostante la sequenza di eventi negativi appena descritti. Pochi i pezzi suonati, ma sufficienti per inquadrare la proposta musicale, ipnotica e suggestiva, ma, ripeto, decisamente più adatta al CD o ad un piccolo club, per cui rimando alla prossima occasione un giudizio più dettagliato.

Tracklist:
CARVED IN DUST
DOME OF THE WARDERS
ELECTRIC FLOOD
MOTHER OF BONES



DIE HARD
A questo punto si inizia a fare sul serio, tant’è che molti, me compreso, si sono chiesti come mai i Die Hard occupassero un posto così basso nel bill, visto che non solo si sono sciroppati il viaggio dalla Svezia, ma soprattutto hanno un bel po’ di esperienza in più rispetto ad altri gruppi inseriti molto più in alto di loro. Ma si sa, le dinamiche dei festival sono un arcano (diciamo così per evitare polemiche), e quindi i tre svedesi si trovano a suonare in un orario quanto meno improbabile. Fortunatamente se ne fregano altamente e pensano solo a tritare tutto il tritabile, sciorinando trenta minuti di thrash/death old school che dà una scossa ai ragazzi presenti sotto il palco, ancora perplessi dalla prova dei Deadly Carnage. Harry è un vero animale, peraltro visibilmente ubriaco, sia durante il suo show, sia a tarda notte quando ha assistito a quello di Cronos e company a bordo palco, barcollando. Incita continuamente il pubblico, e soprattutto dichiara più volte di essere orgoglioso di far parte del bill e di suonare prima dei leggendari Venom, band, peraltro, che ha influenzato non poco lo stile del trio scandinavo, e non solo per la scelta del nome. Il loro è uno show molto fisico, diretto e violento, e sprigiona attitudine da tutti i pori, o meglio dire, da tutte le borchie… E i metal kids rispondono alla grande, visto che non solo tornano a riempire il pit, ma si lasciano andare ad un pogo selvaggio, nonostante il caldo veramente asfissiante, grazie alle terremotanti ritmiche in tupa-tupa di E.L. ed al muro sonoro sprigionato dalla sei corde di Simon. E a questo punto torna prepotentemente in mente la domanda iniziale: perché una band killer come i Die Hard è stata relegata a quinto gruppo in scaletta? Mistero…

Tracklist:
EVIL ALWAYS RETURN
ANTICHRIST
BLACK MASS
NECROMANTIC ACTION
MASTER OF DECEIT
CONJURE THE LEGIONS
THRASH THEM ALL
EMISSARIES OF THE REAPER

CORPSEFUCKING ART
Si cambia di nuovo regime, visto che ora è la volta dei Corpsefuking Art. Per chi non conoscesse il gruppo, mettiamo subito in chiaro che ci troviamo di fronte al più classico brutal death, quindi sonorità decisamente differenti da quelle proposte dagli svedesi solo qualche minuto prima. La band romana ha appena pubblicato il nuovo album “Quel cimitero accanto alla villa”, e si presenta on stage, tanto per cambiare, con la formazione quasi del tutto rimaneggiata rispetto all’ultima volta che li ho visti live, rimpolpata con batterista e cantante dei Southern Drinkstruction e Mario Di Giambattista alla seconda chitarra. A portare avanti la baracca, come sempre, Andrea “Corpse” Cipolla, unico membro originale della combriccola, che macina riff su riff senza soluzione di continuità. Pure in questo caso la prova dei nostri punta tutto sull’impatto, anche se il genere proposto è sicuramente meno coinvolgente rispetto al thrash dei Die Hard, per cui la reazione sotto il palco è più fredda e distaccata. Buona la prova dei singoli, così come convincono i nuovi brani, che occupano la quasi totalità della scaletta, meno ostinatamente brutal, e con più ampi richiami al death classico. Pochi fronzoli, tanta sostanza, e tutta l’esperienza accumulata in venti anni di carriera, fanno si che i Corpsefucking Art incamerino un’ottima performance, salendo sicuramente su uno dei tre gradini del podio per quanto riguarda le band di supporto di casa nostra…

Tracklist:
SYMPATHY FOR THE ZOMBIE
CEMETERY BY THE HOUSE
NIGHT OF THE CHICKEN DEAD
CAT IN THE BRAIN
BLOOD EVEREST
CENTRIFUGED, WASHED AND STRANGLED
THE MASK OF MISTER DAISY
THE SONG WITH NO NAME
SPLATTER DELUXE



DOOMRAISER
Il caldo è sempre più asfissiante, quindi rallentare un po’ il ritmo fa bene a tutti noi, così ben vengano i Doomraiser e ben venga il loro claustrofobico doom metal. La band romana non è certo l’ultima arrivata, e questo si capisce fin a dalle prime note. La professionalità è evidente, così come la qualità dei brani. Chi conosce il gruppo sa che assistere ad un loro show equivale ad una sorta di trip psichedelico, e per questo la mezz’ora a loro disposizione passa veramente in fretta. Ovviamente vista la durata media dei loro pezzi trovano spazio solo tre composizioni, tutte almeno di una decina di minuti. Inoltre è la prima volta che vedo all’opera i nuovi axeman, Montagna e Giulio, ma devo ammettere che si sono inseriti veramente alla grande nel sound della band, non facendo rimpiangere affatto i loro predecessori. Ad officiare il rituale, come sempre, Cynar, che oltre a dare vita ad una prova eccellente dal punto di vista vocale, grazie alla sua voce potente ed evocativa, ha arricchito i brani con il Moog, donando quel tocco space che ben si integra ai riffoni decadenti del gruppo. Era un po’ che non mi capitava di incrociare i Doomraiser dal vivo, e devo dire che li ho trovati ancora più duri e pesanti, coinvolgenti e consci dei propri mezzi, con la sezione ritmica guidata da BJ e Pinna davvero portentosa, anche se, come sempre, la cosa che colpisce di più è l’attitudine dei nostri, davvero dediti a quanto stanno suonando. Il loro sound è un macigno che ti arriva addosso, ma al tempo stesso è lava bollente che ti avvolge, è semplice e scarno, ma altrettanto ricco di atmosfera. Insomma, nulla da eccepire ad una prova veramente coi fiocchi, che, per quanto mi riguarda, ha toccato il proprio apice durante l’esecuzione di “Dream killers”, davvero coinvolgente…

Tracklist:
VAMPIRES OF THE SUN
DREAM KILLERS
THE RAVEN

SOFISTICATOR
Ed eccoci alla seconda anomalia della giornata… Ok, i Sofisticator sono bravi, sono simpatici, riescono a coinvolgere il pubblico (anche se per lo più dipende dal fatto che sono di Firenze, quindi giocano in casa), ma qualcuno mi spiega cosa ci fanno quassù nel bill? Per carità, nulla da eccepire alla loro prova, molto fisica e calorosa, con il singer Disossator pronto a stuzzicare senza sosta i presenti, così come buona è stata dal punto di vista esecutivo e attitudinale. Ma resta pur sempre il fatto che i nostri hanno un solo disco all’attivo, uscito un paio di anni fa, e non mi sembra affatto giusto “premiarli” con un posto così alto nel bill solo perché sono di casa o qualcuno di loro è nello staff del festival, il tutto a discapito di altre band ben più meritevoli, non solo come curriculum, ma anche dal punto di vista prettamente musicale. Polemica a parte, i nostri ci danno davvero dentro, sfoderano un buono show, e il loro thrash di chiara matrice ottantiana, a metà strada tra la scena teutonica più grezza e diretta e interessanti spunti Bay Area, alla fine risulta sufficientemente coinvolgente. Buona la prova dei due axeman Popi e Don Hammier, dotati di uno stile differente ma ben integrato, così come quella della sezione ritmica, che ci spara in faccia i classici tupa-tupa da pogo violento, tant’è che così è stato nel pit… Tra i brani che ho apprezzato maggiormente figurano sicuramente “Sofisticator”, che credo rappresenti al meglio lo stile del gruppo, e “Burger Hell”, che mette in mostra il lato più goliardico dei Sofisticator. Ripeto, la band ha dimostrato di saper tenere il palco, di aver accumulato sufficiente esperienza in questi due anni di vita, ma, appunto, restano pur sempre due anni, ben poca roba rispetto a chi li ha preceduti…

Tracklist:
SOFISTICATOR
CAMPING THE VEIN
M.C.S.
IVO THE WOODMAN
BURGER HELL
BURN THE STEAKS ON THE FIRE
GREAT STRIKE



HOBBS’ ANGEL OF DEATH
Si entra nella zona calda del festival (in tutti i sensi, viste le temperature ancora alte, nonostante siano ormai le 19.30) con l’ingresso on stage degli Hobbs’ Angel Of Death, capitanati, come sempre, da quel personaggio che risponde al nome di Peter Hobbs. Pioniere del metal estremo in Australia, continua imperterrito a portare avanti il nome della band, anche se solo in sede live, anche se ormai lui è l’unico membro originale rimasto e di volta in volta si fa accompagnare da session man, e, soprattutto, anche se non ha mai raccolto tanto quanto altri gruppi dell’epoca, quindi onore alla costanza. Ad accompagnarlo oggi troviamo Simon dei Die Hard alla chitarra, e l’accoppiata Alessio “Cane” Medici al basso / Iago Bruchi alla batteria, entrambi provenienti dai nostrani Violentor. Quando nella propria discografia si ha un album divenuto ormai un culto, in questo caso l’omonimo debutto, è facile vincere e accattivarsi i favori dei presenti. E non è un caso, infatti, che il 90% della scaletta sia rappresentato proprio da brani estratti da quel mitico disco del 1988. Capolavori come “Crucifixion”, “Brotherhood”, “Jack the ripper”, “Satan’s crusade”, parlano da soli, e la reazione del pubblico è il regalo più bello che potesse ricevere Peter in cambio. Rispetto a quando li ho visti a Roma qualche mese fa, mi sono sembrati molto più compatti e precisi, il che non può che giovare alla riuscita dello show. Iago pesta duro dietro le pelli, Simon può dare sfoggio della sua bravura incanalando una serie di assoli che non sempre trovano spazio nei sui Die Hard, ma è soprattutto Peter a impressionare: assolutamente calato nella parte, vomita odio nel microfono (questa volta però non ha leccato il crocifisso attaccato all’asta come fece a Roma) e rimarca, semmai ce ne fosse bisogno, con chi si sta avendo a che fare. Nonostante i numerosi tagli sulla scaletta, gli Hobbs’ si allungano un po’ sulla tabella di marcia, e questo causerà il primo vero problema organizzativo dell’intero festival, a discapito della band che li seguirà. Piccolo neo a parte, Peter Hobbs ha dimostrato, almeno in ambito live, di contare ancora molto nella scena thrash internazionale, con uno show ricco di attitudine e passione. Certo confermare il tutto con un ottimo album chiuderebbe il cerchio, ma tutto sommato per ora possiamo accontentarci…

Tracklist:
LUCIFER’S DOMAIN
JACK THE RIPPER
HOUSE OF DEATH
SATAN’S CRUSADE
CRUCIFIXION
BROTHERHOOD
SON OF GOD
MARIE ANTOINETTE
HYPOCRITES



ARCHGOAT
Ulteriore salto di qualità, visto che adesso è la volta degli Archgoat, e ulteriore cambio di sonorità e soprattutto di atmosfera, dato che, per chi non lo sapesse, con i finlandesi ci si sposta prepotentemente verso il black/death metal più puro e crudo. Fortunatamente il sole è calato, quindi il buio ha contribuito ulteriormente a fare da cornice all’esibizione dei nostri. Luci scure, per lo più blu, viola e rosse, e null’altro ad accompagnare l’esibizione del trio, che punta tutto sulla musica, glaciale e ferale come poche in questo festival. Come accennato poc’anzi, oltre al protrarsi dell’esibizione degli Hobbs’ Angel Of Death c’è stato un ulteriore inspiegabile ritardo prima che i nostri potessero calcare il palco, il che ha portato ad un pesantissimo taglio della scaletta. Poco è importato al gruppo, evidentemente, visto che, incurante di tutto, ha dato vita ad uno show veramente intenso, senza pause, senza fronzoli, e soprattutto senza alcuna interazione col pubblico. Niente chiacchiere, niente proclami, solo malvagità, che ha lasciato i numerosi presenti nel pit letteralmente annichiliti. Lord Angelslayer vomita odio puro nel microfono, mentre il suo compare Ritual Butcherer macina riff su riff senza soluzione di continuità. Forse i più puristi o i defenders avranno apprezzato poco le sonorità degli Archgoat, ma vi assicuro che al di là dei gusti personali i nostri hanno dato vita ad un signor concerto, riuscendo a convincere, alla fine, anche i più scettici. Suoni potenti, pur essendo solo in tre, sonorità scure come la pece, tutto fila alla perfezione, trasformando una semplice esibizione di una occult black/death band in un vero e proprio rituale morboso e malato. E alla luce di tutto ciò il rammarico per il taglio della scaletta è ancora maggiore, perché sinceramente altri 4-5 pezzi di tale intensità emotiva li avremmo ascoltati davvero volentieri. Ma purtroppo questi sono gli inconvenienti dei festival, quindi, a malincuore, ci dobbiamo “accontentare”.

Tracklist:
LORD OF THE VOID
DEATH AND NECROMANCY
APOTHEOSIS OF LUCIFER
DAY OF CLOUDS
PENIS PERVERSOR
DAWN OF THE BLACK LIGHT
RISE OF THE BLACK MOON
HAMMER OF SATAN



VENOM
Con un leggero ritardo sulla scaletta, voluto dalla band stessa per far crescere ulteriormente la febbre al pubblico, fanno finalmente il loro ingresso sul palco i Venom, leggenda vivente del metal, nonché headliner del festival, nonché motivo principale della presenza di diverse centinaia di ragazzi, me compreso, qui al Jungle. Ora il parterre è veramente pienissimo, e quando Rage attacca il riff di “Black metal” è un tripudio generale. La band vuole mettere i puntini sulle I fin da subito, e come farlo se non sparando immediatamente sulle nostre povere teste il loro brano simbolo? Lo so che molti non saranno d’accordo con quanto sto per scrivere, per tutta una serie di motivi, ma vi assicuro che la band ha dato vita ad un’esibizione i serie A, dal punto di vista prettamente musicale. Rage e Danté hanno sicuramente dato un apporto notevole al sound della band, alzandone non solo notevolmente il livello tecnico, ma garantendo una resa sonora di tutto rispetto, che permette a Cronos di concentrarsi in tutta tranquillità sul suo duplice ruolo di singer e bassista, ma soprattutto di frontman. Il sempre più calvo Mr. Lant se non fosse per l’implacabile passare degli anni sembrerebbe davvero fermo agli anni ’80: stessa maglietta, stessi stivali, stesse borchie, stessi bassi, stesse movenze… un mito che non trova declino e che rimarrà per sempre nel gotha dei grandi. Se proprio vogliamo trovare una pecca allo show degli inglesi, possiamo sottolineare come siano stati troppi i brani più recenti, a discapito di numerosi classici che, così facendo, non hanno trovato posto nella scaletta. E se tutto sommato dal punto di vista della band la cosa può essere giustificata, si tratta pur sempre di un festival, una festa, quindi sarebbe stato giusto omaggiare i presenti con qualche brano storico in più. Per il resto, nulla da dire, anche se lo show è volato via fin troppo presto, tutti noi avremmo voluto ascoltarli per più tempo, visto anche lo stato di grazia del malefico trio. Se durante le varie “Pedal to the metal”, “Hell”, “Fallen angels” o l’inedita “Rise” (niente che faccia gridare al miracolo, ma tutto sommato abbastanza accattivante) abbiamo tirato un po’ il fiato, le nostre corde vocali sono state messe a dura prova durante “Live like an angel (die like a devil)”, “Welcome to Hell”, “Warhead”, “Leave me in Hell”, veri e propri inni immortali, scolpiti nella nostra memoria come fossero stati incisi nella pietra… La cosa che mi ha colpito di più, però, è stato trovare Cronos estremamente rilassato e divertito, segno che ha apprezzato decisamente la situazione e soprattutto l’accoglienza dei fans italiani. Non sono mancati simpatici siparietti, tra i quali il più spassoso è stato sicuramente quando il nerboruto singer se l’è presa con le numerose zanzare presenti. Insomma, se è vero che le ultime fatiche discografiche non hanno certo convinto, è altrettanto vero che dal vivo la band si presenta ancora al top della forma, mantenendo assolutamente alto il proprio status. Non è un caso che abbiano fatto la storia e stasera l’hanno sottolineato. Prima di congedarsi dal calorosissimo pubblico italiano, però, manca ancora qualcosa. Per l’immancabile bis Cronos e soci tornano sul palco ed eseguono altri due brani mitici: “In league with Satan” e la splendida “Witching hour”, che finiscono di far gasare tutti noi e ci lasciano salutare la band col sorriso sulla bocca. Passata l’euforia del momento, però, improvvisamente mi si accende una lampadina nel cervello: dove diavolo era “Countess Bathory”??? Come diavolo hanno fatto a lasciarla fuori dalla setlist?? Questo sgarro difficilmente lo perdonerò a Cronos, però tutto sommato non cambierò il mio giudizio e il mio ricordo di uno show memorabile…

Trackilst:
BLACK METAL
HAMMERHEAD
BLOODLUST/BLACK FLAME/BLOODLUST
POSSESSED/SCHIZO/LIVE LIKE AN ANGEL (DIE LIKE A DEVIL)/POSSESSED/BURIED ALIVE/ANTECHRIST/HAIL SATANAS
RISE
PEDAL TO THE METAL
RESURRECTION/THE EVIL ONE/WELCOME TO HELL/HELL
LEAVE ME IN HELL
WARHEAD
FALLEN ANGELS

ENCORE:
IN LEAGUE WITH SATAN
WITCHING HOUR



È notte fonda ormai... la gente piano piano defluisce dal Jungle, ma c’è ancora qualcuno che si attarda per le ultime birre in compagnia. Noi purtroppo dopo un’oretta dobbiamo congedarci dai numerosi amici trovati in quel di Cascina, visto che altri 545 km ci attendono per rientrare a casa. Dopo aver guidato tutta la notte e parte della mattina, finalmente rincasiamo, distrutti ma assolutamente appagati. D’altra parte, la soddisfazione di aver visto Cronos in azione è palese. Ottima giornata di metal, sicuramente migliorabile per gli aspetti di cui ho parlato in apertura, ma che fa ben sperare per le prossime edizioni del festival. A questo punto la curiosità per il bill è alta, ma ovviamente toccherà aspettare quasi un anno per saperlo. Sicuramente se sarà almeno a questo livello, non esiteremo a tornare nella splendida Toscana… Chi vivrà vedrà…
Report a cura di Roberto Alfieri

Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 01 ott 2014 alle 15:47

'Poco più che un buon festival locale' lo trovo eccessivo, non conosco festival locali che si avvicinano minimamente a quell'afflusso e a quei gruppi (se vogliamo giudicare almeno gli ultimi 3). Giudicare scarsi i servizi igienici ed il resto può sembrare motivato solo per chi non è mai stato ad eventi più grandi, dove il rapporto servizi/affluenza non è mai superiore. Questo giusto per puntualizzare! Per il resto non trovo carino snobbare i gruppi underground tanto da omettere la recensione di uno in scaletta, giustificandolo con un ipotetico ritardo (eravamo entrambi sul posto quando il festival stava cominciando ;) ). Insomma, commento per dire che i report sono interessanti come feedback per chi ha organizzato e per chi non ha potuto essere presente, è un peccato farli così dettagliati ma senza la reale passione per l'evento in se