Metal Church + guest – 9 Agosto 2016 – Ripatransone (AP)
Quando un paio di mesi fa ho letto che i
Metal Church sarebbero passati in Italia per un paio di date mi sono subito detto che questa era una di quelle occasioni da prendere al volo, visto che la band americana non capita così frequentemente da queste parti.
Per motivi logistici ho subito individuato nella data di Ripatransone (AP) quella più comoda, e ho aspettato con ansia, fino a pochi giorni prima, di sapere quali sarebbero state le band di supporto ai californiani. Parlando con Gianluca Silvi, uno degli organizzatori (che ringrazio per la disponibilità e la gentilezza), ho saputo che c’è stato qualche problema logistico che li ha portati a dover scartare l’idea originale di affiancare qualche altro nome straniero alla band di Vanderhoof, per cui si è dovuto “ripiegare”, passatemi il termine, su gruppi locali. Devo dire che se da un lato la delusione c’è stata, dall’altro è passata in fretta una volta letti i nomi delle band di supporto, probabilmente meno allettanti di qualche band europea, ma altrettanto validi sul campo. Sto parlando naturalmente di
Centvrion,
Battle Ram e
Baphomet’s Blood, tre realtà della nostra penisola che i più attenti di voi conosceranno e che non hanno nulla da invidiare a nomi ben più blasonati.
Ma andiamo con ordine… arrivo nello splendido borgo marchigiano nel primo pomeriggio. La location scelta è quella dell’Anfiteatro delle Fonti, e l’aria che si respira è quella alla mano dei piccoli eventi. Gente cortese, cornice incantevole, le premesse per una bella serata ci sono tutte (forse un paio di stand di merchandise in più non avrebbero guastato…). Per problemi al tour bus i Metal Church arrivano sul posto con quasi due ore di ritardo, con conseguente slittamento del soundcheck, che inevitabilmente si ripercuote sull’orario di apertura dei cancelli. A parte una lunga attesa, niente di così grave, in quanto l’enorme ritardo viene recuperato in maniera molto professionale tagliuzzando qua e là le setlist delle band di apertura.
photo: Roberto Alfieri
GRIMAprire le danze, davanti a un pubblico ancora misero e in tutt’altro affaccendato, spetta ai
Grim, giovanissima band dedita a un thrash metal di chiaro stampo americano. Il trio affronta l’ingrato compito con notevole grinta e voglia di dimostrare le proprie potenzialità. Purtroppo la risposta del pubblico è freddina, ma i nostri non si scoraggiano e pestano duro cercando di sfruttare al meglio la mezz’oretta scarsa a loro disposizione. Il trio mescola abbastanza bene sonorità thrash ad altre più tipicamente power metal (quello americano, of course), il tutto con una spruzzatina e un’attitudine rock ‘n’ roll che non guasta affatto, ma che, anzi, rende i brani molto più diretti e coinvolgenti. Purtroppo, come già detto, non tutti hanno già la voglia e la forza per assieparsi sotto al palco, e neanche la cover di un mega classico dei W.A.S.P. (“Animal (fuck like a beast)”) riesce a smuovere i più pigri, che preferiscono riposare sulle gratinate dell’anfiteatro, o mangiare qualcosa al punto ristoro (visto peraltro che è quasi ora di cena). I Grim dal canto loro non hanno nulla da rimproverarsi, avendo dato vita ad una prova di tutto rispetto.
Setlist:
CUTTING
SOCIETY
VENEMOUS
PREMATURE BURIAL
INFERNO
ANIMAL (FUCK LIKE A BEAST) (W.A.S.P. COVER)
HILL OF THE WITCHES
THE DEAD ARE AFTER ME
DEEDSecondo slot occupato dai ternani
Deed, e lieve cambio di sonorità, in quanto il quintetto umbro si cimenta con un metal dal chiaro stampo classic, che trae influenza sia dalla N.W.O.B.H.M., sia dalla scuola americana (non a caso quasi in chiusura presenteranno una cover di “Necropolis” dei Manilla Road). Anche per loro mezz’ora scarsa a disposizione e qualche anima in più sotto il palco, anche se per lo più si trattava di fedelissimi amici che li hanno seguiti in questa trasferta marchigiana. Due le cose che spiccano di più: la perizia tecnica del chitarrista e fondatore Dario Strinati e l’incredibile ugola di Edoardo Rohl, che raggiunge picchi decisamente elevati. Peccato però che le sue qualità di frontman siano più da cantante pop in stile Maria De Filippi, ma non si può avere tutto dalla vita… Qualche problema di suono penalizza pesantemente la chitarra di Fabio Gambini, ed è un peccato, perché da quel poco che ho potuto sentire le armonizzazioni delle due asce meritavano maggior giustizia, ma si sa, nei live può capitare. Tutto sommato la prova dei nostri è più che sufficiente, molto professionale e anche abbastanza coinvolgente. Certo c’è da limare qualcosa qui e lì, ma direi che come i compagni di avventura Grim, hanno svolto al meglio il proprio compito, che era esattamente quello di scaldare l’audience.
Setlist:
INTRO
ABOMINATION IN THE END
YOUNGBLOOD
HEART ATTACK
NECROPOLIS (MANILLA ROAD COVER)
BEER ‘N’ ELECTRIC GUITARS
CENTVRIONA questo punto la scaletta subisce un inaspettato cambio. Invece dei padroni di casa Battle Ram, a salire sul palco, per problemi logistici di alcuni loro membri, sono i
Centvrion. Oltre a un cambio di posizione si assiste, finalmente, anche a un cambio radicale della qualità della proposta, e si inizia davvero a fare sul serio. Dopo le prime note di “Maximvm Golgotha” si capisce immediatamente che la differenza con le due band iniziali è enorme, e la domanda che mi frulla nel cervello è: “come mai i Centvrion non sono nel gotha delle metal band europee?”. Il confronto con i numi tutelari Judas Priest è ovvio e inevitabile da fare, grazie anche e soprattutto alla particolarissima ugola di Roberto Cenci, un nostrano Rob Halford dell’ultimo periodo. Ma spesso mi vengono in mente anche i Primal Fear, ai quali i marchigiani non hanno poi così tanto da dover invidiare, e la domanda torna prepotentemente a galla. Considerazioni a parte, il quintetto dà vita, come sempre, ad una prova vitaminica e priva di sbavature. Come detto già tre anni fa in occasione del report della prima edizione del Run To The Hills Festival (neanche a farlo apposta sempre qui nelle Marche), l’unico difetto che può imputarsi alla band, fermo restando l’innegabile bravura dal punto di vista puramente tecnico, è l’eccessivo tributo che il singer paga al Metal God, che va forse un po’ troppo oltre la semplice ammirazione. Detto ciò, i nostri sciorinano un brano dietro l’altro senza respiro, con punte durante l’esecuzione dei classicissimi “Centvrion” e “The legionary”. La risposta del pubblico finalmente inizia ad essere più calda, lo spazio antistante il palco inizia ad affollarsi, anche se il tempo purtroppo è quello che è, complice anche il ritardo iniziale accumulato, per cui “Eye for an eye” e “Panzermarch” mettono il sigillo ad una performance coi fiocchi, che ha visto le due asce in gran spolvero, ma la sezione ritmica, terremotante e precisissima, decisamente sugli scudi. Ripeto, è un peccato non poter vedere la band sui palchi dei grandi festival estivi europei, credetemi se vi dico che non sfigurerebbero affatto…
Setlist:
MAXIMVM GOLGOTHA
M.A.S.
KOMMANDER
CENTVRION
THE LEGIONARY
KATERPILLAR
ONE SHOT, ONE KILL
EYE FOR AN EYE
PANZERMARCH
BATTLE RAMVisto l’inaspettato scambio con i Centvrion, i
Battle Ram si sono ritrovati quarti in scaletta. Nulla di scandaloso, anzi, visto che la band capitanata dal buon Gianluca Silvi non ha nulla da invidiare agli amici e colleghi che li hanno appena preceduti. Se dal punta di visto discografico i nostri non sono certo particolarmente prolifici (un demo, un EP e un full in quindici anni di carriera), sotto l’aspetto live hanno un curriculum di tutto rispetto che li ha visti protagonisti più di una volta in tutta Europa. Esperienza da vendere, quindi, e lo si capisce fin dalla opener “Burning lives”. Ok, giocano in casa, ma non tutti i ragazzi assiepati sotto il palco sono loro amici e conoscenti, e il fatto che siano tutti lì sta a significare che la band ci sa fare eccome, e riesce a coinvolgere alla grande grazie al suo epic metal che tanto deve a mostri sacri del passato come Omen e Manilla Road. Purtroppo di tutte le band presenti sono quelli che maggiormente hanno dovuto tagliare la scaletta per recuperare le due ore perse all’inizio, quindi alla fine saranno soltanto sei i brani proposti, ma di un’intensità e un coinvolgimento talmente alti che andrà comunque bene così. Il lavoro di Silvi è preciso e tagliente, così come gli assoli dell’altra ascia, Fabrizio, che ci regala una serie di fraseggi veramente molto di gusto. Chi naturalmente fa la parte del leone è Franco Sgattoni, una delle ugole più belle del panorama metal italiano, e come nel caso dei Centvrion, è un peccato che non possa aver avuto una carriera più di successo, visto che nulla ha da invidiare ai vari Tiranti, Conti, e via dicendo. Come dicevo per il gruppo di Ascoli il tempo è tiranno, quindi tocca lasciare il palco alle ultime due band. Quale brano migliore se non “Battering ram”, diventato ormai un piccolo inno dell’epic metal nostrano, per sigillare un’esibizione impeccabile? La risposta del pubblico è calorosa, quindi nessun rimpianto per Silvi e soci, un altro tassello è stato aggiunto ad una carriera di tutto rispetto. Ora non resta altro da fare che sfornare un nuovo full il prima possibile…
Setlist:
BURNING LIVES
THE STONE
THE VOW
BEHIND THE MASK
SMASH THE GATES
BATTERING RAM
BAPHOMET’S BLOODCambio palco e cambio sonorità, visto che ora è la volta di un altro gruppo della zona molto noto a chi segue l’underground. Sto parlando naturalmente dei
Baphomet’s Blood, che con il loro selvaggio e furioso speed metal metteranno a ferro e fuoco Ripatransone. Il parterre è finalmente pieno e fa capolino anche qualche accenno di pogo. Non potrebbe essere altrimenti, visto che lo show di Necrovomiterror e soci è tanto primitivo e semplice quanto coinvolgente. La proposta dei nostri fa riferimento sfacciatamente ai primissimi anni ’80, agli albori del metal, a quelle band come Venom o Motorhead dalle quali i marchigiani hanno preso l’80% dell’ispirazione, e non sarà un caso che le uniche due cover proposte saranno proprio di questi due gruppi basilari, e cioè “Leave me in Hell” e la classicissima “Overkill”, posta in chiusura di show, proprio come facevano all’epoca Lemmy e company, con tanto di doppia reprise di batteria. Quattro i dischi all’attivo, e la capacità di comporre brani che nel loro piccolo possono essere considerati tutti dei piccoli inni, di facile presa e facilmente cantabili a squarciagola durante i live. E così è stato, con le varie “Satanic metal attack”, “Italian steel”, “Metal damnation” o “Whiskey rocker”, che Necrovomiterror ha deciso di autodedicarsi. Il pubblico si lascia coinvolgere e reagisce bene alle provocazioni del singer, infervorandosi a dovere. Dal punto di vista tecnico nulla da eccepire, a parte un fastidiosissimo ronzio del basso che il fonico non è riuscito a domare per tutta la durata dello show. Ottima la prova di Angel Trosomaranus, sia in fase ritmica che solista, anche se la parte del leone l’ha fatta decisamente R. Bestial Hammer, la vera marcia in più della band, con una prova devastante dietro le pelli, coronata anche da un drum-solo di tutto rispetto alla fine della già citata “Italian steel”. In definitiva, dai Baphomet’s Blood la solita performance impeccabile e trascinante, ottimo aperitivo prima dell’esibizione degli headliner. Dal vivo sono una sicurezza e stasera l’anno confermato per l’ennesima volta, fiore all’occhiello della scena speed metal nostrana.
Setlist:
COMMAND OF THE INVERTED CROSS
METAL DAMNATION
IN SATAN WE TRUST
SATANIC METAL ATTACK
TRIPLE SIX
LEAVE ME IN HELL (VENOM COVER)
BAPHOMET’S BLOOD
BAPHOMETAL
ITALIAN STEEL
WHISKEY ROCKER
OVERKILL (MOTÖRHEAD COVER)
METAL CHURCHLa giornata è stata lunga, l’attesa lo è stata ancora di più, ma alla fine ce l’abbiamo fatta, lo show dei
Metal Church sta per cominciare. Non nascondo che gli americani sono state una di quelle band con le quali sono cresciuto e che non ero mai riuscito a beccare live, quindi la curiosità di trovarmi a pochi metri da Vanderhoof e Howe e vedere se sono ancora in grado di reggere il confronto con gli irraggiungibili primi anni di vita della band è grande. Quel poco che eravamo riusciti a sentire di stramacchio durante il soundcheck prometteva bene, ma ogni dubbio è stato letteralmente spazzato via quando le note di “Fake healer” sono fuoriuscite dall’impianto: il delirio collettivo! La band è in formissima e sembra abbia una gran voglia di divertirsi, i suoni sono buoni, e soprattutto la voce di Mike è al top, e così resterà per tutta la durata dello show. A discapito di un look da ragioniere in vacanza, Howe zittisce tutti con un concerto strepitoso, senza cali di voce, senza tentennamenti, dimostrando di essere ancora uno tra i migliori frontman della scena power metal americana degli anni che furono, con una timbrica a servizio del brano, passando con incredibile naturalezza dall’essere aggressivo all’essere interpretativo e melodico. Kurdt appare abbastanza appesantito e porta in maniera evidente su di se il passare degli anni, ma riesce ancora a macinare riff su riff con una semplicità disarmante, lasciando quasi del tutto a Rick Van Zandt il compito di occuparsi dei soli, eseguiti in maniera egregia. Il tutto viene sorretto da due cristiani che sono una garanzia come sezione ritmica, e cioè il bassista Steve Unger e soprattutto Jeff Plate, già dietro le pelli di gruppi come Savatage e Trans-Siberian Orchestra, giusto per citarne un paio, e scusate se è poco. L’unico appunto che mi sento di fare è legato alla scelta della scaletta. Passino pure i tre estratti dall’ultimo album “IX”, d’altra parte la band è in promozione e c’era da aspettarselo. Ma dove sono capolavori come “The spell can’t be broken” o “The powers that be”? Paradossale poi che il primo album sia stato del tutto ignorato, rappresentato dalla sola “Beyond the black” e che perfino “Metal Church” sia stata esclusa dalla setlist. Sinceramente per questa cosa mi è rimasto non poco l’amaro in bocca, unico neo di un’esibizione davvero coi fiocchi che ha visto, come era facile aspettarsi, l’apoteosi nei tre brani finali: la già citata “Beyond the black” (e qui, lo ammetto, m’è venuta la pelle d’oca!), la famosissima “Badlands” e la titletrack di quello che forse, ad oggi, resta il loro disco più chiacchierato ma anche di maggior successo, e cioè “The human factor”, che, così come aveva fatto in apertura “Fake healer”, chiude alla grande uno show che resterà nella memoria dei (pochi?) presenti (si parla di circa 300 presenze totali). La stanchezza e l’amarezza per l’esclusione di qualche classico di troppo vengono spazzate vie dal bel ricordo di un ottimo show suonato in un altrettanto ottima cornice e dalla disponibilità della band tutta che s’è intrattenuta con i presenti per le immancabili foto di rito e gli autografi. Ormai è notte fonda, qualche ora di sonno in macchina e poi si torna alla base a Campobasso, dopo una nottata decisamente all’insegna del metal!
Setlist:
FAKE HEALER
IN MOURNING
START THE FIRE
RESET
GODS OF SECOND CHANCE
DATE WITH POVERTY
NO TOMORROW
WATCH THE CHILDREN PRAY
NO FRIEND OF MINE
KILLING YOUR TIME
BEYOND THE BLACK
BADLANDS
THE HUMAN FACTOR