Ore 21 abbondanti. Con modesto ritardo (causa maltempo), varchiamo la porta del
Circolo Colony di Brescia (sempre bello venire qui) stupiti e increduli: all’orizzonte scorgiamo non più di un centinaio di persone intente ad ascoltare i romani
Sailing To Nowhere (gli
Stage Of Reality, ci scusiamo, ce li siamo persi). E il pensiero è:
“Massì dai, la gente si farà più tardi”. Poveri illusi.
I power metallers
Sailing To Nowhere hanno accompagnato questo tour italiano degli
Angra dalla prima data. Quello che possiamo dire è che la performance bresciana è stata discreta, non entusiasmante (forse anche a causa di una proposta non troppo originale che attinge a piene mani dai primi Avantasia, Edguy e Stratovarius) ma accolta piuttosto favorevolmente dai (pochi) presenti. Menzione speciale per i cantanti
Marco Palazzi e
Federica Garenna, affiatati e coinvolgenti.
Gli
Angra arrivano sul palco che ormai sono le 22.45 e la situazione non è cambiata di molto: l’affluenza è quello che è, ed è un vero peccato perché la performance della storica band carioca sarà a dir poco travolgente. Il tour celebra il ventennale del capolavoro
“Holy Land” (una delle prime recensioni fatte come
Ghost Writer per
Metal.it, quanti ricordi) e l’unico vero neo della situazione è che di quella line-up storica sul palco del
Colony troviamo solo
Rafael Bittencourt, chitarrista eccezionale (e cantante niente male, come avrà modo di dimostrare durante la serata) che in un certo senso ha sempre vissuto all’ombra di
Kiko Loureiro (attualmente in tour coi Megadeth, sostituito per l’occasione da
Marcelo “Bello” Barbosa degli Almah, insopportabile solo per il fisico glabro e scultoreo che lo caratterizza). Alla voce c’è un sempre più incredibile
Fabio Lione e non
André Matos, al basso c’è
Felipe Andreoli (in forza alla band dal lontano 2001) e non
Luis Mariutti, alla batteria un giovanissimo e impressionante
Bruno Valverde invece di
Riccardo Confessori. A completare la formazione troviamo il percussionista
Dedè Reis, probabilmente (consentitemi) il più “fuori luogo” della serata con le sue incursioni strumentali non sempre precise e necessarie (durante la serata
Lione ci terrà ad incensarlo, confidandoci dei suoi trascorsi con Jovanotti ai tempi di
“L’Ombelico Del Mondo”).
Lo show è stratosferico e la scaletta (in calce) parla da sé: non un calo di tensione, non una sbavatura, una tenuta del palco che definire professionale è dir poco, impossibile chiedere più di così.
Lione ha fatto suo il repertorio, non ha bisogno di scimmiottare nessuno, così come la scelta dei brani (comunque incentrata su
“Holy Land” eseguito nella sua interezza) lascia il giusto spazio al meglio del repertorio della band. Viene da pensare
“potevano suonare quella o quell’altra”, ma alla fine è un’osservazione che lascia il tempo che trova.
Gli
Angra negli anni ci hanno abituati agli “scossoni” e agli stravolgimenti repentini, e sono sempre e comunque caduti in piedi. Inutile negare che il rischio di diventare
“una cover band di sé stessi” rimane dietro l’angolo (e potrebbe giustificare lo scarso numero di presenti) ma finché i brasiliani sapranno regalarci concerti di questo tipo varrà sempre e comunque la pena di prendere la macchina e andare ad ascoltarli.
Setlist:
Newborn Me
Wings of Reality
Final Light
Nothing to Say
Silence and Distance
Carolina IV
Holy Land
Drum Solo
The Shaman
Make Believe (Rafael on vocals)
Z.I.T.O.
Deep Blue (Rafael on vocals)
Lullaby for Lucifer (Rafael on vocals)
Silent Call (Rafael on vocals)
Waiting Silence
Time
Angels and Demons
Rebirth (Rafael + Fabio on vocals)
Nova Era
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