In questo 2022 che ci sta dando sia tante gioie che tanti dolori, dopo le débâcle tragicomiche del
Cernunnos/Camunia o del
Phenomerock Fest, di eventi di buon livello portati in porto ne abbiamo avuti in abbondanza.
Tra i vari eventi in giro per lo stivale, uno dei più amati e rinomati è il
Frantic Fest, festival della musica del male che si tiene verso la fine di Agosto in quel di Francavilla al Mare, al centro sportivo
Tikitaka Village in Abruzzo.
Dopo aver fatto sia l’
Opening Party (il 17 agosto) che le tre giornate successive, capisco perfettamente come mai il
Frantic sia considerato da molti come il miglior festival Metal in Italia. Certo, maliziosamente si potrebbe dire che non è che ci voglia molto, ma visto che ci sono altre validissime realtà come il
Luppolo in Rock o il
Distruggi la Bassa, non me la sento di fare battutacce di infimo livello.
17 agosto [
Opening Party]
Con due ragazzi del
Collettivo Molto Male (a proposito, andate a spizzicarvi il live report del
Molto Male 8 per avere un’idea di cosa combinano in quel di Bergamo) si parte molto presto con l’idea di arrivare lì giusto in tempo per pranzo per strafogarsi subito di arrosticini: una volta arrivati capiamo che non abbiamo fatto i conti con il fatto che i “rostelli” cominciano a prepararli dal tardo pomeriggio.
Un piccolo errore di valutazione, dopotutto era il nostro primo
Frantic, ma poco importa: alla fine le ore passano veloci tra focacce, birra, Death Metal vecchia scuola,
Necrodeath,
Electric Wizard e
San Culamo in un parchetto vicino a Francavilla al Male.
Poi tempo di prepararsi con armi e bagagli e giunge presto l’ora dell’apertura delle porte, si guarda un po’ com’è il posto, si comincia a chiacchierare con alcuni campeggiatori e alla sera cominciano le danze con la prima band in programma, i
Comanoise. Ingrato il compito di aprire il fest, eppure il Post Hardcore sbilenco e strumentale di questo trio di Pescara rompe subito il ghiaccio tra dissonanze e ritmiche particolari che non inficiano sulla violenza della loro musica.
Ce li vedrei particolarmente bene ad un prossimo
Molto Male.
Seconda band e con i
Mykimono cambiano decisamente le atmosfere con il loro Slowcore al limite dello Shoegaze che personalmente non mi ha colpito. Un genere molto emotivo, certo, però mi sono sembrati tremendamente anonimi.
Sons of Thunder: un nome appariscente che ha un non so che di
Manowar, ma questi romanacci sono figli dell’Hard Rock più sanguigno e imbastardito dal Rock ‘n Roll. Non inventano nulla, anzi, però dal vivo queste sonorità rendono che è una meraviglia e scaldano per bene il pubblico. Tamarri come si confà al genere, il loro show è stato molto divertente.
Poi arriva il piatto forte della serata: gli
Shores of Null con un set incentrato sul loro ultimo lavoro
“Beyond The Shores (On Death And Dying)”.
Lavoro davvero molto, molto ambizioso che ha portato questo gruppo a collezionare un certo numero di elogi da parte della critica e ad avere il suo zoccolo duro di fans.
Un pezzo Doom/Death/Gothic di circa quaranta minuti che come concept ha le varie fasi dell’accettazione della propria morte. Questo monolite sonoro unito al video proiettato dietro e alle parole stesse che compongono il testo, oltre al contesto (l’orario notturno e la presenza di “pochi” intimi), ha dato il tutto un sapore speciale ed emotivamente l’esibizione è stata molto, molto intensa.
Non oso immaginare il lavoro che c’è stato dietro a quest’opera multimediale, quindi giù il cappello e applausi.Fine serata poi ben più frivolo, con un dj set cafonissimo che è andato a ripescare un sacco di hit punk, disco, dance, house, techno, con cose come
“La Danza delle Streghe” o
“Dragonstea Din Tei” tra le tante e lo devo ammettere: è stato divertente (seppur straniante, visto che gli
Shores of Null ci avevano lasciati con i lacrimoni fino a pochi minuti fa). Certo, birra e genziana hanno sicuramente aiutato in questo. Comunque il dj set verrà interrotto alle tre e due minuti del mattino per l’arrivo di una volante dei carabinieri, anche loro presenza fissa di anno in anno a quanto pare.
18 agosto [Day One]
Dopo il piacevole antipasto avuto, comincia la vera e propria manifestazione musicale e la prima giornata la si può riassumere con il motto
“lento è bello”.
Per i più temerari che arrivano presto, c’è la sacra arte del cazzeggio in attesa del
SaraPanda, un giochino a quiz alcolico in attesa dei concerti: io sono stato coinvolto in questa attività ludica e nello scontro con un ragazzo di quattordici anni ne sono uscito massacrato.
Bene ma non benissimo.
Gli
Oreyeon cominciano e il gruppo spezzino fa una Stoner abbastanza classico tipico della
Heavy Psych Sounds: hanno tre album all’attivo con canzoni di media lunghezza, riff centriche, con un cantato melodico e aimè con una personalità generica.
Finita questa esibizione a base di chitarre granitiche, nel palco principale è il turno dei
Messa. Il gruppo con
“Close” è sulla cresta dell’onda come dimostra il loro tour che oltre a portarli in ogni angolo d’Italia gli sta dando pure un certo numero di gioie in Europa. Setlist di tre quarti d’ora che con l’esclusione di
“Leah”, è praticamente incentrato sul loro ultimo parto di cui si è disquisito parecchio giustamente, vista la notevole qualità in bilico tra Doom Metal, Dark, Occult Rock e fascinazioni etniche.
Sara a livello vocale è incontenibile ed è visibilmente felice di partecipare al
Frantic.
Poco prima di finire, la cantate ci invita ad andare nell’altro palco perché
“I Naga spaccano i culi”.
In poche parole, il gruppo veneto evoca un fascino magnetico anche sul palco.
Con i
Naga le sonorità cambiano, seppur rimangano le atmosfere occulte.
Power trio, drum kit minimale e si parte per una spirale Black/Doom Metal feroce, minimale, oscura e ripetitiva che fa entrare l’ascoltatore in una dimensione parallela, in un buco nero nel quale c’è il nulla cosmico.
Molto validi, anche se a mio parere una proposta del genere per rendere al meglio avrebbe meritato un orario diverso, con il calare delle tenebre, queste atmosfere avrebbero reso ancora meglio. Lo stesso discorso si può estendere pure ai
Messa volendo.
Si fa uno dei tanti rifornimenti di arrosticini (che meraviglia, immagino che in tanti ci abbiamo lasciato fior fiori di quattrini per addentarli) ed è il turno degli
Ufomammut. Reduci da una pausa e da un cambio di formazione,
“Fenice” rappresenta quasi un nuovo inizio per il trio con sonorità più melodiche e distese, con quel flusso musicale tra Doom, Stoner e Sludge sempre più Psichedelico e Acido.
Il tutto è amplificato dalle coreografie visive nello schermo dietro.
Come palline da ping pong ci si dirige diligentemente nel palco piccolo per i
Nero di Marte. Post Metal sperimentale, complesso e intricato, difficilmente etichettabile viste le svariate influenze in seno al loro sound. Anche qui
“Immoto” può rappresentare per certi motivi un nuovo inizio per questa band tremendamente personale e coraggiosa. Da ascoltare con estrema attenzione.
Che dire sui
Nebula che non sia già stato detto? Dal vivo sono una bomba, hanno una squisita attitudine Rock e il loro Stoner abbraccia e accarezza vagiti Space, Blues e Psych. Se siete figli degli anni ’60 e degli anni ’70 loro sono un ascolto imprescindibile, senza contare che pure gli ultimi due album in studio (
“Holy Shit” del 2019 e
“Transmission from Mothership Earth” del 2022) mostrano come i Nebula siano in gran forma. Da vedere assolutamente dal vivo per capire lo spirito di un certo modo di intendere il Rock.
Turno poi degli
OVO e con questo duo si cambia drasticamente le sonorità.
Qui si parla il verbo del Noise/Indie dopotutto. Su di loro non mi sento di esprimere un giudizio visto che nei generi summenzionati non sono esattamente pratico, però ho visto che sono stati apprezzati dalla folta schiera di presenti.
Finita l’esibizione dei noise rockers italiani, nel palco principale è il turno di una band a suo modo leggendaria, i
Godlfesh.
Dal vivo come sono? Beh, diciamo che danno un vero e proprio senso alla dicitura “Industrial Metal”.
Suoni massicci, ritmiche marziali, strutture ripetitive, atmosfere asettiche: tutto questo rende i
Godflesh ipnotici dal vivo. Gran bel colpo questo,
Frantic!
Ai
Nunslaughter (l’eccezione allo slogan di “lento è bello”) l’onere di concludere la prima giornata e lo si fa a furia di schiaffoni Death vecchia scuola fatto con la grazia e la raffinatezza di un camionista ucraino ubriaco.
Tra l’altro una bellissima attitudine, sembrava che se avessero potuto, avrebbero suonato fino all’alba: giustamente sono stati ripagati con un pogo discretamente caloroso.
Finiti i concerti si ride e di scherza, si tirano le conclusione di questa bella giornata, si mangia e si beve.
Si sta su fino a tardi e poi, chi va in tenda, chi in hotel o in qualche b&b e si va a nanna, ignari però della sorpresa che ci sarebbe stata domani…
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Poco più di un’ora di ritardo e cominciano gli
Spoiled, band giovanissima che poco dopo avrei scoperto che quello era il loro quinto concerto!
Hardcore Punk italiano dei bei tempi andati, quindi veloce, ancora più veloce, sempre più veloce! Hanno pure fatto i
Nabat, che volere di più?!
Una bellissima sorpresa.
Poi è il turno degli
Ereb Altor che sono tra i tanti figliocci di
Quorthon, ma tra i pochi ad averne appreso realmente bene la lezione, seppur le vette di
Falkenbach siano un miraggio. Una
bella boccata d’aria epica e norrena in quella che è una serata abbastanza fresca.
Finito di narrare le gesta dall’epica norrena, nel palco piccolo sopraggiungono i
Tenebra che sono un po’ l’outsider della serata. Band questa uscita dal calderone sempre più affollato del Retro Rock: Hard Rock settantiano, Psichedelia vitange, suoni sporchi e Stonerosi, una potente voce femminile e canzoni dal piglio immediato sono i principali ingredienti della loro proposta, oltre ad una piccola partecipazione di
Giorgio Trombino al flauto.
Niente male!
Con i
Demilich si cambia completamente registro e dico senza timore di essere smentito che la cult death band finlandese nonostante tutti gli anni passati, fa paura. Molti pensavano che fossero sciolti da un bel po’ e invece…
Cosa dire che non sia già stato detto sulla band partoritrice di
“Nespithe” e che ha visto una
Svart Records scomodarsi per racchiudere e pubblicare i vari demo in un’unica raccolta? Il Tech-Death in una delle sue forme migliori a livello di creatività.
Seppur sia la giornata estrema, la varietà non manca come avete potuto leggere, anzi: nel palco piccolo la giovane band
Bedsore è qui a ribadirlo.
Si parla il verbo del Death Metal certo, ma a questo gli si aggiunge una spiccata componente Progressive e accenni psichedelici. Ci daranno delle
belle soddisfazioni e in parte lo stanno già facendo ora.
Da una giovane promessa dell’underground nostrano si passa ad una delle realtà più affermate del Death Sinfonico in circolazione: i
Fleshgod Apocalypse.
Show il loro molto apprezzato dai (tanti) fans che hanno raggruppato in quel di Francavilla al Male e travalicando i propri gusti personali è giusto sottolineare come il gruppo italiano sappia coinvolgere il suo pubblico.
Certo, la dedica finale al
Magnotta ha divertito più di qualche presente.
Si sta facendo una certa ora, l’aria si è decisamente rinfrescata e nel palco piccolo gli
Assumption hanno le condizioni ideali per dare il meglio: dopotutto il Death/Doom abissale merita una certa cornice per essere apprezzato al meglio e in questo caso, c’è.
Realtà notevole per tutti gli amanti di questo genere.
Con i
Benediction si cambia completamente genere, attitudine e stile: il Death vecchia scuola del mitico si è abbattuto con la stessa furia di un uragano sul pubblico del
Frantic, con pogo, crowd surf e stage diving a strafottere.
Tirata d’orecchi per la security che respingeva i stage diving e l’attitudine dei
Benediction dà le mazzate finali. Esibizione terremotante che dimostra come lo storico gruppo inglese abbia letteralmente giocato un campionato a parte durante questa giornata.
Fine serata affidato al Goregrind dei
Guineapig che si abbatte su un pubblico un po’ provato con l’esibizione dei
Benediction che difatti non replica la stessa potenza ed energia venutasi a creare con il precedente live act.
Sempre di sonorità belle pese si parla, con tanto di cantante che ha un’idea tutta sua su come incitare il pubblico: “Fate cacare tantissimo” era il suo slogan lanciato per smuovere l’orgoglio degli headbangers delle prime file.
Nonostante le avversità climatiche e il ritardo, TUTTA la seconda giornata è stata salvata, con tutti i gruppi che hanno potuto dire la loro: un piccolo miracolo consentito da un grandissimo lavoro da parte di volontari e organizzatori.
20 agosto [Day Three]
Se per cause di ovvia ragione la giornata precedente ha visto saltare il pre festival a base di classici Metal rivisti in salsa acustica e demenziale, l’ultimo giorno ha rivisto invece
SaraPanda, con un ospite d’eccezione a incoraggiare in maniera “singolare” i giocatori:
Chris Nunnos dei
Plakkaggio, uno dei più grandi cultori del sacro verbo del Metal presenti nello stivale italico la cui sciabola ricolma di ira funesta ha punito il baldo giovane che non è riuscito ad indovinare
“I Want Out” degli
Helloween!
L’ultima giornata, che è la più sorprendente a livello di varietà ed eterogeneità, comincia con i
Septage, gruppo Goregrind sul quale non ci avrei scommesso una lira e che invece tra schiaffoni Death Metal, cazzotti Hardcore Punk e l’occhialino War Metal, apre il culo al pubblico come delle noci di cocco.
L’unica cosa che mi viene da dire a mente fredda è “à la visage du pénis”.
Anche durante questa giornata fa caldo e con i
Plakkaggio nel palco principale la temperatura sale ancora di più: il ponte ideale tra le galassie Punk e Metal, citazioni a destra e manca (chi ha detto
“Ziggurath”?) e una “cover della cover” degli
883 (non fate quelle facce, dal vivo rende che è una bellezza).
Con la
Panzer Division Colleferro, il coinvolgimento è ai massimi livelli come testimonia la foto shippata dalla pagine del festival.
Sugli
Hyperdontia non ho nulla da dire, non tanto perché non li ritenga meritevoli, ma per il semplice fatto che mi sono fatto una partita di chiacchiere con alcuni membri dei
Plakkaggio e il tempo è letteralmente volato via a parlare di questo festival, di vecchi concerti e di aneddoti vari ed eventuali.
Comunque i miei compagni di avventura mi hanno detto che il gruppo in questione fa un apprezzabile Death Metal che dal vivo rende in maniera soddisfacente.
Goregrind, Hc/Metal/Oi! e Death Metal, di sicuro la varietà non è mancata e i
40 Watt Sun vanno a ribadire questo concetto: nati dalle ceneri della Doom Metal band
Warning, i
40 Watt Sun si vanno ad annidare nell’animo umano con le loro sonorità intimiste, sofferte e crepuscolari.
Proposta molto di nicchia la loro, adatta a certi mood contemplativi.
E in questa meravigliosa giostra che è il
Frantic Fest, si cambiano nuovamente le carte in tavola: nel palco piccolo arrivano i
Whiskey Ritual e dopo una canzone di riscaldamento è subito festa! Questi ultras del Black Metal con la loro attitudine, riuscirebbero a mandare pure il Dio Caprino alla stadio e difatti la frangia
anti-mosh anti-life si fa da parte per i pogatori caciaroni.
Se i
Turbonegro o
GG Allin avessero fatto Black Metal, beh il risultato sarebbe potuto essere questo!
Si prosegue ancora con sonorità pese al cospetto di
Doyle:
Mr. Doyle Wolfgang Von Frankestein negli ultimi anni, insieme al cantate
Alex Story, ha realizzato due lavori più che apprezzabili (
“Abominator” nel 2013 e
“Doyle II: As We Die” nel 2017).
Metal smaccatamente americano, eccessivo, spaccone, sia a livello musicale che scenico tra muscoli belli pompati, il devilock, maschera da wrestler messicano e i basettoni alla
Wolverine.
Esibizione bella energica che ha lasciato un po’ di persone interdette per la mancanza di classici dei
Misfits, ma onestamente capisco perfettamente la scelta dei Doyle visto che hanno ormai un certo numero di “love songs” da dedicarci come
“Cemeterysexxx”. Poi ovvio che una
“Green Hell” a caso mi/ci avrebbe gasato come poche cose al mondo.
In questo rimpallo tra palchi, si va in quello piccino per gli
Horror Vacui, ed ecco che gli animi più gotici dei presenti sono soddisfatti grazie al Post Punk intriso di Darkwave di questa valevole band.
Appuntamento poi con la Storia, con la “S” maiuscola visto che si parla dei
Goblin di Claudio Simonetti: serve davvero che scriva qualcosa al riguardo di gente che propone cose come
“Profondo Rosso”, “Suspiria”, “Tenebre”, “Zombie”, “L’alba dei Morti Viventi” e via discorrendo?
Mi limito pertanto a dire che:
- il nuovo chitarrista ha sostituito degnamente il suo predecessore
- mettono d’accordo praticamente tutti tra nerd proghettoni, i blacksters più intransigenti, i death metallers e chi non conosce manco per sbaglio il Metal ma che più semplicemente è fan dei film di
Dario Argento.
Ed ecco che a fare il proverbiale finale con il botto ci pensano i
Raw Power con uno show incentrato su quel capolavoro massimo che risponde al nome di
“Screams From the Gutter”, che decenni or sono, fu tra gli album che spalancò le porte internazionali dell’Hardcore Punk tricolore, conquistando schiere di kids tra Usa, Giappone ed Europa. Concerto pazzesco, carico di energia e sudore, ed in tutto questo il cantante aveva pure un’ernia, poraccio!
Dopo tutto questo ben di Dio fatto di tre giornate di festival (più una l’opening party a mo’ di demo), qualche decina di band, diversi modi di intendere il Punk e il Metal, delle buone o ottime esibizioni live, proposte di nicchia o comunque non banali, la cortesia, disponibilità e il GRAN lavoro fatto dai vari membri dello staff, i prezzi, gli arrosticini, la ipa, la genziana e via discorrendo, anche io ormai faccio parte di quelli che considerano il
Frantic Fest come il migliore festival Metal che abbiamo in Italia.
L’anno prossimo se ne avete la possibilità fatevi un favore e andateci: è molto probabile che tornerete alla vita di tutti i giorni più felici di prima dopo questo.
Appuntamento al prossimo anno e un doveroso grazie a tutti i volontari.
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