Gli
Igorrr chiamano la loro musica breakcore, per le centinaia di presenti al Link di Bologna ha assunto le sembianze di un enorme nube in fase temporalesca. Una meteorologia che non ha spaventato gli astanti, che anzi si sono cimentati in innumerevoli poghi e wall of death scatenati dai francesi. Difficile d'altronde star fermi. La miscela di sonorità techno e metal estremo è deflagrata in più occasioni durante l'ora e mezza dello spettacolo.
Perché così si chiama quando cinque componenti assumono sembianze a metà tra il mefistofelico, vedi il mostruoso vocalist, e il paradisiaco, incarnato dall'operistica voce della cantante. Le luci e le movenze hanno fatto il resto, donando visioni orgasmiche sotto forma di un estremismo sonoro che si é fatto atto ancor più di quanto accade in altri concerti di band più classicamente votate a death o black metal.
Tante le legnate, con una
Parpaing circondata da urla belluine e giustificate, originariamente interpretata da
Corpsegrinder Fisher dei
Cannibal Corpse. E proprio alcune magliette di questi ultimi indossate da alcuni fan hanno attirato la mia attenzione. Tra le shirt viste nella venue anche
Yellow Eyes, Carcass, Messa, Wormrot, gli immancabili
Iron Maiden e
Motorhead, Game Over ma pure tante mise informali, a volte con colori anche sgargianti. Sintomo anche questo di una discreta varietà, seppur confinata nel genere metal.
L'estremismo messo in campo da Igorrr ha trovato riscontro dell'esecuzione della prima metà abbondante dei brani contenuti nell'ultimo lavoro
Spirituality and Distortion. La resa live, decisa e massiccia, ha donato ulteriore verve a pezzi in cui violenza e scelte apparentemente bislacche convivono alla faccia di molti. Così si gode tra una
Nervous Waltz e
Very Noise, passando per le influenze arabe di
Camel Dancefloor alle fisarmoniche di
Cheval, estratta come
ieuD e
Viande dal precedente
Savage Sinusoid. Originali.
Il bello di una serata così risiede anche nelle cosiddette band spalla, qui incarnate da tre realtà abbastanza variegate del panorama metallico. Forse gli
Hangman's Chair sono stati l'act meno di impatto, nonostante questo la loro miscela di gothic con sfumature grunge (ci ho sentito tocchi di
Alice in Chains) ha accolto degnamente il pubblico alle 19. Della loro esibizione è da ricordare il tempo lento che permea i brani, suonati su una chitarra trasparente dal chitarrista. Raffinati.
Circa 50 minuti dopo sono saliti sul palco i
Der Weg Einer Freiheit, gruppo tedesco in attività da una quindicina d'anni. Impressionante la scarica di black metal riversata, che risulta ancor più esplosiva in quanto affiancata a momenti in cui le dinamiche si abbassano sensibilmente creando atmosfere dilatate. Di fatto il loro concerto è stato il più classico in termini di proposte estrema, pur risultando pienamente efficace. Ferali.
Alle 20:50 hanno suonato gli
Amenra, gruppo belga che a una proposta pachidermica e molto sofferta ha dato come contraltare un'estetica core oriented (cantante incappucciato, qualche maglietta senza maniche) con tanto di tatuaggi in vista. Il vocalist in particolare ha cantato tutta la performance o quasi con le spalle girate al pubblico, mostrando per parte del live la sua schiena completamente tatuata. Peccato che della performance in sé mi resti più l'aspetto visivo che quello musicale, in cui la profondità abissale del suonato fa il paio con le urla del cantante. Ottundenti.
Appunti finali sparsi: ottima la scelta degli orari dei live. Sono totalmente a favore il sabato per l'inizio alle 19:00 con conclusione alle 23,30! Bene anche la fonia e bello il
Link, locale adattissimo ad accogliere musica di vario genere. Molto intelligente l'idea di aprire ai lati e nella sala opposta al palco consentendo giro d'aria e di gente. Molto bello il merch proposto, anche se non nego che certi prezzi (25 euro un cappellino é troppo, a mio parere) fossero fuori da ogni grazia. Sotto questo profilo la migliore proposta è stata quella degli opener, con una shirt a 15 euro.
Foto di
Mila Fusara
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