Serata infrasettimanale dedicata alle correnti più moderne del black metal quella che si è tenuta mercoledì 17 maggio sera nella Factory di San Martino Buon Albergo (Vr).
Protagonisti dell'evento i
Celeste, gruppo francese attualmente in tour per promuovere il disco "
Assassine(s)". La loro proposta può essere definita come post black metal, con inserimento di numerose parti che toccano terreni sludge o comunque aliene al primordiale raw black. In più momenti, specie nelle parti più ritmate, mi hanno portato alla mente quanto fatto dai
Gojira. La notevole perizia strumentale è stata in parte inficiata dalla scelta di caricare molto le basse, in particolare il pedale della batteria, troppo presente nel mix con i continui incastri proposti. Ma ciò ha anche dato i giusti calci in pancia alla settantina di astanti, affascinanti dalle lucette rosse che ogni membro della band ha indossato sulla propria testa. Così i Celeste si sono improvvisamente trasformati in minatori del black metal, alla ricerca di sonorità altre all'interno di un filone che ha bisogno di sprazzi di originalità per affascinare i giovani ma pure chi ha oltre 20 anni di ascolti incastrati nelle orecchie.
Molto più pachidermica la proposta dei
Die Sunde. Il loro stile si avvicina a quello degli
Amenra, con canzoni lente che sembrano non esplodere mai. Questo lascia addosso un senso di incompiutezza, reso ulteriormente profondo dall’interpretazione vocale del cantante del gruppo. La sua malleabilità vocale va ben oltre la velleità. Complice probabilmente anche la lingua italiana, utilizzata in modo evocativo ed enunciata con voci gravi, acuti caricaturali e urla disperate. Se mi si permette un accostamento sotto questo profilo ho notato una certa vicinanza con
Kvarforth degli
Shining. Ma non prendete queste mie parole come un tentativo di normalizzare o peggio banalizzare il risultato perché questo non è stato. Le mie riserve rimangono complessive, legate ad un gusto personale che, pure permettendomi di apprezzare un approccio lontano da certi canoni, non mi spinge al completo godimento dal punto di vista meramente compositivo e di risultato.
Cosa che invece sono riusciti a fare in apertura i
Duir. Infatti, pur non essendo io amante degli aspetti più folk-caciaroni di certi progetti, ho apprezzato in questo quintetto veneto l'inserimento di flauti, cornamuse e altri strumenti solitamente non utilizzati nel black metal. Sullo sfondo, ma non troppo, una performance adeguata con riff di chitarra in sedicesimi e blast beat equilibrati, mai troppo esasperati, forse, e va detto, per qualche limite fisiologico tuttavia ben mascherato. Discreta la prova vocale del cantante, inizialmente con le braccia immobilizzate in una camicia di forza, che ha accompagnato le prove strumentali dei membri della band, che non hanno dimenticato l'aspetto visivo. Accanto al classico headbanging é da segnalare il face painting fluorescente che nel buio ha permesso una sublimazione della comunicazione paraverbale.
Al termine dello spettacolo ho fruito avidamente di uno dei banchi presenti, quello di "
si stava meglio quando si stava metal", podcast che vi consiglio di ascoltare condotto da
Denis Bonetti e
Stefano Lolli, presenti alla serata. Ho acquistato 3 numeri rispettivamente di
Holy Legions e
Unholy, fanzine decisamente accattivanti dedicate alle sonorità più classiche, nel primo caso, e death, nel secondo.
Un'iniziativa che considero meritoria per chi vuole approfondire davvero un genere che continua a vivere di miti ma anche di realtà che a volte restano nell'ombra, qualcuno dice per scelta ma io credo che più spesso sia per ventura.
Segnalo anche, proprio perché mi sta a cuore l'attività di chi carica e scarica chili di merce dalla propria autovettura per proporla all'interno di contesti adeguati come quello della Factory, la presenza all'evento di numeroso marchandise delle tre band che si sono esibite e della
Masked Dead Records che si continua a sbattere come movimentatore culturale delle correnti più estreme.
Infine una considerazione logistica: ottimo il rispetto degli orari comunicati attraverso i social. Il concerto è terminato attorno alle 23:30. Così facendo, oltre a onorare la parola data, si permette alle tante persone che lavorano il giorno successivo di frequentare eventi infrasettimanali.
Questo almeno sulla carta.
Ormai sappiamo, infatti, che in Italia il principale problema è di tipo culturale più che di effettivi impegni. Durante l'evento ho conosciuto ragazzi provenienti da Vicenza e Padova, ennesimo segno di di un vecchio assunto che scrivo senza intenzione di ferire qualcuno, anche perché così forse si parlerebbe probabilmente di coda di paglia: volere è potere.
Foto a cura di Steve
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