Come accennato nel secondo capitoletto, quando il thrash cominciava a germogliare, non vi erano assolutamente contatti con l’hardcore o con altri stili musicali estranei a quello che era il campo dell’heavy metal. Nato come estremizzazione di forme pre-esistenti, il thrash metal cominciò invece, verso la metà degli ’80, ad abbandonare rivalità e archetipi di purezza, ed ebbero inizio tentativi di fusione più o meno evidenti con altre sonorità. Voglio ribadire che con la parola “crossover” si indicava in quegli anni la crescente combinazione fra una corrente minoritaria del thrash metal ed il ramo meno massimalista dell'hardcore punk. In questo tutto sommato sconnesso e disorganico panorama, due band su tutte furono in grado di ritagliarsi uno spazio non indifferente anche tra i thrashers più ortodossi; si tratta dei già citati D.R.I. e dei Corrosion of Conformity. Questi ultimi debuttarono nel 1983 con “Eye for an Eye”, ma è con il secondo album, “Animosity” del 1985, che riuscirono a far breccia nel cuore dei thrashers d.o.c. Dagli esordi puramente hardcore, i Corrosion of Conformity maturarono dunque verso terreni sempre più specificatamente metal (da segnalare anche l’ottimo “Technocracy” del 1989), giungendo persino alla partecipazione, nel 1994, al tributo ai Black Sabbath “Nativity in Black”, nel quale coverizzarono “Lord of this World”, e a tour di supporto a band seminali del panorama metal (indimenticabile il concerto del 1995 al forum di Milano di spalla ai Megadeth). L’abbreviazione di “Corrosion of Conformity” in C.O.C. e quella di “Dirty Rotten Imbeciles” in “D.R.I.” portarono ad una vera mania dell’acronimo nei monicker delle band nascenti; ecco così arrivare, per esempio, i S.O.D. (Stormtroopers of Death) di Billy Milano, Dan Lilker (ex-Anthrax/Nuclear Assault), Charlie Benante e Ian Scott (Anthrax), che si sciolsero presto e portarono Billy Milano a formare i M.O.D., sigla che inizialmente stava per “Milano’s on Drugs” e che è poi finito per essere “Method of Destruction”.
Assieme agli album già citati di D.R.I. e C.O.C., è doveroso segnalare come album più rappresentativi e storicamente fondamentali il geniale “Speak English or Die” proprio dei S.O.D. (che resta comunque un album thrash con solo qualche spunto hc) e “Life of Dreams” dei Crumbsuckers, capitanati da Chris Notaro e usciti sotto Combat Records nel 1986, ma meritano attenzione anche i newyorkesi Agnostic Front. Da allora in poi sarà un continuo nascere di band che mischiano, in percentuali diverse, hardcore e thrash metal; tra quelle più vicine al secondo, ma con forti elementi del primo, vanno segnalati indubbiamente i The Accused di Seattle, gli Acid Reign dei primi due lavori, i Wehrmacht del caotico e vorticoso “Biermacht”, gli Hirax, i Rumbe Militia, i Dr.Know e altri ancora, ciascuno con un proprio caratteristico sound, che avremo modo di trattare approfonditamente nelle specifiche recensioni.
Per quanto riguarda le contaminazioni tra thrash metal e rap, cocktail molto in voga di questi tempi, va ricordato come il primo esperimento, nonché a mio avviso l’unico lodevole, della storia vada fatto risalire agli Anthrax, che nel 1991 pubblicarono il 12” “Bring the Noise”, contenente l’omonima canzone realizzata assieme ai Public Enemy. Il vero pioniere però di questa nuova sperimentazione fu senza dubbio il produttore Rick Rubin, che nel 1986 credette fortemente nel positivo utilizzo di chitarre heavy in canzoni hip-hop, e sperimentò direttamente ciò in “Raising Hell” (1986) dei Run DMC. Tornando più specificatamente al thrash degli Anthrax, ci tengo a precisare come, già prima della data di pubblicazione del 12” “Bring the Noise” e poi del disco “Attack of the Killer B’s” (uscito il 25 giugno del 1991), la band avesse manifestato l’intenzione di esplorare terreni meno ortodossi tentando mix inconsueti (basti pensare alla storica “I’m the Man” del 1987).