Negli stessi anni in cui il thrash cominciava a contaminarsi con l’hardcore e, viceversa, alcune band nate come hardcore avviavano una svolta thrash, si sviluppò, da una costola del genere, un filone più ortodosso ma innegabilmente destinato ad avere meno fama e consensi. E’ il caso del techno-thrash, sottogenere ancor oggi snobbato dai più o malamente confuso con altre forme di metal tecnico. Quando la maggior parte della gente sente parlare di techno-thrash, interpreta in due modi possibili la definizione, in entrambi i casi sbagliati; c’è chi pensa che si tratti semplicemente di un thrash un più tecnico del solito (identificandolo, per esempio, con gli Annihilator), mentre c’è persino chi va a pensare ad astruse combinazioni tra thrash e musica techno/dance.
Il techno-thrash è invece altro, è una branca del thrash nella quale viene posto in primo piano l’aspetto tecnico, specialmente per quanto riguarda la fase ritmica; le canzoni appaiono inizialmente sconnesse, disorganiche e sconclusionate, solo dopo numerosi ascolti attenti si riesce a trovare il bandolo della matassa e si incomincia a cogliere nel profondo il senso, la genialità e la grandezza delle composizioni. Il techno-thrash non è un’inutile sfoggio di tecnica, ma un cervellotico, contorto e irrazionale stile musicale che va decifrato, e che solo una volta decodificato in ogni minima parte si rivela per quello che è veramente.
Il primo disco della storia che si può definire techno-thrash, e che è individuato universalmente come il punto di partenza di questo geniale filone stilistico, è “Energetic Disassembly” dei texani Watchtower, uscito sotto Zomba Records nei primi mesi del 1986. Con il successivo, e ottimo, “Control and Resistance” (1987) la band, capitanata dall’eccentrico drummer Rick Colaluca e dal virtuoso Ron Jarzombek, vide l’ingresso in formazione di Alan Tecchio (Hades) e una svolta verso un techno-metal con caratteri meno marcatamente thrash. Il numero di album in tutto e per tutto classificabili come techno-thrash non sono molti, vista la scarsa commerciabilità della proposta musicale, cosa che ha comunque fatto sì che restassero immutati nel tempo, e lontani dal bieco music biz, i caratteri distintivi del genere. Sicuramente vanno ricordati i Sieges Even dell’immenso “Life Cycle”, un album poco compreso dal grande pubblico ma tuttora annoverato tra le migliori release di techno-thrash di tutti i tempi; lo stesso si può dire dei Toxik di “Think This” (1989), dei Realm di “Endless War” (1988) e degli Hades dei primi due album. Meno rinomati anche tra i fan accaniti del genere, ma altrettanto meritevoli di essere menzionati, sono i Deathrow di “Deception Ignored” (1988), i D.B.C. (Dead Brain Cells) dell’omonimo debutto (1988) e di “Universe (1989), i Target di “Master Project Genesis” (1988), gli Anacrusis e anche, in parte, i Tourniquet di “Stop the Bleeding” (1990).
Per capire l’enorme influenza che ebbero il techno-thrash e soprattutto i Watchtower sulla scena metal successiva, basti ricordare che tra i più accaniti sostenitori e fedelissimi della band texana, vi fu un certo Chuck Schuldiner...