Black Inside: into the darkness

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I Black Inside suonano classic metal, e di questi tempi non è una grande novità, ma lo fanno con una peculiarità che li munisce di una “marcia in più” rispetto a tanti loro colleghi: un’impressionante miscela d’impeto e consapevolezza.
Un gruppo, insomma, che conosce, ha capito e rielaborato il “concetto” così bene da rendere “The Weigher of Souls”, il suo recente full-length d’esordio, una vitale lezione di “storia” metallica riletta con gli occhi attenti di un “discepolo” sagace e ricco di temperamento.
Ne parliamo con Luigi Martino, brillante voce della band partenopea …

Ciao Luigi! Innanzi tutto benvenuto sulle pagine virtuali di metal.it e poi complimenti a te e a tutti i Black Inside per il vostro eccellente “The Weigher of Souls”. Iniziamo proprio dalla denominazione collettiva che avete scelto, alla quale mi sa tanto sei particolarmente legato (ricordo un demo dei Jackal con questo titolo …) … raccontaci tutto in merito al vostro essere “neri dentro” …
Ciao Marco! Innanzitutto grazie per l’opportunità che ci offri, è davvero importante per noi avere quante più occasioni possibili per veicolare TWOS … il monicker Black Inside è una mia idea, un concetto che come tu ricordavi era anche il titolo di un demo di una mia precedente band, quindi il buio, il concetto d’ignoto, la necessità di trovare dentro di sé le risposte, le motivazioni per continuare a combattere, perché a volte, sempre più spesso, vivere è una sfida.
Anche il titolo dell’albo è abbastanza particolare … a cosa si riferisce?
The Weigher of Souls è un mito egizio; Osiride dio dell’oltretomba, decide pesando i cuori dei defunti chi merita di vivere oltre la morte e chi invece sarà divorato dal demone Ammit, il cuore sede dell’anima viene posto sul piatto di una bilancia sull’altro piatto una piuma … nel brano è narrata l’epopea di Seth ed Horus, la rabbia, la furia e la voglia di vendetta di Osiride, fino allo scontro finale tra i due eserciti che poi è anche l’immagine scelta per l’artwork … i più attenti noteranno che capovolgendo la copertina si evidenzia la bilancia di Osiride.
A questo punto, per completare la “conoscenza”, mancherebbe qualche dettaglio sulla “storia” del gruppo …
La band nasce nel 2009 come tributo ai Black Sabbath dopo circa un anno, sento la necessità di ritornare a fare musica “vera” e lascio la band per mettere su un nuovo progetto, molto fortunatamente mi seguono anche Alex Amoddio ed Enzo Arato rispettivamente basso e batteria, a gennaio 2011 nascono i nuovi Black Inside con l’ingresso di Peppe Pandolfi alla chitarra e a maggio dello stesso anno la formazione si completa con Brian Russo. Con questa formazione ad agosto 2011 registriamo un EP autoprodotto “Servant Of The Servants” segue una discreta attività live per promuovere la band e la nostra musica, nella primavera del 2012 Alex Amoddio lascia per motivi strettamente personali … è un duro colpo per la band perché Alex oltre ad essere una persona limpida e bella aveva un “peso” importante sotto il profilo compositivo. La band si ricompatta definitivamente con Vincenzo La Tegola che subentra e debutta con la band in occasione di una serata di supporto ai texani Phantom X. Alla fine dell’anno 2012 cominciano le registrazioni di TWOS … decidiamo di fare un investimento importante in termine di produzione e post, alla lunga questa scelta sta pagando, è opinione di molti che il disco suoni davvero potente ed equilibrato.
I Black Sabbath, soprattutto, ma poi anche Candelmass, Metallica, Maiden e Saxon, sembrano costituire le principali pietre miliari del vostro percorso formativo … confermi l’impressione? E quali ritieni siano le caratteristiche principali dei Black Inside?
Hai colto nel segno, i riferimenti da un punto di vista strettamente didascalico sono quelli che hai citato, ma anche un approccio seventies che può fare ogni tanto capolino nei nostri brani, direi più in generale la scena “britannica” un certo modo british di intendere il rock, atmosfera, utilizzo delle armonie, la ricerca di melodie che siano espressione di quello che si sta provando a raccontare. Ci piace pensare di essere riusciti con TWOS a creare della musica che sia figlia del passato e di queste grandissime band che hai citato, ma che abbia anche una forte connotazione personale, che sia insomma stata filtrata dalla nostra personalità e sensibilità. Credo che i caratteri fondamentali della band siano la potenza, il furore, e la ricerca della melodia.
Addentrandoci brevemente nei contenuti del disco, mi piacerebbe che approfondissi per noi, anche sotto il profilo delle liriche, “Servant of the servants”, “Caronte” e “Getsemani suite”, tre pezzi che ritengo piuttosto significativi nell’economia dell’albo …
Mi occupo io dei testi, sono felice tu abbia colto che i testi di TWOS sono un tentativo, spero riuscito, di esprimere concetti che abbiano una valenza importante ai fini dell’economia del brano e abbastanza lontani dalla classica iconografia metal, eccezione fatta per “Fast as a Bullet”. I testi sono preceduti da un “incipit” che cerca di “spiegare” il senso spesso recondito delle liriche che seguono, questo a riprova del fatto che TWOS va ascoltato ma anche letto …”Servant Of The Servants” è un grido rabbioso e disperato contro la meschinità, contro le bassezze morali, l’alienazione che regna nelle grandi aziende dove i lavoratori sono numeri senza anima, un microcosmo di servi sciocchi pronti a piegarsi e a vendere la propria dignità per una compiacenza, uno scatto di carriera.“Caronte” è un racconto che prende spunto dalla traversata dalle anime dannate dalla riva dell’Acheronte verso il regno dei morti e verso il giudizio di Cerbero, ma vuole essere anche una metafora del “viaggio” della vita, di come spesso non siamo noi che decidiamo il nostro percorso, ma siamo vittime di sistemi e sovrastrutture che ci condizionano ci ingabbiano rendendoci povere anime legate da un filo sottile a quello che era il sogno di una vita solo immaginata. “Getsemani” esamina la natura umana di Gesù Cristo, la tentazione, la sofferenza, la paura della morte, un argomento complesso perché riveste anche concetti prettamente aleatori quali la fede e la professione di un credo religioso, il testo narra il punto di vista di Cristo in prima persona, una visione terrena e umana di questo personaggio, comunque centrale alla storia dell’intera umanità.
Scorrendo la tracklist, non posso, poi, esimermi dal chiederti qualcosa anche su “After the pain”, per quanto mi riguarda un’efficacissima celebrazione del Sabba Nero …
“After The Pain” è una menzogna reiterata, la speranza spesso disillusa di fuggire dalla depressione, una lotta impari. Spesso chi soffre del “mal d’anima” s’illude di essere guarito per poi piombare nuovamente nel baratro dell’oscurità e della disperazione, sostanzialmente nel pezzo si parla di disforia. Il brano dal punto di vista musicale è davvero molto bello e vario ricco di melodia con un sapore anni 70 nelle strofe e un finale davvero NWOBHM. Il mio pezzo preferito.
“The Weigher of Souls” esce per la Underground Symphony Records, nota per la sua competenza e per un approccio alla materia passionale e istintivo … come siete entrati in contatto con la label di Maurizio Chiarello e come giudichi il lavoro svolto finora?
Underground Symphony non la scopriamo sicuramente oggi, etichetta storica, competente, professionale, per come conosco e sto conoscendo io Maurizio Chiarello credo davvero sia difficile riuscire a parlarne male, una persona molto seria, molto onesta intellettualmente … i Black Inside hanno grande stima di Maurizio e di Underground Symphony.
Nel flier promozionale allegato al disco, sottolineate con (condivisibile) fierezza la vostra “maturità” … e allora la domanda, come dire, “sorge spontanea” … cosa spinge degli individui “adulti” a “sbattersi” ancora (e con un entusiasmo da “pischelli”, peraltro!) a suonare (ma la stessa cosa potrebbe valere anche per “scrivere di” … :) ) metal, in un mondo che ci vorrebbe tutti frenetici managers, impegnati in ben altre, più responsabili e redditizie attività?
Domanda da un milione di euro … è una necessità quasi fisica, un bisogno ancestrale, tanti cominciano a suonare uno strumento a 15/16 anni, pochi mettono su famiglia, si assumono responsabilità e continuano comunque a portare avanti progetti musicali, credimi Marco, tra mille difficolta e grossi sacrifici. Le soddisfazioni sono davvero poche per chi come noi ha deciso di suonare per dare voce alla propria passione, dare voce al mondo che si porta dentro, senza opportunismo e senza compromessi, ma quando provi a smettere, ti rendi conto che proprio non puoi farne a meno perché la musica è una forza indomabile che non puoi assoggettare, una forza enorme che ti fa vivere un sogno, una compagna leale in un mondo finto. E comunque la vecchiaia comincia a palesarsi!! :)
A parte l’ironia, quale credi sia il vero elemento di distinzione del “metal classico”, capace di attirare così tante generazioni diverse di rockofili? Il rinnovato interesse ottenuto dal genere è legato solo a fenomeni “naturali” di ciclicità nei gusti del pubblico, alle mode o magari c’è dell’altro?
Il classic metal, che è la musica che suonano i Black Inside, credo trova i suoi canoni fondamentali in una visione romantica e decadente delle proprie emozioni e nella necessità di esprimerle con forza ed epico furore, un groove che parte da lontano e che non si riesce a tenere a bada … posso aggiungere un modo di strisciare tra la gente “normale” senza confondersi mai …
Imprescindibile questione live … quali sono le prospettive da questo punto di vista? E quali sono i prossimi passi che vi apprestate a compiere?
La nostra città offre uno scenario desolante e semplicemente mortificante, tante valide band tanta passione e tanto sacrificio, il contraltare è zero supporto da parte di chi crede che mettere una maglietta degli Iron Maiden sia una moda intramontabile e basta di chi è pronto a sputare merda su chiunque, gente che gira da decenni in città conciata come pagliacci e che non ho mai visto a una sola serata … peraltro la città sconta un periodo di “oscurantismo medievale” di grande crisi morale e culturale afflitta da mille problemi che peraltro sono sotto gli occhi di tutti. Quello che mi fa rabbrividire è l’assoluta narcosi emozionale ed emotiva che colpisce i giovani, adolescenti rintronati da smart phone e social network che gli stanno fottendo inesorabilmente il periodo più puro della vita. Black Inside si fa come tante altre band il culo per cercare di suonare il più possibile soprattutto ora che stiamo provando a veicolare TWOS, con l’aiuto anche della Valahalla Agency, stiamo valutando la possibilità di suonare e proporre la nostra musica oltre confine … non è facile, ma ne stiamo parlando concretamente, la situazione in questo paese non è poi tanto migliore di quella partenopea, perlomeno non più come una volta.
Nell’ambito del variopinto mondo dell’hard n’ heavy, la scena napoletana si è spesso distinta (con nomi storici del calibro di Strike, Loadstar, Marshall …) in maniera piuttosto rilevante … nonostante le difficoltà di cui sopra, come valuti complessivamente lo stato di salute attuale del “metallo partenopeo”?
Parli di band che conosco molto bene … conosco molti dei ragazzi cui non posso non riconoscere grande onestà di animo e grande passione, ma ci sono anche oggi ottime band, penso a In Aevum Agere, Poemisia, Last Frontiers e Heavenshine, Evil Never Dies, tutte band che hanno raggiunto durante l’anno che volge al termine un contratto discografico e che si mettono in gioco quotidianamente con sacrificio e con poche risorse, ma con grande tenacia, mi ripeto mancano strutture, ma soprattutto manca un pubblico, quella che non manca è la rabbia e la voglia di cambiare le cose.
Abbiamo parlato di Black Sabbath e in fase di recensione, per cercare di illustrare l’essenza dei Black Inside, ho “rubato” le parole che Ian Christe, nel suo interessante “Sound of the beast”, utilizza per definire gli esordi dei maestri di Birmingham … sono curioso di sapere la tua opinione, se l’hai letto, sul libro e poi anche su “13”, che invece sono sicuro avrai già “consumato” …
Corro a comprarmi il libro che ho ”mancato” clamorosamente!! “13” è un capolavoro … anacronistico, ossianico, granitico, questi tre aggettivi li tengo stampati a fuoco in testa da quando l’ho ascoltato, parliamo di una band seminale tutto nasce dai Black Sabbath, il concetto di metal è tutto condensato in dischi come “Master of reality”, “Sabotage”, “Heaven and Hell” sono pietre miliari che hanno gettato le basi per tutto quello che è venuto dopo, fino al Death Metal al Black con i suoi numerosi sottogeneri. Ho trovato il disco stupendo, onesto, senza compromessi … i Black Sabbath sono un mondo a parte se hai la sensibilità per scivolare tra le pieghe dei loro brani bene, viceversa ne rimani fuori … a loro interessa raccontare la loro “storia”, il concetto di musica/racconto è tipico degli anni 70 ed è un modo di intendere la musica che io sposo in pieno.
Siamo alla fine … nel ringraziarti per la disponibilità e nel rinnovarti i complimenti per il vostro lavoro, ti chiedo di concludere con un saluto speciale per i lettori di metal.it …
I Black Inside ringraziano te Marco, per l’opportunità che ci hai offerto e anche per il tuo entusiasmo che è una risorsa importante che tutti dovrebbero coltivare e far crescere, entusiasmo per le proprie passioni e per le proprie idee … ai ragazzi dico visitate la nostra pagina si FB, ascoltate il nostro promo e date una chance alla buona musica anche quella italiana, TWOS è disponibile in formato fisico sul sito della Underground Symphony record e su itunes e Amazon in digitale. Non fatevi condizionare! “Sporcatevi le mani” ascoltate le band Italiane, pensate con la vostra testa! Siate entusiasti e buttate al cesso tutti i preconcetti del cazzo!
THAT’S METAL!
Intervista a cura di Marco Aimasso

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