The Aristocrats: "Lasciatevi alle spalle i vostri limiti"

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Se qualche mese fa mi avessero detto che mi sarei trovato seduto su un divano con Bryan Beller, Guthrie Govan e Marco Minnemann, probabilmente sarei scoppiato a ridere. Ma a volte i sogni si avverano! Ecco il resoconto di una piacevolissima (e corposa) chiacchierata pre-concerto con uno dei trii strumentali più acclamati degli ultimi anni. Buona lettura!

Ciao ragazzi e benvenuti su Metal.it. Come stanno andando le cose in Italia?
Bryan: Benone! Finora abbiamo fatto solo due date, una “epica” a Genova e una al Blue Note di Milano, entrambe sold out, speriamo di andare avanti così!
Come ci si sente a suonare in un locale leggendario come il Blue Note?
Marco: “Blue!” (risate, ndr)
Bryan: È stata una figata ma credo che al Blue Note siano abituati a band meno “chiassose” di noi...
Ah, ah! Credo anch’io, è un locale che amo tantissimo. Parliamo dell’ultimo lavoro “Tres Caballeros”: l’impressione che ho avuto ascoltandolo è che abbiate voluto in qualche modo tributare la tradizione musicale americana. Siete d’accordo?
Bryan: Non era nostra intenzione ma devo riconoscere che sono “colpevole” di aver scritto due brani molto "americani"… è stata comunque una coincidenza, così come la scelta del titolo del’album. Volevamo che avesse a che fare con il numero tre, ci siamo scambiati una serie di mail e Marco, grazie a un suo amico spagnolo, se ne è venuto fuori con l'idea di "Tres Caballeros".
Guthrie: Anch'io mi ritengo “colpevole” in quanto le influenze bluegrass o hillbilly si sentono distintamente anche se il tutto suona come una sorta di "pastiche". Ci tengo comunque a precisare che noi scriviamo indipendentemente l'uno dall'altro, non ci sono discussioni a tavolino prima di iniziare la stesura di un disco, arriviamo con il nostro materiale e poi lo arrangiamo insieme: a maggior ragione le influenze americane di cui parli sono totalmente non intenzionali.
Bryan: Sfortuna ha voluto che le tre canzoni più americane che abbiamo mai scritto finissero tutte sullo stesso album! (risate, ndr)
Quando si parla di The Aristocrats le aspettative di chi vi ascolta sono sempre molto elevate: vi mette pressione questa cosa?
Marco: A dire il vero non proviamo nessuna pressione sul palco, ci divertiamo sempre!
Guthrie: È un nostro "standard personale" che desideriamo mantenere, siamo felici di suonare insieme e cerchiamo di dare il meglio di noi stessi sul palco. Ovviamente c'è una "pressione professionale" dovuta al fatto che ci teniamo a fare bene quello che facciamo.
Bryan: Ti dirò, dopo il buon riscontro del secondo disco devo dire che un po' di pressione, compositivamente parlando, l'ho provata. Il tour di "Culture Clash" ci ha portati in giro per il mondo per la prima volta e sapevamo che le nuove canzoni sarebbero a loro volta state suonate il tutto il mondo e in effetti "it’s weird". Poi alla fine bisogna non pensarci troppo e buttarsi a capofitto nella musica perché è quello che conta.
Perché avete deciso di fondare una vostra etichetta, la “Boing! Music”?
Bryan: Perché ci piace guadagnare soldi! (ride, ndr) Seriamente, che vantaggi avrebbe potuto offrirci un’altra etichetta discografica nel mercato odierno? Per tutti coloro interessati a produrre musica, mi raccomando, non cedete a nessuno i diritti della vostra musica. Trovate i soldi altrove, chiedete ad amici, ai familiari. Una volta solo le etichette discografiche avevano la possibilità di produrre un disco perché i dischi erano molto costosi e sulle vendite l'artista guadagnava comunque solo pochi spiccioli. Oggi fare un disco costa molto meno, per cui fatevelo da voi e se avrete successo ne trarrete anche un guadagno, come poi è giusto che sia!
Come si è evoluto il vostro modo di comporre negli anni?
Marco: La prima volta che ci siamo incontrati abbiamo cominciato provando canzoni del nostro vecchio repertorio ed è dall'approccio di quelle prime prove che poi è nato il primo disco; abbiamo scritto autonomamente i brani, li abbiamo provati, li abbiamo registrati e poi li abbiamo portati sul palco. Con "Culture Clash" avevamo capito come "scrivere l'uno per l'altro" e quali erano i nostri punti di forza. Con "Tres Caballeros" il processo è stato inverso, abbiamo prima proposto dal vivo il materiale e poi siamo andati in studio a registrarlo.
Guthrie: Negli anni il processo compositivo è sempre stato lo stesso, lo abbiamo solo rifinito un po'.
Da dove viene l’ispirazione per un brano?
Bryan: Per ognuno di noi è diverso ed è diverso per ogni canzone…
Marco: A volte trovo un riff che mi piace o che suona bene alle mie orecchie, e cerco di tirarne fuori qualcosa, altre volte mi concentro su uno stile, come nel caso di "Stupid 7", dove volevo comporre qualcosa che suonasse "punk". Di solito non ragiono per "obiettivi", è più una specie di colonna sonora a qualcosa.
Guthrie: Quando cerco di “produrre arte” mi piace l'idea di “intuire” quello che sento senza farmi troppe domande. Ai tempi dell'università studiavo letteratura, e all’epoca avevo già letto molti libri e apprezzato tanti capolavori; all'università però non bastava leggere per il gusto di farlo, c'era da capire a tutti i costi il perché piacesse. Penso che per la musica sia meglio non chiedersi troppo da dove vengono le idee: meno è conscio il processo più sei libero di creare qualcosa.
Bryan: Per me è il contrario! Quando scrivo mi pongo un obiettivo, una missione: ho una storia nella testa, penso a un titolo, come nel caso di "Texas Crazypants" o "Smuggler's Corridor", cerco di immaginare un contesto e cerco di andare il più vicino possibile al bersaglio. "Sparando" non è detto che centri perfettamente l'obiettivo, ma miro lì, poi quel che succede va comunque bene, purché appartenga al contesto.
Cosa mi dite del vostro setup? Negli anni è cambiato o è rimasto sostanzialmente il medesimo?
Marco: Il mio sta aumentando andando avanti con gli anni! (ride, ndr)
Bryan: Per quanto mi riguarda non è cambiato molto.
Guthrie: A dire il vero il mio è leggermente più piccolo; sul nuovo album ci sono molte sonorità chitarristiche diverse e, per portare tutti gli effetti dal vivo, avrei avuto bisogno di una pedaliera grande come questa stanza. Ho quindi optato per una "all-in-one digital box" che occupa poco spazio sul palco e costa meno quando voliamo! (ride, ndr)
Cosa ascoltano The Aristocrats nel tempo libero (ammesso che ne abbiano)?
Bryan: Io faccio fatica a trovare il tempo di "scovare" nuova musica, generalmente qualcuno mi suggerisce qualcosa e mi dice "dovresti ascoltare questo!". La settimana scorsa sono incappato in una band chiamata Beauty Pill, e non li avevo mai sentiti prima: sono un incrocio tra i Soul Coughing e … (clip nella registrazione, ndr). Comunque a volte sento anche il bisogno di staccare dalla musica…
Marco: Tutto ciò che suona puro e onesto per me è ok! Ovviamente ho delle band preferite come Queen, Police, Led Zeppelin, Frank Zappa... A Natale ero dai miei genitori e mio padre ha messo un dvd di un concerto dei B52's e ho pensato "che figata!". Mi sono andato a cercare qualche vecchio disco del loro catalogo, roba davvero interessante. Li conosci (guardando Bryan, ndr)?
Bryan: Qualcosa, non tutto, mi sembrano una band un po' "barocca"…
Marco: Vero, però ti assicuro che ci sono delle cose veramente "cool"! Beh che altro, mi piace Kate Bush, Ryuichi Sakamoto… L'ultima cosa che ho sentito è stata "Blackstar" di David Bowie, grande album.
Bryan: Sì, davvero un grande album!
Guthrie: La cosa importante per i miei ascolti è che non si tratti di musica troppo complicata fatta di “assoli veloci di chitarra distorta”, qualcosa che non abbia a che fare con il "lavoro". Le ultime cose che ho sentito sono la "Serenata per tenore, corno e archi" di Benjamin Britten e "Rubber Soul" dei Beatles.
Siete riconosciuti come tre dei migliori musicisti sul pianeta: quali sono le caratteristiche del perfetto session-man al giorno d’oggi?
Guthrie: Ora mi sento sotto pressione! (risate di tutti e tre, ndr)
Marco: Può voler dire essere un buon "compagno di viaggio", non ci ho mai pensato veramente... amo creare musica, forse è l'unica cosa che so fare, non so nemmeno preparare un pasto decente, anche se c'ho provato (ride, ndr)! È difficile da spiegare. La mia vita è piena di musica, mi fa sentire al sicuro, quando suono quello che c'è intorno scompare, non conta: suonare dal vivo e registrare in studio per me sono attività quasi "zen", mi fanno stare bene.
Guthrie: È difficile da definire. Ricordo una citazione di Lily Armstrong sullo swing che diceva "se non sai cos'è non ce l'hai affatto", quindi se non sai come essere un musicista probabilmente stai agendo nel modo sbagliato. Per essere un buon session-man credo che si debba avere prima di tutto una buona personalità, devi conoscere bene il tuo setup, sapere come ottenere suoni diversi; devi abbandonare il tuo ego ed essere in grado di valorizzare il lavoro la registrazione di qualcun altro. Se sei un session-man difficilmente verrai ricordato per tutto quello che hai fatto, la maggior parte delle volte devi suonare qualcosa di "anonimo" che va bene al produttore. Non riesco a farlo tutte le volte, non è sempre facile "non essere" te stesso! (ride, ndr)
Bryan: Mi spiace essere sempre il “bastian contrario” della situazione (ride, ndr), ma vorrei dire due cose. Tralasciando la premessa dei "migliori musicisti sul pianeta" le regole, secondo me, sono: continua a fare quello che ti piace e mostralo agli altri. Non puoi sapere cosa accadrà il prossimo mese o il prossimo anno, il contesto può cambiare radicalmente. Mi sembra tuttora molto improbabile fare parte di questa band, pensando alla mia carriera di 10/20 anni fa non avrei mai pensato di essere il bassista di questo "super-trio" o come lo si vuole chiamare. Molta gente ha un'immagine di sé "bianca o nera" ma ciò che mi sento di dire è: lasciatevi alle spalle i vostri limiti, fate ciò che vi piace e mostratelo agli altri, non potete sapere cosa accadrà domani. Nessuno di noi sapeva quello che sarebbe successo e nessuno l'aveva pianificato (e io sono un grande pianificatore): il futuro è imprevedibile.
Immaginate che una persona non abbia mai sentito la vostra musica: riuscireste a consigliare tre canzoni dai vostri dischi con cui iniziare?
Marco: Ci stai chiedendo di fare un EP dei nostri album (ride, ndr)?
Bryan: È come chiedere quale dei tuoi figli ami di più e se ne scegli uno gli altri ti chiedono "perchè?" (imitando la voce di un bambino, ndr)
Guthrie: La domanda giusta era: "Scegli 3 tra questi 3 album!" (ridono tutti, ndr)
Una provocazione. L’impressione e che le parti di tastiera vadano aumentando di album in album: avete mai pensato di aggiungere alla formazione un tastierista di ruolo?
Marco: Amo le tastiere.. quando scrivo non mi pongo problemi di organico, mi piace solo scrivere canzoni, e a un certo punto mi trovo con un insieme di canzoni che possono finire nel repertorio di The Aristocrats, nei miei solo-album, ecc. A volte penso a delle parti che non sono "traducibili" sui nostri strumenti e allora mi ingegno per riprodurle anche dal vivo. Dopo vedrai che ho programmato una piccola parte di tastiera sul mio iPhone e la suonerò mentre suono la batteria. (sul finale del brano “Pressure Relief”, ndr)
Bryan: Non ci ha ancora detto Marco cos'è la cosa che preferisci dei tastieristi (ridendo, ndr)…
Marco: Ah beh, sono come i preservativi, ti senti più sicuro quando ci sono ma ti diverti molto di più senza (ridono tutti, ndr)! Scherzi a parte, band come i Kraftwerk, i Nine Inch Nails, i Rush sono piene di parti tastieristiche interessanti, "Grace Under Pressure" e "Signals" erano zeppi di belle tastiere.
Guthrie: A onor del vero non ci sono tutte questi parti di tastiera nelle nostre canzoni...
Bryan: Ma in effetti in questo disco ce ne sono un po' più del solito...
Marco: Sono comunque delle sovraincisioni, supportano la musica più che essere delle parti di spicco.
Quali sono i prossimi appuntamenti per la band? Cosa bolle in pentola?
Bryan: Sarà un anno molto intenso, oltre a The Aristocrats io e Marco saremo impegnati nuovamente sul palco con Joe Satriani, Guthrie suonerà con Hans Zimmer e con la sua band, poi l'Asia, il Sud America.. insomma un sacco di viaggi e di concerti!
Bene gente, grazie per la chiacchierata! Volete lasciare un messaggio per i nostri lettori?
Guthrie (con voce “maschia ed epica”, ndr): Continuate a leggere Metal.it! (ridono tutti, ndr)
Intervista a cura di Gabriele Marangoni

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