Vent’anni e non sentirli: ecco un altro titolo che non avrebbe sfigurato nell’introdurre i Gazpacho, giunti al ragguardevole traguardo del decimo album in studio. Ce ne parla Thomas Andersen, tastierista della band (senza mai scomodare la parola “prog”)…
Iniziamo con una domanda complessa: ormai fate musica da molto tempo, come si è evoluto il vostro sound dalle origini a oggi? E il vostro modo di scrivere musica?
Diventa un po’ difficile dopo dieci album reinventare il proprio sound! Onestamente, quando iniziamo a scrivere un brano, tendiamo a essere molto distanti dalla nostra “zona di comfort”. Alla fine però sappiamo che in qualche strano e magico modo il tutto si trasformerà in un brano “alla
Gazpacho”.
“Soyuz” originariamente era molto “techno” dal punto di vista musicale, ma è cambiato parecchio nel tempo. Potremmo provare a fare il prossimo album in chiave jazz per vedere dove ci porta!
(ride, ndr)La vostra musica è stata definita "classical post ambient nocturnal atmospheric neo-progressive folk world rock": trovate che sia un'etichetta ancora valida?
Lo è, ma è un po’ lunga. Quindi direi che anche “art rock” è una descrizione adeguata.
Ho trovato il sound di "Soyuz" molto teatrale e drammatico: sbaglio?
Lo è, un po’ come tutti i nostri album. Credo che questa volta però non stiamo cercando di distruggere il mondo come abbiamo fatto con il precedente
“Molok”. Penso che sia legato al passare del tempo, all’osservazione di quei momenti speciali che scorrono e che non puoi rivivere nel futuro. Questi “momenti Kodak” diventano rilevanti quando hai dei figli, almeno secondo me. Così abbiamo cominciato a giocare con l’idea: cosa accadrebbe se qualcuno fosse in grado di congelare la propria esistenza in un momento a sua scelta mentre il resto del mondo va avanti? Vedrebbe distruggersi tutto intorno a sé, vedrebbe il mondo collassare, e probabilmente sarebbe coinvolto suo malgrado nell’intero processo.
Ti va di parlare dei testi di "Soyuz"? Si tratta di un concept album?
Sono una serie di storie legate tra loro.
“Soyuz One” parla del cosmonauta
Komarov che ha deciso di guidare la sua flotta sapendo perfettamente che nessuno sarebbe sopravvissuto a quel viaggio, bloccato nella sua capsula del tempo.
“Sky Burial” parla di una coppia il cui figlio si è perso facendo trekking nell’Himalaya: i genitori stavano a casa immobili in attesa di una telefonata, sua, di possibili sequestratori o della polizia. Il bambino non venne mai trovato, probabilmente è ancora lassù congelato.
“Emperor Bespoke” parla dell’antico artigianato europeo che sfocia nel mondo commerciale brandizzato di oggi. Un prodotto e il suo brand non sono più la stessa cosa, l’oggetto ha perso di significato ed è rimasto anch’esso “congelato”. L’elenco potrebbe proseguire, ma come vedi sono tutte situazioni in cui il bloccarsi di qualcosa è legato al proseguire di qualcos’altro.
Ormai fate parte della famiglia Kscope da diverso tempo: siete soddisfatti del vostro rapporto con la label?
Erano nelle retrovie ai tempi di
“Tick Tock”, ma decisero di attendere un attimo, probabilmente perché stavano cercando di reinventarsi come etichetta discografica specializzata. Come tutte le altre etichette hanno dovuto ripensare a come vendere musica, dato che virtualmente tutti scaricano o ascoltano brani in streaming – legalmente o meno. Hanno comunque trovato un gruppo di persone che sanno apprezzare il supporto fisico, la presenza di un booklet, un vinile, e sono disposti a pagare per questo. È un’etichetta per gli appassionati di musica “reale”, che puoi toccare con mano, ed è per questo che ci hanno accolto e ne siamo molto felici. Ci capiscono e noi capiamo loro. Non subiamo mai pressioni perché vogliono una hit – anche perché non saremmo in grado! Si rivolgono a noi come artisti.
C'è qualcuno con cui vi piacerebbe collaborare in futuro?
Tempo permettendo, ci piacerebbe molto lavorare con altri artisti. Ma c’è il problema che la musica non è la nostra attività principale, è più un “hobby molto serio”. Quindi mettere nell’equazione musica, vita di tutti giorni, lavoro e famiglia, starebbe a significare che le ore di una giornata non bastano
(ride, ndr)! Certamente se i
Gazpacho richiedessero meno tempo, si libererebbe tempo per altri progetti, per cui chissà… anche se penso che ci si debba aspettare ancora molto dalla band.
Com'è la scena progressiva in Norvegia?
Si sta muovendo, senza dubbio. Anche nel mio paese, una comunità di 7.000 persone, ci sono festival prog e band piuttosto famose - all’interno del nostro genere ovviamente.
Cosa ascoltano i Gazpacho quando non suonano?
Anche il silenzio e la natura non sono male ogni tanto
(ride, ndr)! Ascoltiamo tutti cose molto diverse, per cui è difficile dare una risposta univoca. Prova a dare un’occhiata su Facebook e alle nostre playlist di Spotify e capirai!
Sembra che oggi sia sempre più difficile per il pubblico ascoltare un album intero e preferisca l'approccio audiovisivo "una canzone alla volta" di YouTube e simili: qual è la tua opinione a riguardo?
Le cose hanno bisogno di andare più veloci nel mondo odierno, lo capisco. Quello che stiamo provando a dire come band è che se hai un’ora libera, mentre guidi, vai in bicicletta, o la notte quando tutti sono andati letto, forse la nostra musica susciterà in te nuove emozioni e nuovi pensieri. Non la definirei terapeutica, ma la musica sa di certo essere cinematografica e rappresentativa di certe sensazioni, magari vicine alle tue - meglio se dopo un bel bicchiere di vino - e ti può aiutare nel realizzare quello che provi.
Grazie Thomas, a te lo spazio per la chiusura...
Ci piacerebbe venire in tour in Italia, ma penso che economicamente per noi non sarebbe sostenibile dato che non abbiamo abbastanza fan nel sud dell’Europa. Che abbia a che fare con il nostro nome
(ride, ndr)?