Aldi dallo Spazio: il bello di essere “Aldi” …

Considero “Quasar”, il debutto discografico degli Aldi dallo Spazio, una delle sorprese “progressive” più intriganti di questo 2019, che rischiavo di lasciarmi sfuggire, se non fosse intervenuta l’opera competente e lungimirante della Jolly Roger Records a farle acquisire (il disco era stato pubblicato nel 2017 in forma autoprodotta) una maggiore visibilità e completezza sonora.
Difficile non rimanere affascinati da un album che appare un vitale e visionario trionfo di valori musicali intramontabili, in contrasto con le mode del “cerebrale” ad ogni costo o alle sterili imitazioni dei maestri del genere … da qui, grazie all’estrema disponibilità dei protagonisti, il passo verso un necessario e doveroso approfondimento è stato breve e, almeno per quanto mi riguarda, molto “illuminante”, confermando per il giovane gruppo italiano un ruolo da valoroso e sagace “emergente”, dalle enormi prospettive.

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Ciao ragazzi, benvenuti su Metal.it e complimenti per il vostro eccellente “QuasAr”, per quanto mi riguarda una grandissima e graditissima sorpresa.
Direi, come di consueto per degli esordienti sulle nostre pagine “virtuali”, d’iniziare con una breve scheda di presentazione della band …
Grazie mille, siamo onorati di essere stati invitati dal vostro magazine.
Gli Aldi dallo Spazio sono nati da una spinta che ci accomunava tutti. Abbiamo sentito il bisogno di dare un senso alle jam fuori da scuola, dato che siamo praticamente cresciuti insieme, e ci siamo buttati a capofitto in una pazzia come un concept album.
QuasAr” è nato, infatti, dalla necessità di creare qualcosa di personale, che riflettesse il nostro impellente bisogno di empatia e di condivisione delle domande e delle ambizioni che tutti i giovani (e meno) adulti si trovano ad affrontare.
… per poi passare subito dopo a chiedervi di raccontarci qualcosa sulla vostra singolare e fascinosa denominazione …
Abbiamo optato per qualcosa che legasse tutti i membri del gruppo e che potesse rimandare al tipo di musica che proponiamo, quella dallo Spazio. Aldo è un epiteto (nomignolo che da sempre usiamo tra di noi scherzosamente) che è diventato un archetipo: è Aldo chi si sa emozionare, chi ancora sente stringersi le budella e si lascia trasportare dall'immaginazione e dalla fisicità della musica. Ah, Aldi è anche l’acronimo di Awesome Lysergic Dream Innovation!

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Il disco era uscito in forma autoprodotta alla fine del 2017, ma se la Jolly Roger Records non avesse deciso di pubblicarlo nuovamente quest’anno, remixato e rimasterizzato, probabilmente non avrei avuto l’opportunità di conoscerlo, perdendomi qualcosa d’importante … a questo punto, sono molto curioso di sapere com’è nata questa proficua collaborazione …
E’ stata in realtà JRR a contattarci, grazie anche all'aiuto di alcuni appassionati veri (se state leggendo sapete chi siete, vi ringraziamo col cuore) che hanno abbracciato il messaggio del nostro album e ci hanno suggerito tra i tanti anche a JRR: quando siamo stati contattati abbiamo capito che poteva essere l’occasione per dare al disco quei ritocchi di fino che potessero farlo rendere al meglio, ma che al tempo della prima uscita non avevamo avuto le risorse per fare. In particolare un mastering che potesse renderlo competitivo ...
La scuola più nobile del nostro prog, quella di PFM e New Trolls, condivide con Pink Floyd, Yes, Genesis, Tangerine Dream e Hendrix l’onore e l’onere del background “formativo” di “QuasAr”, ottenendo un risultato tanto iridescente quanto affascinante … quali sono le peculiarità espressive che deve avere un artista per essere un vs. “buon maestro”? Ce n’è qualcuno di particolarmente influente per voi che non è stato citato? E ancora, quanto pensate sia utile per un gruppo musicale costruirsi un bagaglio artistico il più possibile ampio e diversificato?
Ce ne sarebbero tanti da citare, ma nonostante le nostre ispirazioni e il nostro primo amore sia ben alla luce del sole ci sono tante influenze inconsce (qualcuno su metal.it batta un colpo per Battisti), di tutto quello che abbiamo ascoltato nella vita che inevitabilmente si riversa in quello che scriviamo. Ci piace ascoltare tanta musica diversa, perché se è sincera puoi sempre trovarci qualcosa da portare con te nonostante sia fuori da tuo orizzonte musicale, per spingere quell'orizzonte un po' più in là.
Ascoltando l’albo si “respira” un’atmosfera di estrema libertà, ispirazione e creatività, il tutto assoggettato al concetto superiore della “forma-canzone” … sono questi gli obiettivi che vi prefiggete nella fase di stesura dei vostri brani? Come nasce un pezzo degli Aldi Dallo Spazio?
Volevamo unire due anime differenti in questo progetto: da una parte la passione per le jam band come Cream, Grateful Dead o Phish, dall’altra per il progressive dei Genesis, Yes e PFM. Volevamo quindi dei pezzi che raccontassero una storia che necessariamente necessita una pianificazione, ma anche lasciarci lo spazio per lasciarci andare e cercare le melodie nell’aria nel momento. Nessuno dei brani comunque è a se stante: ci piaceva l’idea di raccontare una storia, una sorta di percorso: ogni canzone suggerisce metaforicamente un momento emotivo, in cui chiunque si può identificare nel corso della sua storia personale. Ognuno può trovare in ogni brano quel momento che lo lega a quella sensazione, sia questa rassegnazione, voglia di libertà, vittoria o consapevolezza.

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A completamento di un’opera molto accurata, anche la veste grafica del disco è parecchio intrigante e originale … cosa ci potete dire in merito?
L’artwork è un’idea di Federico “Espo” Espositi, un amico di lunga data: sapendo del suo estro gli abbiamo fatto ascoltare qualche estratto quando “QuasAr” era ancora in fase di registrazione. Quando ci ha mostrato il risultato, abbiamo pensato che potesse essere lo stile perfetto per accompagnare il suono dell’album. Non solo per lo stile: il disegno stesso della copertina frontale, la “grande madre”, fautrice di creazione e distruzione, è perfettamente rappresentativo del messaggio metaforico dell’album, seppur in modo ermetico ma aperto alla libera interpretazione. A lui rimarremo sempre grati per averci fatto questo regalo.
Inderogabile questione live-show … ci ragguagliate sulle prospettive in questo senso? Quanto è importante per voi questo tipo di contatto “reale” con il pubblico, in un’epoca fatta di social media e di rapporti “virtuali”?
Dobbiamo ammettere di non essere (a nostro scapito, purtroppo) degli appassionati utilizzatori dei social media: tuttavia questi sono essenziali per crearsi una presenza considerata come vera e solida, oltre che a pubblicizzare eventi e creazioni. Crediamo però ancora che lo spazio per le giovani band sia quello nel vero circuito underground, fatto di persone che vanno agli eventi e si scambiano musica nuova con curiosità sincera. Il live rimane quindi un modo importantissimo di migliorarsi sia musicalmente che umanamente, e tenere uno spettacolo coerente e appassionante è sicuramente una sfida in continua evoluzione e che tutte le volte ci piace affrontare.
Il successore di “QuasAr” è già in cantiere? Se sì, ci potete anticipare in che modo si sta evolvendo il vs. suono? Avete intenzione di rinnovare il sodalizio con la Jolly Roger Records?
Sicuramente dall’uscita di “QuasAr” il nostro rapporto con noi stessi e con la musica è cambiato, e tanti ascolti sono passati sotto i ponti: questo sicuramente influenzerà i prossimi lavori. Si aggiungerà quindi qualche ingrediente al calderone e cambierà il colino con cui ci si pesca, essendo anche noi cresciuti come persone. L’obiettivo rimarrà comunque quello di essere sinceri con chi ascolta, e non produrre qualcosa solo per creare altro materiale in questo o quello stile, ma condensare veramente un pensiero che abbiamo a cuore in un suono. In questo JRR ci ha supportato sin dall’inizio, e siamo molto contenti di questa collaborazione che speriamo rimanga in vita a lungo.
Viviamo tempi frenetici, precari e superficiali, in cui raramente si ha la pazienza di “ascoltare” veramente un prodotto musicale dall’inizio alla fine … come si fa a convincere qualcuno a fermarsi un attimo per assaporare fino in fondo le tante sfumature artistiche di un lavoro come il vostro?
E’ inevitabile che la fruizione della musica per tante persone, soprattutto chi non si appassiona, sia cambiata rispetto al passato: avendo questa pervaso le nostre vite attraverso i media ha perso quella sorta di aura magica che la circondava quando non era di facile accessibilità (merito questo anche forse dell’assenza di un’educazione musicale decente nel sistema scolastico italiano).
Detto ciò noi stessi siamo millennials e il lettore vinile dovrebbe essere nella nostra prospettiva un pezzo da museo: abbiamo invece avuto modo di appassionarci insieme a tanti nostri coetanei (molti più di quanto non credessimo) al formato (concept) album e in senso più lato a questa religiosità dell’ascolto attento e critico di qualcosa di significativo.
Anche questa significa essere Aldo: cogliere quella spiritualità individuale dentro la musica che ti lascia ad ascoltare mentre fissi un muro e nella tua mente immaginazione e ricordi si mischiano a ritmo. E in fondo siamo tutti un po’ Aldo.

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Siamo alla fine … grazie davvero di tutto e a voi il “microfono” per le considerazioni finali …
Grazie mille a voi per averci invitato e ai lettori per averci seguito. Buona musica a tutti quanti!

Intervista a cura di Marco Aimasso

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