Non di solo heavy metal vive l’uomo. A volte del sano rock’n’roll condito con un pizzico di autoironia può bastare, a maggior ragione in un periodo storico drammatico come quello che stiamo vivendo. Ecco perché abbiamo voluto realizzare una doverosa intervista con Marongiu & I Sporcaccioni, freschi dell’album “Mulo De Paese” uscito poche settimane fa…
La prima domanda è puramente “geografica”. Marongiu è un nome con chiare origini sarde, ma le vostre canzoni sono in dialetto “bisiacco”: si può fare un po’ di chiarezza a riguardo?
Mai come in questi anni l’identità viene ghermita come sinonimo di esclusività, purezza, elitario splendore. Io invece non ho mai nascosto le mie origini meridionali, ma anzi, ci ho giocato parecchio. Spesso le sorti di un’arte le hanno cambiate individui all’apparenza inattendibili, incapaci e fuori luogo. Credo sia il mio caso.
A quanto ho capito la vostra storia ha avuto inizio molti anni fa: potete fare un breve riassunto di quello che è accaduto dalle origini a oggi?
All’inizio l’impulso era quello dello sfogo ormonale. Canto e magari attiro l’attenzione di qualche sfortunata, tutto qui. Con il passare degli anni il focus è diventato scrivere delle canzoni e negli ultimi tre anni quello di metterle nelle mani di persone capaci. Nel nostro caso il filantropo è stato il mitologico produttore Antonio Gramentieri.
Quali sono i vostri riferimenti artistici e musicali? O se preferite, le vostre influenze…
Ad oggi ritengo ancora impareggiabili alcuni grandi rock band, AC/DC e Rolling Stones fra tutte. Partendo dai loro codici espressivi però, le strade sono potenzialmente infinite. Quel che fa la differenza è il periodo che stai passando, la capacità di legarlo al tuo passato e servirtene per depositare le tue emozioni in musica. Blues rurale, country, jazz: l’importante è la predisposizione che hai ad assorbire, non l’etichetta di mercato.
Ascoltando l’album ho colto più di un accenno alla musica di Vasco Rossi, sbaglio?
Hai nominato uno dei rocker che ha segnato indelebilmente la musica del nostro Paese, dunque sarebbe folle pensare che anche soltanto qualcuno in Italia, sia impermeabile al suo lascito. Al contempo ho l’impressione che il rock attualmente sia così poco dotato di autenticità e capacità di raggiungere emozioni intime senza ricorrere a vuoti stereotipi, che se uno ti ricorda Vasco è semplicemente perché sincero (p.s.: non ho i suoi dischi né l’ho mai ascoltato dal vivo).
E per quanto riguarda i testi, dissacranti e talvolta volgari, da dove viene l’ispirazione?
Li ritengo lontani dalla verbosità di certo cantautorato, sicuramente diretti, violenti laddove accompagnano una situazione violenta, ma volgari soltanto ad un livello di lettura ingenuo. Dissacranti per vocazione, non per volontà programmatica. In essi c’è più lavoro che autentica ispirazione, ed è quello di osservare la provincia da una prospettiva critica ma anche partecipe delle sue vicende.
La scena “demenziale” - passatemi il termine - è una nicchia nobile e spesso bistrattata che annovera nomi importanti del rock italiano e internazionale, da Elio e le Storie Tese ai Tenacious D. Fatta questa doverosa premessa, cosa rende veramente “unica” la proposta di Marongiu e i Sporcaccioni rispetto all’agguerrita concorrenza?
Credo nulla. Molto dipende dalla capacità di mettersi in discussione dell’ascoltatore. Noi le nostre soddisfazioni ce le siamo prese e facciamo una promozione intellettualmente onesta dei dischi. Sta agli altri decidere se darci una possibilità o meno di entrare nelle loro esistenze.
Ho letto anche che fate parecchi concerti: qual è il vostro rapporto con il pubblico? Quali sono solitamente le reazioni a un vostro live show?
I primi anni l’idea era di shockare a tutti i costi i presenti. Costumi a quel tempo sì davvero volgari, spogliarelli, invettive contro il pubblico, lancio di cipolla e ketchup fra i malcapitati. Chi veniva voleva sentirsi fisicamente coinvolto, percosso, sfidato e umiliato. Ora stiamo invecchiando e ci piace suonare insieme, sicché la qualità musicale dei concerti è più alta ma se sono in serata di grazia esco dagli schemi ugualmente. Con diversa consapevolezza.
Operazioni di questo tipo si prestano spesso a ospitate occasionali: c’è qualcuno con cui vi piacerebbe lavorare in futuro? Qualche cantante o musicista?
Per una serie di sfortunate circostanze Dandy Bestia (chitarrista degli Skiantos) non è riuscito a partecipare all’ultimo disco, ma lo stiamo aspettando per il prossimo. Oltre a lui ce ne sono altri, ma è davvero presto per parlarne. L’importante è che non siano stronzi, in ogni caso. Finora ci è andata benissimo!
Per chiudere, una domanda insidiosa (si scherza eh, ndr): suggerite ai nostri lettori 3 validi motivi per ascoltare la vostra musica e/o per venire a un vostro concerto!
1) Perché disse un illuminato che la bruttezza ha un vantaggio sulla bellezza: dura!
2) Perché le canzoni autentiche le chiama demenziali chi prova imbarazzo nel metter a nudo la propria anima. Il dilemma è tutto suo.
3) Perché stenterete a crederci ma c’è sempre qualche bella donna che ci trova affascinanti.
Foto di Davide Pettarini
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