KEYS: Mark Mangold, una certezza dai seventies fino ad oggi

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Mark Mangold non ha certo bisogno di presentazioni. Almeno per gli appassionati del genere. Se esiste una costante "tastierosa" che ha attraversato i decenni dai Seventies fino ad oggi, tra le onde tempestose dei trend, superando ogni fortunale grazie alla cifra del talento espresso, eccolo qua.
Il ritorno dei Touch con "Tomorrow Never Comes" è stato un successo, e questa stessa pagina ne ha riconosciuto la qualità, incastonando l'album nella top ten redazionale dello scorso anno.
Un "attestato" che non capita così frequentemente per le AOR/melodic rock band, almeno in territorio nazionale.
Bando a chiacchiere e considerazioni, Mark è qui per rispondere ad un fuoco di fila di domande.
E sicuramente non ci lasciamo sfuggire questa ghiotta occasione.

CIAO MARK. INIZIAMO DALLA TUA PRIMA BAND DI RESPIRO INTERNAZIONALE, OVVERO GLI AMERICAN TEARS. COME FORMASTI IL GRUPPO E QUALI ERANO LE TUE PRINCIPALI INFLUENZE AD INIZIO CARRIERA?
In realtà, c'erano già state altre esperienze prima degli American Tears. Mi riferisco in particolare ai Valhalla, con cui uscimmo per un album su United Artists. Roba molto sinfonica. Personalmente ero molto coinvolto dal suono dell'Hammond, e quindi da Jimmy Smith, il maestro dello strumento.
Le mie ispirazioni furono le stesse band in cui mi trovavo man mano coinvolto, sebbene ascoltassi praticamente tutto già all'epoca.
L'obiettivo è sempre stato quello di suonare il più originale possibile, mettendo la propria firma sul materiale che andavo a scrivere ed eseguire.
Sai, in quel periodo il mondo musicale era pieno di band, ed è probabilmente questo il motivo per cui abbiamo avuto così tanta roba varia e personale proveniente dall'epoca di cui stiamo parlando.
DOPO GLI AMERICAN TEARS, FU LA VOLTA DEI TOUCH. IL PRIMO ALBUM È GIUSTAMENTE CONSIDERATO UN CLASSICO DEL GENERE AOR. INOLTRE, FURONO PROPRIO AI TOUCH AD APRIRE LA PRIMA STORICA EDIZIONE DEL MONSTERS OF ROCK DI DONINGTON.
COSA RICORDI DI QUEI TEMPI?
Questa è una domanda enorme.
Era un periodo meraviglioso, lavoravamo duro e creavamo tante nuove canzoni. Ti parlo ovviamente del sottoscritto, di Craig Brooks, Doug Howard e Glenn Kithcart. Quando avemmo l'opportunità di andare in tour assieme ai Rainbow, fu una cosa stupenda, e devo dire che eravamo preparati per quella eventualità, grazie ai nostri rehearsal.
Bisognava farsi trovare pronti, e fu proprio il nostro caso.

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IN SEGUITO, DIVENTASTI UNO DEI PRINCIPALI E PIÙ RICHIESTI COMPOSITORI IN CAMPO AOR: MICHAEL BOLTON, CHER, E TANTI ALTRI. BASTA DIRE "FOOLS GAME", PER FARSI CAPIRE.
COME NACQUE QUEL PEZZO STRAORDINARIO, E COSA RICORDI DEL PERIODO TRASCORSO A FIANCO DI BOLTON?
Ovviamente ricordo un periodo fantastico a fianco di Michael.
New York era un vero e proprio centro musicale in quei giorni.
Tante collaborazioni, inoltre rimanere a contatto con altri artisti era una cosa molto più naturale rispetto ad oggi.
Locali come il China Club ed il Nirvana rappresentavano dei punti di riferimento per così tante persone, famose e non famose, o magari semplicemente in procinto di diventarle. Io e Michael iniziammo a collaborare, e "Fools Game" nacque rapidamente. Ricordo che la parte musicale era quasi completamente pronta, ed aveva un titolo che aveva qualcosa a che fare con la parola "amore". Io credevo che dovesse essere un po' più originale.
Ero in vacanza, e mi stavo scervellando, finché ad un certo punto il titolo "Fools Game" mi saltò alla mente. Dopo quel passo, la parte lirica procedette in modo assai celere. C'erano scintille di creatività che volavano costantemente mentre ci trovavamo in fase di scrittura, provando ad esplorare nuovi territori.
Ovviamente fa la differenza se stai lavorando con una delle più grandi voci di tutti i tempi, come nel caso di Michael. Non avevi bisogno di pensare a soluzioni alternative o di come avrebbe potuto suonare: con un cantante simile, tutto era già risolto.

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TORNANDO AL PRIMO ALBUM DEI TOUCH, LA GRANDE HIT FU "DON'T YOU KNOW WHAT LOVE IS". ALLO STESSO TEMPO, DECIDESTI DI INCLUDERE NUOVE VERSIONI DI "LISTEN" E "LAST CHANCE FOR LOVE", ENTRAMBE CONTENUTE SU "POWERHOUSE" DEGLI AMERICAN TEARS.
Sì, penso che il suono sul disco dei Touch sia migliore.
Eravamo sempre di corsa con gli American Tears, una o due "take" al massimo. Sull'album dei Touch, invece, avevamo Tim Friese-Greene che rese il sound veramente grande, inoltre riuscimmo ad incidere qualcosa come 50 tracce vocali. "Listen" non è molto differente dalle performance precedentemente registrate, tranne per Craig che la cantò un'ottava più alta rispetto alla mia versione vocale di "Powerhouse".
Inoltre Tim ottenne un suono di batteria molto più efficace, cosa che l'ingegnere degli American Tears non fu capace di raggiungere.
L'ANNO SCORSO I TOUCH SI SONO RIFORMATI, E L'ALBUM "TOMORROW NEVER COMES" È ANDATO INCONTRO AD UN LUSINGHIERO SUCCESSO.
COM'È STATO RITROVARSI DOPO 41 ANNI?
E COME AVETE AFFRONTATO IL PROCESSO DI SCRITTURA NONOSTANTE LE RESTRIZIONI PER LA PANDEMIA?
È stato bellissimo riunirsi per lavorare assieme, ed è per questo che abbiamo deciso di tornare. Non avevamo una compagnia discografica che ci diceva "fatelo".
Siamo stati motivati da noi stessi, per capirci.
Ci ritrovammo a New York circa un mese prima che il Covid colpisse, e poi tutto venne chiuso. Siamo stati costretti a collaborare sulla lunga distanza, così Craig e Doug hanno dovuto imparare anche a fare gli ingegneri!
Tanto zooming, tracce che rimbalzavano avanti e indietro: uno strano modo di vedere le cose. Tuttavia, come sai, tanti lavorano così in questi giorni, specialmente per progetti a basso budget. Per prima cosa, abbiamo avvertito la pressione, inflitta da noi stessi, di mantenere il sound Touch, ma allo stesso tempo di guardare avanti.
È sicuramente più difficile riuscire a fare questo, ovvero registrare e cercare di pubblicare un disco grande ed originale. Così come cercammo di fare negli anni 70, prima che tutte queste categorie e definizioni iniziassero ad esistere.
Ad un certo punto, abbiamo deciso che qualsiasi cosa fosse uscita, sarebbe stato Touch, e che l'album sarebbe diventata una possibilità di esprimerlo. Mi riferisco a canzoni come "Scream At The Sky", ad esempio. Abbiamo messo tutto ciò che avevamo nelle songs, cercando di renderle al massimo delle potenzialità. Prendi "Trippin' Over Shadows": ci sono circa 60 tracce vocali nel bridge. In realtà, questo è più il tipo di mentalità delle band che vengono dai Sixties e dai Seventies.
Quanto eclettici erano i Led Zeppelin, ad esempio?
Eppure qualunque cosa scrivessero, aveva il loro trademark.

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IMMAGINO ANCHE CHE NON ABBIATE POTUTO SUONARE LIVE COME AVRESTE VOLUTO, SEMPRE PER IL DISCORSO PANDEMIA.
NEL FRATTEMPO, AVETE COMPOSTO NUOVO MATERIALE PER IL PROSSIMO ALBUM?
Difficile da dire. Stiamo scrivendo, ma non so per cosa.
Forse Craig farà un album solista, anche perché lui ha un suono molto distinto e "cool". Ci sono tanti pezzi che girano nell'aria affinché qualcuno li pubblichi.
IL SECONDO ALBUM DEI TOUCH, CHE AVREBBE DOVUTO USCIRE POCO DOPO IL PRIMO (1980), NON VIDE LA LUCE.
FU PUBBLICATO SOLO MOLTI ANNI DOPO: COSA ANDÒ STORTO, MARK?
Lunga storia, e sicuramente puoi trovare un sacco di siti e pagine Internet a riguardo. In poche parole, il suono del disco non era quello giusto (o forse professionale), a causa della mancanza di un produttore veramente coinvolto, ma anche di ingegneri non propriamente straordinari.
La casa discografica non volle pubblicarlo. Provammo a salvare il salvabile, e registrammo "Take It Back" con Roger Glover come produttore, e quella suonava alla grande.
Però la label non volle darci un budget più alto, così il tutto sfortunatamente evaporò. Ora puoi ascoltare il disco, e valutare come il sound non fosse all'altezza del primo: un po' fangoso e con troppa distorsione nelle tracce di batteria.
Tuttavia, alcune songs tipo "Just One Step" potrebbero essere considerate tra le migliori in assoluto della band.
SEI D'ACCORDO SE AFFERMO CHE GLI ULTIMI ALBUM DEGLI AMERICAN TEARS SUONANO MENO POMP E PIÙ PROGRESSIVE RISPETTO AI VECCHI CLASSICI COME "BRANDED BAD", "TEAR GAS" E SOPRATTUTTO "POWERHOUSE"?
Tra il 2019 ed il 2021 ho registrato ben tre dischi degli American Tears: "Hard Core", "White Flag" e "Free Angel Express".
Ovviamente ci sono un sacco di pezzi su questi lavori, e la risposta alla tua domanda dipende molto dalle tracce a cui ti riferisci.
Non sono nemmeno sicuro cosa voglia dire oggi pomp o prog, al giorno d'oggi. Lascio che siano gli altri ad usare etichette.

IL PRIMO DRIVE, SHE SAID È CONSIDERATO GIUSTAMENTE UNO DEI PIÙ GRANDI CLASSICI DELL'AOR ANNI 80. TU ED AL FRITSCH SIETE SEMPRE STATI I MEMBRI FISSI DELLA BAND: CHE RICORDI HAI DI QUEL PERIODO?
INOLTRE, IMMAGINO CHE AL TI MANCHI TERRIBILMENTE.
MI DISPIACQUE MOLTISSIMO QUANDO LESSI DELLA SUA SCOMPARSA.
Grazie delle tue parole.
Ho passato tempi meravigliosi a lavorare con lui, ed ho conosciuto una persona speciale. Creammo la maggior parte dell'album prima di ottenere un contratto discografico, così seguimmo semplicemente il nostro istinto.
Al, oltre ad avere una voce incredibile, suonava anche tutti gli strumenti. Scrivemmo e suonammo quello che ci piaceva e, come ti ho già detto, lascio agli altri il compito di affibbiare etichette.
Mi manca tanto Al, mi manca ogni singolo giorno.
Era una persona gentile, stupenda, dolce e generosa.
Non abbiamo mai avuto una parola cattiva l'uno verso l'altro, in tutti questi anni; nemmeno il minimo disaccordo o cose del genere. Alcuni dicono che le frizioni personali siano benzina per la creatività: bullshit!
Vorrei averlo ancora attorno a me, per chiedergli delle cose o per suonare nuove canzoni con lui. In qualche modo, lo faccio ancora nella mia testa.
Se n'è andato troppo giovane.
SEMPRE RIMANENDO IN TEMA DRIVE, SHE SAID, L'ULTIMO VOSTRO ALBUM "PEDAL TO THE METAL" FU UN RITORNO INCREDIBILE.
RIUSCISTE A RENDERE IL SUONO DEL GRUPPO PIÙ MODERNO, SENZA OVVIAMENTE INTACCARNE IL TRADEMARK.
CHE NE PENSI OGGI DI QUEL DISCO?
Amo "Pedal To The Metal".
La title-track fu scritta on the road come se avesse dovuto essere una opener in sede live, e molti anni dopo la completammo aggiungendo un bridge.
Noi pensavamo che il mixaggio avrebbe potuto essere migliore.
Sai, io ed Al, così come la stragrande maggioranza della gente proveniente dagli anni 70 e 80, puntavamo all'originalità, come se la musica non fosse stata ancora battezzata o etichettata in un determinato genere.
Non abbiamo mai cercato di copiare nessuno, nemmeno le nostre stesse canzoni. Penso che "In Our Blood" sia una delle migliori songs che abbiamo mai composto, e venne fuori anche una versione "dance", dato che alcuni DJ la proposero remixata nei club in cui lavoravano.
Tanto bel materiale in quell'album, ed anche molto divertimento nel ritrovarci assieme ad alcune persone con le quali avevamo suonato in passato. Io/noi sono/siamo grati a Frontiers Records per l'opportunità.

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VENIAMO ALL'ATTUALITÀ: IL PROGETTO KEYS.
UNA PROPOSTA MOLTO PARTICOLARE, POMPOSA MA ALLO STESSO TEMPO FRESCA E MODERNA NEL SUONO.
COM'È NATO IL GRUPPO E COSA MI PUOI DIRE DEL LAVORO DI COMPOSIZIONE PER QUESTO ALBUM?
Ho avuto una visione di tre tastieristi che si esibivano contemporaneamente sullo stesso palco.
Oggi ci sono un sacco di cose che puoi fare semplicemente con le tastiere. Ho incontrato Jake E mentre lui stava registrando le parti vocali dei Cyhra nel mio appartamento di New York.
Siamo diventati buoni amici e volevamo fare qualcosa assieme. La sua voce è incredibile, così gli ho spedito alcune canzoni da provare: i Keys sono nati così.
Abbiamo registrato a distanza durante la pandemia, in una sorta di "limbo".
Non sapevamo quali sarebbero state le reazioni, infatti ci siamo affidati solo ed esclusivamente ai nostri istinti musicali.
Abbiamo scritto alcuni pezzi assieme, altri sono stati composti da me in solitaria. Ma tutto riguarda l'approccio che abbiamo dato al progetto, cercando di spingerci oltre il limite.

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HAI ANCHE SCRITTO E SUONATO SUL NUOVO DISCO DEGLI HOUSE OF LORDS, "SAINTS AND SINNERS".
TI CONSIDERI UN COMPONENTE DEL GRUPPO O SOLO UN SESSION MAN?
Credo di essere considerato a tutti gli effetti un membro del gruppo, almeno stando a quanto dicono tutti. Ed è un onore.
Non credo che il termine "session man" abbia più un effettivo valore, anche perché non ci sono più "sessions"!
Con James Christian le cose sono andate a valanga, una dopo l'altra, fino al completamento del disco. È stato divertente e piacevole collaborare con un altro "workaholic", e sono felice che lui abbia lavorato così duramente per rendere le canzoni al massimo delle loro potenzialità.
TORNIAMO UN ATTIMO AI TOUCH. PER "TOMORROW NEVER COMES" AVETE PRATICAMENTE GIRATO UN VIDEO PER OGNI CANZONE. DI CHI È STATA L'IDEA?
È vero. Sapendo che non avremmo potuto suonare, volevamo ottenere delle performance visive direttamente dal disco.
Abbiamo fatto già 8 video finora, e da poco è uscito quello di "Frozen Ground". Penso anche che stiamo migliorando clip dopo clip, ed in un certo senso potremmo anche definirli "the pandemic videos".
I primissimi lo sono in tutti sensi, dato che mi sono trovato bloccato in un monolocale di Stoccolma.
Gli ultimi, invece, sono cresciuti a livello di definizione.
Devo menzionare i fantastici Will Murray e Carly O'Neal, gli editori, che hanno tirato fuori tanto da quasi niente.
Ovviamente non si tratta di totali sostituti all'attività live, ma viste le circostanze, è stato il massimo che abbiamo potuto ottenere.

ORA COME ORA, C'È UNA BAND CHE CONSIDERI UNA PRIORITÀ O LE METTI TUTTE SULLO STESSO PIANO?
Siccome siamo nel 2022, e la scena non assomiglia affatto al 1981, c'è tanto tempo per dedicarsi a tutto.
Certo, stiamo spingendo molto con i Keys, ed allo stesso tempo anche gli House Of Lords dovrebbero fare delle date il prossimo anno.
Come Touch siamo stati richiesti per un festival nel 2024.
Nessun conflitto, bisogna soltanto cercare di stare in salute e rispondere presente a tutti gli appuntamenti.
Nel frattempo, ho scritto e registrato demos per oltre dieci canzoni negli ultimi mesi.
Quindi, chi lo sa cosa può riservare il futuro?

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Intervista a cura di Alessandro Ariatti

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