Hammerfall (Joacim Cans, vocals)

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Gruppo:Hammerfall

Il nuovo disco degli Hammerfall si chiama “Threshold”, si compone di undici canzoni, è il loro sesto lavoro in studio, e non offre nulla di più se non la solita musica quadrata e potente che gli svedesi continuano a fare dal 1997, quando irruppero nella scena musicale europea con “Glory to the brave”. Peccato solo che dopo quel disco (che non brillava per genialità ma che conteneva un lotto di canzoni fresche ed efficaci, l’ideale per sollevare una scena in pesante crisi) rappresenti a tutt’oggi l’unico episodio realmente degno di nota all’interno della loro discografia (che dipenda tutto dalla presenza di un certo Jesper Strombland tra gli autori dei pezzi?). Probabilmente molti troveranno un po’ esagerato questo mio giudizio, ma sinceramente non mi va di censurarmi: fatta eccezione per “Legacy of kings”, che rimane un lavoro valido nel suo complesso, i successivi tasselli del loro percorso artistico sono risultati fin troppo statici e ripetitivi, con una o due canzoni interessanti ogni tanto, ma nulla di più.
Eppure gli Hammerfall, che lo si voglia o meno, rappresentano alla perfezione quel modo sincero e devoto di suonare metal che oggi troppe bands sembrano aver perduto, hanno sempre avuto un’attitudine profondamente autentica, una passione viscerale per questa musica, ed è quindi legittimo che siano entrati nel cuore di centinaia di migliaia di fans…
Quello che incontro a Milano in un pomeriggio di metà settembre è un Joacim Cans pacato ma assolutamente eccitato dal lavoro appena concluso, desideroso di comunicare quanto questo nuovo “Threshold” costituisca un passo avanti nella crescita della sua band…

Allora Joacim, vogliamo per prima cosa introdurre “Threshold” ai nostri lettori?

E’ sicuramente un album degli Hammerfall! Tutti i dischi che abbiamo fatto uscire finora, e anche quelli che faremo uscire in futuro, possiedono e possiederanno tutti quegli elementi che permettono di far capire che cosa gli Hammerfall sono veramente. Con questo disco in particolare siamo riusciti a migliorare la produzione: suona molto più aggressivo, più live e più diretto di qualsiasi cosa abbiamo mai fatto in passato! Ovviamente tutto questo è merito di Charlie Bauerfeind, che ha fatto veramente un gran lavoro. Per quanto riguarda il songwriting… penso che ci sia una grande varietà di canzoni che rendono questo un disco completo. Ho parlato con molte persone, e tutte hanno avuto la stessa sensazione, vale a dire che questo sia una sorta di mix tra “Glory to the brave” e “Legacy of kings”, ma ovviamente con molti elementi da “Chapter V” al suo interno. In particolare, credo che abbia la stessa energia dei primi due album, unitamente alla produzione e al suono molto più pulito del nostro disco precedente. Detto semplicemente, è un disco che spacca il culo!!

L’altissima qualità della produzione è una cosa che ha impressionato molto anche me, ma devo dire che a partire da “Crimson Thunder” avete avuto davvero degli ottimi suoni: come siete riusciti a migliorarvi ulteriormente?

Su “Chapter V” ci abbiamo messo venti minuti per ottenere il suono di chitarra che volevamo, mentre questa volta abbiamo impiegato un giorno intero! La stessa cosa è accaduta con ogni strumento: ad esempio abbiamo provato diversi microfoni per la voce prima di decidere quello giusto da usare. Volevamo davvero migliorarci, volevamo fare del nostro meglio per avere una produzione che fosse la più possibile avanzata. Inoltre “Threshold” è stato il terzo album che abbiamo fatto con Charlie: ai tempi di “Crimson Thunder”, che fu la nostra prima collaborazione insieme, eravamo tutti un po’ nervosi e non completamente a nostro agio: la prima volta che lavori con un produttore nuovo è sempre difficile, perché tu non conosci bene lui, e lui non conosce bene la band, non sa fino a che punto può spingersi con ciascun componente, fino a che punto può torchiarlo per fargli tirare fuori il meglio di sé. Su “Chapter V” invece Charlie sapeva già esattamente che cosa poteva ottenere da ciascuno di noi, per cui si poteva permettere di essere brusco nei miei confronti: probabilmente un altro mi avrebbe detto: “Senti, questa parte non è venuta benissimo, non è che potresti rifarla?”. Lui invece non si faceva troppi problemi, di solito diceva: “Fa cagare, rifalla!” (ride)
Abbiamo lavorato insieme anche durante il mio disco solista (“Beyond the gates”, uscito nel 2004), e in quell’occasione abbiamo deciso di provare soluzioni nuove per la mia voce, di registrare una canzone al giorno ogni giorno di fila, e devo dire che questo mi ha fatto veramente bene perché la mia voce ha acquistato molta più personalità, non era più solo linda e pulita, ma ha guadagnato molto più feeling.
Credo che con “Threshold” abbia offerto la mia performance vocale migliore in assoluto: adesso non canto più solamente su tonalità alte, e riesco ad interpretare molto meglio ogni singolo pezzo, a dare enfasi ad ogni parola, a far sentire il tutto più vero, più vivo…

Sono d’accordo con te, la tua prestazione su questo disco è eccellente! Trovo però che dal vivo tu non abbia ancora raggiunto la dimensione ottimale: in particolare nei due ultimi concerti che avete fatto in Italia mi sei sembrato un po’ affaticato… qual è il tuo parere?

Quando sei in tour è molto difficile riuscire a cantare ogni canzone al 100%. Devi cantare tutte le sere per un’ora e tre quarti, non sempre le condizioni sono le migliori, ti stanchi e quindi, come conseguenza di tutto questo, tendi a pensare troppo, a dire cose come: “Dovrei prendere la nota alta adesso? No, lasciamo stare!”. Di solito adatto tutte le canzoni in modo tale che risultino più cantabili ma, per essere onesto con te, l’altro giorno stavo ascoltando una registrazione di non so che pezzo, mi pare “Crimson Thunder”, e ho sentito che ho preso delle note alte durante il ritornello e mi sono sorpreso, perché non mi ricordavo per nulla di averlo fatto! Quando sei troppo preoccupato di conservarti la voce va a finire che ti blocchi, poi ci sono alcune canzoni che sono tutte su tonalità molto alte, che partono alte e finiscono allo stesso modo, per cui semplicemente non ce la fai, arrivi a metà e ti rendi conto che è troppo! Non è solo un mio problema, per molti cantanti metal è la stessa cosa: spesso adattare i brani è l’unico modo che si ha per sopravvivere!

Trovate più facile e spontaneo registrare o scrivere pezzi?

Direi registrare, perché scrivere un disco a volte può essere molto complicato! Questo è il nostro sesto album, abbiamo scritto tante canzoni, e più passa il tempo più diventa dura scrivere qualcosa di unico, senza ripetere noi stessi… E’ difficile, ma quando tutto è pronto, quando ogni elemento è al posto giusto ti senti soddisfatto. Adesso siamo tutti contenti, c’è già la percezione che questo sia un buon lavoro, ma a volte capita che scrivi dei pezzi, li provi, li registri, e decidi semplicemente ti tenerli lì, in attesa di tempi migliori, perché senti che non funzionano come dovrebbero…

Se devo essere sincero, di questo disco non mi hanno soddisfatto in pieno i ritornelli, che di solito sono il vostro marchio di fabbrica: ho notato che avete optato spesso per melodie semplicissime, brevi ed immediate… non ci sono molte canzoni in stile “The dragon lies bleeding”…

Beh, non tutti i ritornelli sono tipo “Shadow empire”, che ha una nota sola, ci sono cose più melodiche ed elaborate tipo “Threshold” ad esempio. Vedi, il fatto è che scrivere un ritornello melodico non è facile, e poi non entra subito in testa a chi lo ascolta, ha bisogno di tempo per essere elaborato. Anche “Titan” ha un chorus molto immediato, penso che la gente lo ricorderà immediatamente. Non so dirti perché siano venuti fuori in un certo modo, mi è sembrato naturale fare così, sarà una cosa del subconscio (ride!).

Parliamo un attimo di “Dark wings, dark words”, decisamente il pezzo più interessante e particolare di “Threshold”: sembra una ballad, ma in un certo senso non lo è…

Mi piace definirla una “power power ballad”! E’ la mia canzone preferita del disco, penso che abbiamo fatto un gran lavoro a scriverla, le melodie sono bellissime, e dal punto di vista vocale è senza dubbio la mia performance migliore in tutto l’album. Diciamo che non è proprio un esperimento, però in qualche modo potrebbe essere considerata la ballata del disco.

Molto diversa per altro da cose fatte in precedenza, vedi “I believe” o “Dreams come true”…

Sì, e questa è una cosa buona soprattutto per me, perché non me la sentivo proprio di mettere una ballad tradizionale su questo disco! Penso che anche la gente che ascolterà “Threshold” rimarrà sorpresa di non trovarla, ma ciò che è inaspettato a volte è la cosa migliore!

Che cosa significa esattamente il titolo che avete scelto? Mi incuriosiscono anche i testi di “Dark wings, dark words” e “Genocide”: me ne puoi parlare?

Il titolo rappresenta un po’ la situazione in cui siamo adesso: alle soglie cioè di qualcosa di nuovo. Parlando degli Hammerfall, questa è sicuramente una cosa positiva: ci stiamo per lasciare alle spalle i primi dieci anni di attività e vedremo che cosa ci riserverà il futuro. Nella canzone c’è invece questo guardiano della soglia che ha il compito di impedire che nessuna entità malvagia entri nella nostra dimensione…
“Dark wings, dark words” parla di un periodo molto buio, in cui si cerca l’aiuto di qualcuno, e questo improvvisamente viene ma nella forma di un falso profeta. La gente se ne accorge troppo tardi, si rende conto che non avrebbe mai dovuto dargli ascolto, ma poi riesce a raccogliere le forze e a darsi da fare per rimediare e uscire da questa brutta situazione. Le circostanze negative spesso ci possono offrire uno stimolo a dare il meglio di noi stessi: questo è un concetto presente in molte delle nostre canzoni, anche in passato, e su “Titan” ad esempio c’è un verso che dice “Even the dark has a silver lining”. Anche se qualcosa fa schifo, da qualche parte c’è di meglio, ma devi essere capace di andare e cercartela da solo!
“Genocide” non ha nulla a che vedere con un genocidio vero e proprio, esprime semplicemente il feeling che si provava soprattutto negli anni ottanta, quando c’era molta gente, penso soprattutto agli Stati Uniti, che lavorava contro l’heavy metal, che diceva che veniva da Satana, che accusava i Judas Priest se qualche loro fan si toglieva la vita… è stato un vero e proprio tentativo di cancellare il metal dalla faccia della terra, e per questo abbiamo usato l’immagine del genocidio…

Quindi non c’è nessun significato politico dietro i testi… orecchiando qua e là e a giudicare da certi titoli, mi sembrava potessero essercene…

Beh, se uno vuole trovarlo, potrebbe anche esserci, anche se non abbiamo scritto nulla che andasse intenzionalmente in questa direzione. “Dark wings, dark words” potrebbe essere letta anche come un ammonimento a non dare troppo ascolto ai politici, guarda cosa è successo in Germania dopo la prima guerra mondiale: se qualcuno sembra offrirti una risposta dovresti sempre pensarci bene prima di decidere se dargli ascolto o meno…

Cambiamo argomento: come promuoverete questo disco dal vivo? Dopo lo scorso tour assieme agli Stratovarius ci sarà la possibilità di vedervi in un vero e proprio tour da headliner?

Quello con gli Stratovarius è stato un co-headliner tour, nel senso che in ogni paese la band più celebre suonava per ultima: in Italia gli headliner erano loro ma in Germania e Svezia lo abbiamo fatto noi. Questa volta però faremo un tour tutto nostro, probabilmente con due band di supporto, anche se non c’è ancora nessun nome confermato.

Ci saranno novità dal punto di vista delle scenografie o dei brani proposti?

Sicuramente! Tutte le volte che andiamo in tour tendiamo a fare qualcosa di nuovo, abbiamo sempre bisogno di portate freschezza in ciò che facciamo. Suoneremo un misto da tutti i nostri sei album, per quanto tu abbia un disco nuovo fuori non puoi dimenticarti dei tuoi vecchi pezzi, di quelle che il pubblico vuole per forza sentire…

Tra poco festeggerete i dieci anni di attività: vi siete mai fermati a considerare quanto un disco come “Glory to the brave” abbia influito nella rinascita del power metal alla fine degli anni ’90?

Quando abbiamo registrato “Glory to the brave” il metal era la cosa meno cool che tu potessi suonare: sembrava che non ci fosse più nessuno a cui questa musica potesse interessare, per cui per noi è stato davvero l’avverarsi di un sogno avere la possibilità di registrare il nostro primo album! Abbiamo venduto 400.000 copie soltanto in Germania le prime quattro o cinque settimane: “Che cosa sta succedendo?” ci siamo chiesti (ride). In conseguenza di questo, le varie case discografiche hanno realizzato che nel 1997 si poteva ancora vendere un disco metal, per cui si sono messe a cercare bands che avessero quel tipo di suono in modo da produrle e guadagnarci soldi. Credo sia per questo che attorno al 2000 abbiamo avuto quel brutto fenomeno per cui a causa dell’esplosione di nuove bands il mercato si è saturato, è esploso. Per fortuna la cosa è durata solo pochi anni, dopodiché le uniche bands in grado di sopravvivere sono state quelle che avevano qualche cosa di unico e personale da offrire… nello stesso periodo in cui abbiamo iniziato ci sono state persone che ci hanno odiato perché pensavano che suonassimo questo genere perché era di moda, ma nel 1997 non lo era affatto!

Non avete mai sentito il peso della responsabilità di dover sempre e comunque andare oltre il successo di quel disco?

Da dopo il nostro primo disco la gente ha iniziato ad avere aspettative su di noi, e c’era quindi sempre qualcuno che aveva da ridire perché non eravamo andati nella direzione da lui voluta. Credo però che se sei sincero con te stesso e scrivi la musica che veramente vuoi suonare, fai la cosa più onesta che si possa fare, e l’onestà paga sempre, alla lunga! La gente è in grado di sentire che facciamo musica onesta e che non suoniamo solo per entrare in classifica, anche perché altrimenti suoneremmo altra roba! Per la verità in Svezia siamo anche entrati al n.1 delle charts, ma lo abbiamo fatto con il nostro stile, non con quello di qualcun altro!

A proposito di questo: mi racconti un po’ della vostra scena musicale? Da quello che si sente in giro deve essere una sorta di paese delle meraviglie…

In Svezia la radio e la televisione pubblica hanno la libertà di decidere tranquillamente che cosa vogliono trasmettere e fanno della varietà un vero e proprio manifesto programmatico. Il risultato è che passano di tutto, dalla musica classica al death metal! Periodicamente poi vengono trasmesse esibizioni dal vivo delle varie bands che suonano in Svezia, e il prescelto può essere chiunque, dall’artista pop agli In Flames. E durante il giorno è una cosa normalissima sentire una canzone di Madonna seguita da una dei Motorhead! Sono coraggiosi abbastanza da preservare la varietà musicale, in modo tale che ciascuno abbia la possibilità di scegliere che cosa vuole sentire: se a uno non va di sentire una band metal può spegnere, andare a farsi una tazza di tè, mentre chi lo vuole ascoltare può farlo tranquillamente… in questo modo sono rispettate le preferenze di tutti…

Effettivamente è un bel po’ diverso che da noi, dove l’unica cosa che esiste è Rock Tv, che trasmette per lo più video di finti gruppi costruiti apposta per chi vuole fingere di ascoltare musica pesante…

Da noi in televisione ci sono alcuni morning shows, dei programmi in cui vengono trasmesse anche notizie di cronaca e cose così, nel quale siamo stati a suonare un paio di volte. Abbiamo fatto anche uno show in cui abbiamo insegnato a cantare heavy metal ad un attore (?), e anche questo era sulla televisione nazionale…

Sì, è decisamente un altro mondo! Senti, mi dici il titolo di un libro e di un film che hai letto e visto di recente?

Non ho più molto tempo di leggere libri ormai e questo è un problema! Al momento ne sto leggendo uno in svedese e sinceramente non ti saprei tradurre il titolo… invece l’ultimo libro che ho letto è “Hollywood” di Charles Bukowski. E per quanto riguarda i film… uno degli ultimi che ho visto si chiama “Butterfly Effect”, veramente molto bello! Devi stare molto concentrato quando lo vedi, perché è uno di quei film che ti fa pensare, non è come quelle cose che guardi stravaccato sul divano la domenica pomeriggio! Parla di questo tizio che ha il potere di viaggiare nel suo passato e cambiare i vari avvenimenti della sua vita. Vorrebbe sistemare certe cose, ma tutte le volte che, tornando indietro, cambia qualcosa di cattivo in qualcosa di buono, accade qualcosa che modifica il futuro in maniera imprevista… è davvero bello, dovresti vederlo (lo farò senz’altro caro Joacim, mi hai incuriosito…)!

Ovviamente tu non ti ricordi di me, ma ci eravamo già parlati nel 1997, all’epoca del vostro primo show italiano, in compagnia dei Gamma Ray…

A Milano! Me la ricordo bene quella data, perché vendemmo più merchandising degli stessi Gamma Ray!

Ok Joacim, ti ringrazio della disponibilità, e ci vediamo al vostro prossimo concerto… a proposito, quando sarà?

Verremo in Italia a febbraio, sempre a Milano. Suoneremo di nuovo all’Alcatraz, è veramente il posto giusto per un gruppo come il nostro!

A presto allora…

Intervista a cura di Luca Franceschini

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