Bruce Turgon

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Se l'hard rock melodico e l'AOR più energico sono parte integrante delle Vostre frequentazioni musicali, credo non dovreste sottovalutare per i Vostri acquisti un albo come "Outside looking in" di Bruce Turgon, che rappresenta la sua prima reale possibilità di una visibilità "solista" dopo parecchi anni vissuti all'ombra straordinaria ma anche fin troppo "offuscante" di un certo Lou Gramm.
Devo ammettere che ho proprio apprezzato questo Mr. Turgon, sia dal punto di vista puramente artistico, sia da quello "umano", dimostrando affabilità e molta disponibilità nell'analizzare a 360° un po' tutta la sua storia di eccellente songwriter e musicista, svelandoci anche alcuni "retroscena" piuttosto gustosi sul progetto Shadow King, uno di quegli effimeri "super gruppi" (un "prodotto" sempre più di moda, tra l'altro) costantemente "rimpianti" da tutti gli appassionati del settore.
Ok ... let's go!

Cosa ne dici di iniziare questa chiacchierata raccontandoci qualcosa della tue passate "vicende" artistiche? Quali sono i tratti salienti della tua carriera dagli esordi a quest'eccellente disco solista "Outside looking in"?
Nei primi anni settanta instaurai una partnership musicale e una grande amicizia con Lou Gramm, che viveva molto vicino a dove abitavo. Con la nostra band Black Sheep arrivammo ad esibirci stabilmente nel circuito dei club e alla fine diventammo la prima band Americana a firmare un contratto con la Chrysalis Records, dopo di che registrammo due albums per la Capitol. Fu proprio durante quel periodo che cominciammo a sviluppare le nostre abilità nel songwriting. Nel '76 il progetto Black Sheep giunse alla conclusione, Lou si trasferì a NYC per lavorare su quelli che in seguito sarebbero diventati i Foreigner e io ebbi un'offerta di lavoro a L.A. Continuai a scrivere canzoni e andare in tour con vari artisti (Warrior/Billy Thorpe/Nick Gilder, ecc.) e con la mia band per tutti i primi anni ottanta. Verso la fine dell'85 Lou si mise nuovamente in contatto con me per concepire insieme alcuni brani destinati al suo primo album da solista. Il nostro sodalizio si dimostrò ancora efficace e lavorammo per tutto l'anno successivo per pubblicare il suo "Ready or not", nel quale era incluso l'hit single "Midnight blue". Quell'album fu seguito da "Long hard look" e, poi, dal disco omonimo degli Shadow King, nel 1991. In questo periodo registrai alcune tracce in funzione di un mio album solista, che però non poté essere completato visto che contemporaneamente ero impegnato nella fase di composizione, sempre in collaborazione con Lou, per il suo nuovo solo album e quando Mick e Lou si riconciliarono e i Foreigner furono riformati, io fui chiamato a ricoprire il ruolo di bassista del gruppo, suonando ed esibendomi dal vivo con loro per i successivi dieci anni. Ho ripreso a lavorare sul "mio primo" disco "Outside looking in" nella primavera del 2004.

"Outside looking in" è, dunque, il tuo primo album come artista solista e hai deciso di occuparti anche della sua produzione. Sembra che questa volta avessi "l'urgenza" di avere tutto completamente sotto il tuo "controllo"! E' così? Quali sono le ragioni di questa scelta?
Sono stato coinvolto in moltissime collaborazioni e questo può essere davvero gratificante, ma significa anche, in qualche modo, dover accettare dei compromessi. Tutti i diversi ruoli che ho ricoperto in questo disco, li avevo già sostenuti pure in passato (anche senza esserne stato necessariamente accreditato), perciò produrre questo album significava solamente avere la possibilità di creare tutto esattamente come volevo. Con i dischi precedenti si sono verificate delle situazioni nelle quali avrei gradito un approccio diverso dal punto di vista musicale, ma lavorando all'interno dei limiti di un progetto comune questo non era stato possibile, per cui quello che è stato davvero importante in questo disco è il fatto di aver potuto godere della più completa libertà artistica, senza alcuna necessità di mediazione. Penso che tutto ciò sia stato un bene anche per i musicisti che hanno contribuito alla sua realizzazione, poiché avevo una "visione" molto chiara di quello che volevo ottenere e così tutti insieme ci siamo potuti concentrare sul raggiungimento di quest'obiettivo, conseguendo, credo, ottimi risultati.

Come descriveresti il tuo cd al pubblico che magari ti conosce solamente per le tue passate collaborazioni "eccellenti"?
"Outside looking in" è un album di onesto ed aggressivo hard rock, nel quale sono riuscito a svolgere non solo i miei ruoli tradizionali di songwriter, chitarrista, bassista e tastierista, ma anche per la prima volta ad esprimere me stesso attraverso la mia voce. Sostenere tutti gli aspetti del processo creativo e della produzione di un album che potesse essere completamente rappresentativo dei miei interessi musicali, è stata un'opportunità ed una sfida piuttosto unica, almeno in questo genere.
E' possibile, inoltre, che questo disco possa anche essere un'occasione per portare all'attenzione del pubblico i lavori ai quali ho contribuito nel passato.

Parliamo di canzoni ... Personalmente ritengo, fra le altre, la title-track, "Faith", "Living a lie", "Walk thru fire", "On a wing and prayer" e l'energica "Pleasure Dome" come i brani migliori del disco ... Cosa ne pensi delle mie scelte? Quali sarebbero le tue? Mi risulta che alcuni brani del disco sono stati scritti a "due mani" con Lou ... Di quali canzoni si tratta?
La domanda è veramente difficile ... Trattandosi di un "solo" album tutte le canzoni sono importanti per me, ognuna in modo diverso, ma se devo proprio scegliere, credo che "Outside looking in" e "On a wing and a prayer" contengano gli elementi più significativi all'interno di un disco di questo tipo, ma, lo ripeto, ogni traccia ha, per quanto mi riguarda, una sua specifica ragione di esistere. Ritengo che non ci siano riempitivi in quest'album e che ogni brano abbia un suo peso nell'economia del Cd. In effetti, Lou ha contribuito alla stesura di "These tears must fall", "Heart so strong" e alla bonus track per la versione giapponese del disco intitolata "Walk the walk".

Prima accennavi ai musicisti che ti hanno accompagnato in quest'avventura. E' stato difficile riuscire a convincere artisti così illustri a partecipare al tuo progetto?
Sono molto orgoglioso di poter considerare ognuno degli artisti coinvolti nel disco come un buon amico ed è stato sufficiente alzare il telefono e chiedere il loro contributo per ottenerlo senza problemi. Sono molto grato a tutti per il loro incredibile apporto, per il loro sostegno e per la loro amicizia.

Penso che la tua voce sia davvero emozionante, sia dotata di ottima estensione e che sia in grado di stimolare grandi "vibrazioni", esibendo alcune affinità con quella del tuo "complice" in molti "attentati" alle coronarie dei fans del rock melodico Lou Gramm, ma anche parecchio personale. Quali sono i cantanti che consideri come fonti ispirative per la tua laringe?
Ti ringrazio. E' abbastanza naturale che ci siano delle similitudini nell'approccio vocale tra me e Lou giacché siamo cresciuti da questo punto di vista con gli stessi insegnamenti, ma il mio modo di cantare è basato esclusivamente su quelle che sono le mie emozioni in relazione ad ogni singola canzone. A parte Lou, i cantanti che hanno avuto l'influenza maggiore su di me sono stati probabilmente Roger Daltrey, Paul Rodgers, Steve Marriot, David Bowie e Peter Gabriel. Da ragazzo, ho ascoltato anche molto Otis Redding, Wilson Pickett, Sam & Dave e altre grandi voci del r&b e del soul.

Ritornando al tuo "passato", ricordo con grande piacere gli Shadow King, ancora una volta in compagnia di Lou e con la brillante prestazione di Viv Campbell. Cosa non funzionò in quel progetto? Perché non riusciste mai a dare un seguito al vostro debutto in quella veste?
Gli Shadow King erano un gruppo "problematico". A dispetto di come furono lanciati sul mercato, erano una band molto "costruita" che non possedeva una vera coesione tra i suoi componenti se non la volontà "affaristica" di realizzare un album con altri eccellenti musicisti ed ottenere da quest'esperienza un incremento di popolarità. Io e Lou avevamo già scritto la maggior parte del materiale e gettato le basi di quello che avrebbe dovuto essere il suo nuovo album solista e di conseguenza la direzione fondamentale del disco era già stata stabilita.
Il suo management e la casa discografica ritenevano, però, che il disco sarebbe stato più efficace se fosse stato pubblicato sotto "l'identità" di una band e così cominciammo ad occuparci delle audizioni per reclutare i musicisti, raggiungendo un accordo con Vivian Campbell e Kevin Valentine. La band appariva davvero ottima sulla carta, ma musicalmente le nostre estrazioni erano molto diverse e devo dire che la cosa si risolse come un'esperienza piuttosto frustrante per tutti. Iniziammo con il provare assieme, ma fu presto evidente che l'approccio del gruppo stava dando alle canzoni un aspetto generale diverso da quello previsto in origine e dopo alcuni giorni Lou e il produttore Keith Olsen mi chiesero di buttare giù nuovamente le basi musicali del disco, proprio come avevo già fatto per i demos. Registrai le parti di basso, chitarra ritmica e tastiere e Lou aggiunse la voce. Cominciammo poi a registrare anche gli altri strumenti, cercando di farlo come una vera band, ma questo modo di procedere aveva creato diffidenze ed ostilità, che non riuscimmo mai veramente a superare. Il fatto che il disco sia in ogni modo risultato piuttosto buono, deve essere attribuito alla qualità dei musicisti, delle canzoni e della produzione, ma tutti questi aspetti non furono sufficienti per tenere in piedi gli Shadow King.

Mi risulta che come Shadow King suonaste dal vivo un'unica volta, a Londra ... E' così? Cosa ci puoi dire di quell'esperienza?
E' vero. Lo show fu ottimo, ma già in quel momento sentivo che il gruppo aveva i giorni contati, così come personalmente non ero affatto contento di come stavano andando le cose. Fondamentalmente, stavo semplicemente rispettando il mio impegno nei confronti di Lou e quando Viv decise di andarsene, questo in qualche modo indicò la fine degli Shadow King. La cosa non poteva che starmi bene, poiché la mia intenzione era comunque quella di lasciare il gruppo il più presto possibile. Gli artisti coinvolti nel progetto mi piacevano davvero molto e apprezzavo enormemente il loro talento, ma come un'entità comune, la cosa non funzionò e questo fu l'aspetto più "doloroso" di tutta la faccenda.

Sei andato in tour anche con Steve Stevens per supportare il suo disco "Atomic playboys", un altro album che reputo piuttosto interessante e che probabilmente è meno conosciuto di quanto dovrebbe ... Cosa ricordi di quei concerti e della tua collaborazione con Steve?
Fu un vero piacere lavorare con Steve, un musicista di talento e una persona simpatica. Non credo che goda del pieno rispetto del pubblico come chitarrista, cosa che peraltro merita completamente. Il tour fu divertente dal punto di vista della convivenza e del rapporto con il suo gruppo e la sua crew, ma gli shows talvolta si rivelarono un po' "difficili", poiché a quei tempi Steve stava cercando di allontanarsi dal lavoro svolto con Billy Idol e stabilire una propria identità come solista e, di conseguenza, non ci fu sempre una relazione "idilliaca" con i fans, molti dei quali erano probabilmente venuti a vedere Steve nella speranza che suonasse il suo vecchio materiale. Per questo motivo, ci furono serate migliori ed altre peggiori, ma, in ogni caso, c'era un sacco di buona musica in quegli spettacoli e mi sono divertito molto nel suonarla.

La tua esperienza come musicista live è, dunque, piuttosto vasta e variegata ... Quanto è importante, per te, l'esibirti su di un palco? Ci sarà una promozione di questo tipo anche per "Outside looking in"?
Adoro esibirmi dal vivo, lo ritengo un aspetto importante e mi piacerebbe moltissimo poter supportare il mio disco anche da questo punto di vista. Tuttavia, intraprenderei un'attività di questo tipo solo nel caso in cui potessi garantire anche ad essa la stessa qualità ed integrità che credo di aver conferito al disco; penso che i fans lo meritino. In ultima analisi, tutto dipende veramente da come il disco e il mio nuovo ruolo da artista solista saranno accolti.

Sei innegabilmente un grande songwriter di hard rock melodico, ma c'è qualche altro genere musicale con il quale ti piacerebbe cimentarti?
In effetti, ci sono alcune idee che non hanno fatto parte di questo album perché erano un po' "fuori" dal contesto di un approccio di tipo
aor/melodic rock. Questo è un altro lato della mia personalità e alcuni sprazzi di quest'attitudine possono essere ascoltati in alcuni intros, in particolare di brani quali "These tears must fall" e "Heart so strong". Si tratta di frammenti musicali più atmosferici e oscuri e quindi potrò utilizzare alcuni di essi in qualche colonna sonora giacché sembrano maggiormente adatti a quella situazione. In ogni caso, continuerò a scrivere anche in quella direzione e vedremo dove questo mi porterà.

Ho letto a questo proposito del tuo coinvolgimento in alcune colonne sonore per la TV, per films o per documentari ... Diciamo dunque che si tratta di una situazione creativa piuttosto stimolante per te ...
Come ho appena detto, c'è un lato del mio animo musicale maggiormente oscuro, drammatico e profondo che può più facilmente trovare applicazione in un film, per esempio. Ho avuto numerose opportunità di "musicare" delle immagini e devo confessare che può essere alquanto eccitante comporre del materiale che possa essere un efficace complemento agli aspetti visuali. E' al tempo stesso piuttosto "liberatorio" creare della musica al di fuori della classica struttura delle canzoni rock/pop; essere ispirati esclusivamente dalle immagini e "spaziare" dal punto di vista musicale fino a che non senti di aver trovato la giusta connessione e cercare, quindi, a questo punto, di svilupparla. In passato ho contribuito ad alcune sountracks per il cinema, la TV e realizzato commenti musicali per documentari, ma il prossimo anno avrò l'opportunità di musicare completamente il mio primo film e non vedo l'ora di iniziare!

Tornando all'hard rock melodico "classico" del tuo disco, ritieni che ci sia una sorta di ritorno in auge di questo genere, che ci sia una maggiore predisposizione del pubblico nei confronti di tali sonorità?

Forse, ma non credo che sia possibile catturare nuovamente la "gloria" che ha contraddistinto questo genere nei tempi passati, almeno non nella stessa maniera.
Comunque, credo che ci sarà sempre interesse per le buone canzoni, i buoni musicisti in grado di fornire spettacoli emozionanti e per le produzioni di valore. Con l'aiuto dei media e l'interesse dei mezzi di comunicazione, nuove e diverse opportunità potranno rendersi disponibili per gli artisti e per il pubblico che sostiene questo stile musicale.

C'è qualcos'altro che ti andrebbe di condividere con noi e i nostri lettori?
Vorrei solo ringraziare tutti quelli che hanno seguito la mia carriera e sostenuto il mio lavoro in tutti questi anni. "Outside looking in" è il nuovo passo di questo percorso; spero che vi piaccia!

Intervista a cura di Marco Aimasso

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