Mothercare (Guillermo)

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Gruppo:Mothercare

Vi definite una band pain-core metal, dove è che trova le basi la vostra autodefinizione?
Da sempre abbiamo cercato di distinguerci dalle classificazioni troppo restrittive, in particolar modo quelle che tendono a uccidere le possibilità evolutive di un gruppo “ingabbiandolo” in un certo genere. Perciò, per definire la nostra musica, abbiamo preferito focalizzare l’attenzione sull’attitudine piuttosto che spiegare tecnicamente quello che suoniamo (thrash-death-grind-noise-core???). Pain-core Metal mette subito in primo piano un’emozione: la sofferenza. A noi questo interessa primariamente: esprimere emozioni.

Sappiamo che siete veneti, lì da voi come credete che sia la situazione nel settore musicale alternativo?
La scena è molto viva, ci sono tante buone band, ma pochi posti dove suonare. Quest’ultimo fattore rende difficilissimo per una band veneta riuscire a farsi conoscere più in là, perché senza un buon seguito “in patria” non è facile costruirne uno al di fuori. A Verona, in particolare, negli ultimi tempi c’è un gran fermento musicale: nella scena rock sono da tener d’occhio i Lecrevisse, in quella power metal gli Arthemis, in quella thrash-death gli Aneurysm. Per quanto riguarda il resto della regione, non dimentichiamo che a Padova ci sono gli Ephel Duath, una delle poche band italiane a poter vantare un contratto estero (con la mitica Earache), nonché vero e proprio gioiello della scena metal nazionale. Speriamo che il nostro contratto sia di buon auspicio anche per altre valide band della nostra regione.

Le vostre difficoltà per arrivare a questo punto?
Come ho accennato, una difficoltà è legata al luogo da cui proveniamo, piuttosto chiuso di fronte alle proposte musicali alternative. Poi, per anni abbiamo anche pagato lo scotto di un’evoluzione stilistica tortuosa e articolata, di una schizofrenia compositiva che ci ha portati solo con quest’ultimo lavoro a una proposta organica della nostra musica. Per un gruppo esordiente, il mercato richiede un prodotto dall’identità musicale piuttosto definita, mentre noi siamo sempre stati un oggetto impazzito, apprezzati dalla critica e dagli addetti ai lavori, ma snobbati dalle etichette a causa della nostra schizofrenia musicale. Comunque, sono stati dieci anni di immensi sacrifici: per raggiungere qualcosa nell’ambiente metal sono necessarie scelte di vita drastiche e senza compromessi. Oggi ci riteniamo molto fortunati, ma, ripeto, abbiamo sacrificato molto per arrivare fin qui.

Passiamo ad una domanda che ti avrei voluto fare appena ho sentito parlare dell'album: chi non conosce i mitici Napalm Death, una band fondamentale per quella che è stata l'evoluzione del metal estremo, Greenway il loro frontman, so che è da tempo che lo conosci, come lo hai incontrato la prima volta e come lo hai convinto a collaborare con voi?
Mirko e Mauro hanno conosciuto i Napalm dopo il loro concerto al Plan9 di Padova tre anni fa; si sono fermati a chiaccherare con loro e i Nasum nel backstage, rendendosi conto che sono persone disponibili e umili, nonostante il loro status nella scena. Così, in fase di progettazione di Breathing Instructions abbiamo pensato di contattare Barney per una collaborazione. Gli ho scritto una mail, gli ho inviato il pezzo con i testi, gli è piaciuto e la cosa è andata in porto piuttosto facilmente e velocemente. Nel dicembre del 2001 sono venuti a suonare a Milano e abbiamo registrato le vocals di Barney prima della loro esibizione. È stato veramente disponibile e gentile, e, a scanso di equivoci, non ci ha domandato una lira per la sua performance.

Oltre a Greenway avete fatto entrare in studio anche il grandissimo Enrico Giannone (Undertakers, Ciaff.... ) Due simboli così e viene di chiedervi quanto ha influito nella vostra formazione musicale la scuola Death/Brutal, visto che si sente che Mirko Nosari(chitarrista) e Rudy Zantedeschi(Bassista) sanno tirare fuori molto da questo genere!
Le sonorità Brutal/Death sono ormai un elemento basilare della nostra musica. In particolare io e Mirko ascoltiamo molto Napalm Death, Nasum, Undertakers, Cannibal Corpse e così via…
Comunque, la musica che ascoltiamo è molto varia, spaziando dal rock al metal al jazz. Abbiamo voluto a tutti i costi Enrico sul disco perché è un personaggio incredibile e ha una voce incredibile. Penso che gli Undertakers siano uno dei gruppi più sottovalutati della scena, basta vederli dal vivo per rendersene subito conto.

Se non erro questo è il vostro terzo album, i primi due un po’ più nell'ombra, l'ultimo "BREATHING INSTRUCTIONS" un bellissimo passo in avanti, a cosa dovete tutto ciò?
La grande differenza rispetto ai lavori precedenti è stata la possibilità di lavorare in uno studio migliore, per più tempo e con più calma. Solo così, provando soluzioni differenti senza l’assillo di scadenze prestabilite, si riesce a fare un lavoro veramente buono. Noi registriamo la nostra musica completamente da soli, sotto la direzione di Mirko, che funge da produttore/fonico della band. Breathing Instructions, a livello di produzione, è stato sicuramente un grosso passo in avanti: abbiamo ottenuto un suono di chitarra grezzo ma allo stesso tempo molto potente, abbiamo potuto lavorare molto sulle voci, abbiamo potuto insomma realizzare i nostri obiettivi di partenza. In generale, abbiamo cercato sonorità più coinvolgenti a livello emotivo, con un’attitudine prettamente rock, puntando sul feeling e sul groove, al contrario dei lavori precedenti, dove l’approccio è stato più freddo, calcolato, chirurgico. Chiaro, per fare tutto questo abbiamo dovuto investire molto tempo e molto denaro: il lavoro è iniziato nell’Ottobre del 2001 e si è concluso solo un anno dopo con la masterizzazione ai Massive Arts di Milano.

Una cosa che ci incuriosisce a tutti sono le introduzioni di liriche in giapponese, una amica in comune mi ha detto che l'esperto in materia sei tu, e che stai per laurearti con una tesi su "TETSUO" film giapponese tra il fetish e il surrealismo, questi due fattori si riversano anche nei testi?
No. Tetsuo è un gran film e le sue visioni surreali e fetish sono veramente memorabili; tuttavia, i miei testi partono da altri presupposti. Il mio obiettivo è esprimere emozioni, comunicare stati d’animo: il significato dei testi, “ciò di cui parlano”, passa quindi in secondo piano, essendo il suono delle parole e il ritmo delle linee vocali quello che arriva prima all’orecchio dell’ascoltatore. In questo senso, il giapponese è ottimo, perché è una lingua sillabica, quindi con una struttura ritmica rigorosa e ripetitiva, un po’ come il metal. Per carità, non scrivo parole “a caso”, però preferisco partire da un suono piuttosto che da un significato, scoprendo a poco a poco io stesso che senso potrebbero avere i miei testi. A volte, in effetti, alcune immagini possono risultare piuttosto surreali, ma è una conseguenza secondaria, non un obiettivo prefissato.

Liriche in giapponese che non sono vere e proprie frasi, ma parole buttate giù una dietro l'altra, vorresti spiegarne il significato?
Esatto, non si tratta sempre di frasi compiute, piuttosto di immagini giustapposte, che cercano di riprodurre il flusso del nostro pensiero, che è sconnesso e libero da restrizioni logiche, finchè non diventa espressione verbale. Questo fa sì che le linee vocali siamo molto eterogenee, cercando di ricreare situazioni emotive della nostra vita quotidiana, in cui spesso convivono o si alternano rapidamente gioia, angoscia, dolore, soddisfazione, frustrazione, e in cui le associazioni logiche della nostra mente scorrono senza controllo e senza una coerenza di fondo.

Le percussioni mi sono piaciute molto ed ho letto da qualche parte che Mauro Zavattieri, batterista/percussionista del gruppo, vuole dedicarsi esclusivamente all'uso degli strumenti sopraelencati, quindi avrete bisogno di un nuovo elemento nel gruppo. Chi sarà il sostituto? Ha già un nome?
Da qualche mese è entrato in pianta stabile nel gruppo Marco Piran dei nostri amici Aneurysm. Con lui alla batteria, Mauro ha potuto finalmente dedicarsi alle percussioni. Abbiamo già suonato qualche live con questa nuova formazione e devo dire che il riscontro è stato ottimo, sia da parte del pubblico, sia da parte nostra sul palco. Quest’evoluzione ha integrato i nostri pezzi con una nuova componente tribal-industriale che da tempo volevamo sperimentare. Non pensare a qualcosa tipo gli Slipknot però, perché lo stile di Mauro è ben diverso: noi lo definiamo un percussionista grind-core!

Mi fanno i complimenti per le vostre performance dal vivo dicendomi che riuscite ad ipnotizzare la gente costringendoli ad un ascolto statico dei brani, anche i pogatori più incalliti si piazzano fermi ad ascoltare tutta la song, cosa puoi dirmi a riguardo? dicono che dai l’impressione di cadere in trance!
Chi ci vede per la prima volta, sicuramente rimane colpito e magari “ipnotizzato” dall’intensità con cui ci dedichiamo al live; tuttavia, ti assicuro che si scatena sempre un bel pogo sotto il palco, anche perché, quando non succede, scendo personalmente fra il pubblico per provocarlo. Quando suoniamo io sono completamente preso dalla musica e può succedere veramente di tutto (a volte sono svenuto in seguito a cadute un po’ violente); mi piace interagire con il pubblico e, anche se rispetto chi ascolta i brani “ipnotizzato”, preferisco un coinvolgimento emotivo e fisico; preferisco mettere in gioco il corpo.

Ultima domanda per concludere l'intervista, sul vostro sito ( www.mothercare.it) mostrate alcuni fotogrammi di quello che sarà il vostro video della canzone "FREEDOM BONDAGE", puoi anticipare qualcosa ai nostri lettori?
Il regista del video è Stefano Bertelli (The Passage degli Ephel Duath) e lo storyboard è stato sviluppato da lui discutendolo assieme a noi. Dovremmo concludere le riprese entro fine settembre, poi il video sarà in rotazione su Rock Tv e su Mtv Superock. Le foto che si possono vedere sul sito si riferiscono alla prima giornata di riprese, in cui abbiamo girato immagini del gruppo da utilizzare come flash all’interno della trama vera e propria. La storia è ambientata in una grande casa, i protagonisti sono una madre e una bambola; il testo di Freedom Bondage è dedicato a mia madre, vorrei riprodurre nel video alcune immagini presenti nel testo. Penso sarà un video molto triste e malinconico, come il testo della canzone.

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