Three Maldoror Kollective

Un paio di anni fa avevo già intervistato i TMK nella persona del leader Kundhali ed era stata un’intervista molto affascinante, così con la scusa del nuovo e bellissimo “A Clockwork Highway” l’ho rifatto. Come al solito le cose che dice il piemontese sono molto interessanti e ci svelano, inoltre, anche molti progetti futuri della band.

L’ascolto di “New Era Viral Order” mi aveva fatto venire voglia di leggere i Canti di Maldoror, lettura che mi è piaciuta molto. Qual è la tua visione di quest’opera?
“ Credo che i Canti di Maldoror siano un’opera finalmente destabilizzante. Ne avremmo bisogno di pagine del genere: oggi si preferisce anestetizzarsi a suon di schiaffoni pubblicitari, volti patinati e plus-valori ebeti da telefonia di terza generazione. Come hai scritto tu in sede di recensione, c’è effettivamente un dio antropofago a cui cercare di fare il culo. Solo che ha imparato a nascondersi e mimetizzarsi in mille modi, e soprattutto ha la televisione dalla sua.”

“A Clockwork Highway” riparte da dove “New Era Viral Order” finiva e si spinge ancora più in là nella sperimentazione. Gradirei che tu parlassi approfonditamente del nuovo disco.
“ E’ soltanto ciò che ha rappresentato al meglio ciò che volevamo comunicare, e ciò che meglio ci descrive all’alba del 2005. Non ho avuto alcun desiderio di mostrare TMK come la band proveniente dal metal estremo più sperimentale che c’è in Italia, davvero questa non è una mia priorità. Piuttosto, sento costantemente la necessità di esplorare qualcosa di nuovo, di colorare le produzioni e di far sì che mi sorprendano. In un certo senso, non facciamo un grosso sforzo compositivo: è come se non facessimo altro che ricevere dei suoni ed organizzarli. Troppo mistico, in effetti, ma anche decisamente vero.”

Mi è spiaciuto non poter addentrarmi nell’immaginario lirico del disco. Illustreresti ai nostri lettori il concept circa il disco?
“ Si, ma poi i lettori diranno che parlo troppo. Sintetizzandolo per non scadere nel palloso ad oltranza, direi che è il primo tassello di una storia che racconta di come un povero cristo tossicodipendente cerchi di distaccarsi dalla sua schiavitù allontanandosi dal mondo percorrendo l’autostrada d orologeria. Questa comincia ad esplodere alle sue spalle, generando incroci casuali ed impedendogli il ritorno sulla medesima traiettoria. Poi ognuno userà la sua chiave di lettura: ciò che è importante è che nel tossico in questione ci possiamo riconoscere tutti. Abbiamo bisogno di disintossicarci dalle palle che ci raccontiamo ed a cui abbiamo disperato bisogno di credere, dalle sovrastrutture della nostra educazione, della religione e dello stato, dal nostro gruppo sociale di appartenenza…non sarebbe male tentare qualche incrocio differente, sull’autostrada. La magia dovrebbe funzionare un po’ come l’innesco ed il modo per sopravvivere nei nuovi territori.”

Tornando alla musica c’è da dire che questo disco prende definitivamente le distanze dal metal e abbraccia la musica elettronica tout-court. A cosa è dovuto ciò? Un disamore per la musica metal oppure verso l’universo che la circonda?
“ Mah, ti dirò che un certo disamore per il metal è certo presente, ma non tanto per la forma musicale in sé quanto piuttosto per l’evidente scarsità di prodotti in grado di attirare la mia attenzione in quel campo. In campo metal, ascolto tutti quegli album che già ascoltavo, e compro con assoluto piacere quelle uscite che mi dicono qualcosa di nuovo, come Mastodon, Today Is The Day, Isis etc. Ma non sono mai stato un grande fan del metal classico ad esempio, non mi piace il power, mi annoia il death svedese (non trovo proprio nulla nei tecnicismi dei vari Darkane, Terror 2000 etc) e mi avviliscono sia il black in odor di adorazione dei mostri sacri primigeni (preferisco di gran lunga “A Blaze In The Northern Sky” a tutte le sue permutazioni successive) che quello più sinfonico e melodico (nella stragrande maggioranza dei casi una pacchianeria insopportabile). Quello che molta stampa specializzata non ha capito, forse, è che non si tratta di scelte stilistiche studiate a tavolino: “A Clockwork Highway” nasce come il disco che avremmo voluto fare/ascoltare/comprare, ed in primis come la scelta migliore per ciò che volevamo trasmettere. La forma ha un’importanza relativa, fino a che non la si padroneggia in libertà.”

Possiamo parlare di un completo rinnegamento del passato black sotto forma di un’evoluzione fatta di punti di rottura, di cui questo “A Clockwork Highway” rappresenta l’anno zero di quello che è stato Maldoror?
“ Credo che ogni album di TMK sia da considerarsi come un anno zero, o almeno questo è per me: mi serve per non fossilizzarmi, per non annoiarmi, per disciplinarmi ad una libertà del cambiamento che la gente non riesce a vedere, comprendere o accettare. Di certo, non rinnego neppure una nota di ciò che abbiamo fatto. Prendi ad esempio un regista come John Carpenter, che amo moltissimo: pur rimanendo un regista di genere (animato da uno straordinario talento), ha saputo cimentarsi con ambienti diversissimi…Ha creato un filone intero di slasher con Halloween, ha raccontato una magnifica favola nera con The Fog, si è divertito con il bellissimo Grosso Guaio a Chinatown, ha toccato un tema di estrema attualità ed intelligenza con "Essi Vivono"…E ci è riuscito perché ha fatto ciò che sentiva, ha diretto ciò che gli piaceva dirigere in quei determinati momenti, e lo ha fatto con la costante applicazione del metodo-Carpenter. Si è messo alla prova, ed è ciò che cerchiamo di fare anche noi.”

In una precedente intervista mi avevi detto di ascoltare molto i Neurosis e i Throbbing Gristle, a quanto pare ciò ha dato i suoi frutti.
“ Ultimamente ascolto molta drum’n'bass, vecchia musica industriale, Jah Wobble, Ennio Morricone e Badalamenti, il fantastico disco d’esordio di Mothboy, tanto powernoise e la mia autoradio sintonizzata sulle AM (c’è gente che ci farebbe album interi). Chissà se si sentirà nelle nostre prossime produzioni?”

La musica elettronica sta contaminando sempre più la musica metal, ed il black in particolare. Molti paragoni sono stati fatti tra “With No Human Intervention” degli Aborym e “New Era Viral Order”, due album a mio avviso molto belli. Secondo alcuni gli Aborym si sono ispirati al vostro disco. Quali sono le tue opinioni a riguardo?
“ Non credo si siano ispirati a noi, se invece così è stato ne sono ovviamente contento: in qualche modo è una soddisfazione ulteriore il sapere di aver influenzato altri musicisti ad esplorare suoni nuovi. Relativamente al black con contaminazioni elettroniche non saprei dirti: non lo seguo molto, direi che sono capitati nel mio stereo soltanto i Diabolicum, che non mi piacciono molto, e gli Axis Of Perdition, sicuramente più efficaci. Certo se un domani tutti i gruppi black avessero incorporato elementi elettronici nella propria musica (ed è probabile: ormai è decisamente out ascoltare black metal e non conoscere almeno un artista della Cold Meat Industry, o non avere ALMENO un album EBM, cazzo…) lo troverei drammaticamente noioso.”

Sai già immaginare future evoluzioni del vostro sound?
“ Direi di sì, abbiamo una buona mezz’ora di musica pronta per il nostro prossimo album e suona molto differente da “A Clockwork Highway”. Molto più acustico sotto un certo punto di vista, con un feeling blues piuttosto particolare. Non mi interessa per il blues in se: direi che si tratta di un contesto descrittivo, anche perché sarà il primo lavoro di TMK basato su una vicenda narrativa, pur se con differenti chiavi di lettura. Un modo per far sì che si possano trovare nuove critiche da riversarci addosso…oppure una nuova esaltante mutazione da parte degli autori di “A Clocwork Highway”…”

Ci sono stati molti cambi di line-up, al punto che c’è praticamente un nuovo kollettivo, come mai?
“ Perché sono abbastanza un pezzo di merda, e non è facilissimo andare d’accordo con me. Senza contare che ritengo il concetto tradizionale di gruppo abbastanza distante dal mio modo di intendere le cose, perlomeno attualmente: preferisco cercare di volta in volta le persone più adatte al progetto e con qualcosa di sensato da dire.”

Nel precedente disco era presente Nordvargr, in questo Bad Sector. Cosa aggiungono al disco queste collaborazioni? Vanno ricondotte al concetto di “collettivo”?
“ Si, generalmente cerco di collaborare con chi credo abbia davvero qualcosa da dire, e credo che Nordvargr e Bad Sector siano persone con moltissime idee ed i piedi ben piantati in terra. In particolare, considero Bad Sector come la punta di diamante dell’Italia sperimentale e rumorosa: il pezzo realizzato con lui su “A Clocwork Highway” ed ancor di più quello sull’album remixato in uscita a breve rappresentano il mio concetto di collettivo al meglio. Modalità e linguaggi differenti focalizzati su una medesima idea: una sorta di morphing di spunti e suoni, una applicazione del paradygm-shifting che credo possa dire molto a livello creativo. Almeno per ora: non credo mai ad una stessa cosa per troppo tempo, e quello che adesso è una vena in buona salute potrebbe essere arida domani. L’unica soluzione è seguire sempre e soltanto l’ispirazione effettiva, e null’altro. Il resto sono speculazioni che lasciano ben poco di sé.”

Vi avevo fatto notare che dei Maldoror si sentiva parlare poco in giro e vi si vedeva ancora meno, nonostante il gran successo di critica del precedente disco ciò è continuato, anche e soprattutto in sede live. Snobismo? Misantropia? Mancanza di mezzi? O cos’altro?
“ Snobismo direi proprio di no: detesto cordialmente tutti i vari sproloqui su elite culturali, musicali, politiche et similia, credo nascondano unicamente la grossa necessità di sentirsi parte di qualcosa (un gruppo, un’aggregazione che se pur di nicchia ha le medesime valenze delle solite tribù giovanili) per non rimanere soli e per avere, nonostante tutto, un ideale da sposare con convinzione religiosa. Né mi ritengo allo stato attuale delle cose particolarmente misantropo: la gente semmai mi annoia un tantino, ma sono una persona decisamente socievole. La mancanza di mezzi potrebbe essere un fattore: tornare su un palco significherebbe creare un set che per come vorrei concepirlo costerebbe davvero un sacco di soldi. Ma il motivo principale, ed il più semplice a dire il vero, è che non ne ho molta voglia. Non amo il live, non l’ho mai amato, e preferisco dedicarmi a creare altra musica. E di certo non sono neppure un grande appassionato di happening e locali dedicati, di qualsiasi genere si parli. Ho un ristretto gruppo di amici, e invecchiando temo si ridurrà ancora…”

Mi avevi anche parlato della tua stima per Riccardo Conforti dei Void Of Silence, compagni d’etichetta. Pensi che si possa concretizzare una futura collaborazione?
“ Può darsi, attualmente non saprei dire. Continuo a stimarlo: ha talento ed è un personaggio decisamente alla mano. Una cosa che trovo rarissima in un mondo dove ci si sente super-uomini non appena si prende in mano una chitarra o si maneggia un distorsore.”

A proposito di collaborazioni, c’è qualcuno con cui vorresti collaborare?
“ Tanti, tantissimi nomi. Qualche soddisfazione ce la toglieremo con la pubblicazione a breve di “23 Miles Back on the Clockwork Highway”, si tratta di “ACH” completamente remixato (e ne rappresenta il completamento ideologico e sonoro) a cui hanno lavorato artisti che ho stimato e stimo moltissimo: Mick Harris, presente con una versione freddissima di “Dopecity”, Eraldo Bernocchi (Sigillum S tra gli altri) con un lungo trip dub-hop costruito sulle atmosfere di “An Affecter of Change”, CTRLer in un remix jungle/d'n'b di “Who Dares to Kill the Lion?” da brividi, Bad Sector con una rivisitazione ritual/etnica di “Babilonia Café”, e molto altro ancora. Credo che le possibilità di interazione siano infinite, occorre avere soltanto un’immaginazione allenata e la voglia di continuare a lavorare, senza soste o scuse.”

Due anni fa avevamo parlato molto di arte, di politica e di filosofia. In questi due anni questi concetti come si sono evoluti dentro di te e nella realtà che ci circonda tutti i giorni?

“ Come tutti i concetti credo che abbiano due volti, ed ognuno è in grado di attribuirne le polarità. Sintetizzando all’estremo, direi che l’arte è una delle più belle manifestazioni dell’uomo, e forse la più utile: un prodotto realmente artistico esce magari una volta ogni dieci anni, ma il suo valore giustifica e ripaga l’attesa, il resto è artigianato, e anche questo può essere ricco di talento, basta saperlo riconoscere. La politica è una statistica, con buona pace di chi ancora crede che gli estremismi politici (di qualunque colore e schieramento siano) possano essere applicati concretamente alla società che dovrebbero amministrare. Anche qui, si sente un discorso politico una volta ogni dieci anni: il resto è sproloquio fazioso, o rimaneggiamento popolare. La filosofia è una magnifica disciplina con ben poche applicazioni reali e concrete. Dove ha una connessione con il reale (un termine che uso con una valenza estremamente ampia e non certo così materialistica come potrebbe apparire) è certamente utile. Negli altri casi è un ottimo passatempo speculativo da accompagnare al vino. Considerando che è stata la mia facoltà universitaria, direi che avevo parecchio tempo per dedicarmi all’alcool.”

Chiudi pure come vuoi.
“ Ecco la domanda più difficile, quella che mi lascia sempre nell’indecisione. Visto che davvero non sono capace, potrei ribaltarti la questione e chiederti se ti è piaciuta l’intervista…a me, personalmente, molto.”

Anche a me è piaciuta molto, sei il tipo con cui berrei volentieri una birra parlando di tutto e del contrario di tutto.

Intervista a cura di Luigi 'Gino' Schettino

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