Info

Gruppo:Gotthard

Diciamolo chiaramente: era davvero ora che il talento dei Gotthard venisse unanimemente riconosciuto in Europa: sarà che quando hanno iniziato andava di moda il grunge, sarà stata la cattiva distribuzione, oppure le spinte esterne a rendere più commerciale la loro proposta, fatto sta che fino a poco tempo fa era davvero difficile trovare qualcuno, al di fuori della Germania e della Svizzera, che tributasse i giusti onori a questa formazione.
Due anni fa qualcosa è cambiato: il contratto con la Nuclear Blast e la nuova libertà artistica del quintetto hanno partorito il capolavoro “Lipservice”, che ha riportato immediatamente le cose alla loro giusta proporzione: oggi i Gotthard sono giustamente una delle migliori hard rock band di tutti i tempi e non è affatto errato affermare che abbiano iniziato la scalata verso il successo. “The domino effect”, il loro ottavo lavoro in studio, è un altro clamoroso centro, e non è difficile immaginare che da qui a pochi mesi i consensi già raggiunti dalla band di Lugano si allargheranno a dismisura…
Ho incontrato i simpaticissimi Steve Lee e Hena Habegger nella lussuosa hall dell’hotel Hilton, a Milano: più che un’intervista, una chiacchierata piacevole e distesa tra un fan decennale della band (il sottoscritto!) e due rappresentanti della stessa, una chiacchierata nella quale si è parlato un po’ di tutto, ma soprattutto di questo ennesimo capolavoro di casa Gotthard. Non è mancato neppure un tocco di surreale nonsense, come potrete leggere da voi…

Innanzitutto complimenti per il disco! E complimenti soprattutto alla Nuclear Blast che finalmente si è decisa a mandarci un promo come si deve, senza tagli o “voice over” di sorta…

(Steve): Hai già ascoltato tutti i pezzi, quindi?

Immagino di sì… certo, magari la qualità non è eccelsa, ma si fa ascoltare più che volentieri…

(Hena): Probabilmente manca il mastering: l’abbiamo ultimato solo pochissimi giorni fa…

Poco male, tanto l’avrei comprato lo stesso! Senti, mi ricordo di una recensione apparsa in occasione dell’uscita di “G” (per la cronaca, era su MH e l’autore era Carmelo Giordano, NDA) dove si diceva che se un pezzo come “Father is that enough” fosse uscito alla fine degli anni ’80, non ci sarebbe stato scampo per tutte le ragazzine sparse per il mondo… oggi, a giudicare dai dati di vendita di “Lipservice”, pare proprio che qualcosa si sia mosso: che ne dite?

(Steve): La nostra gavetta l’abbiamo fatta, è sedici anni che siamo in giro, quindi direi che sappiamo il fatto nostro! A mio parere, ad essere sbagliate non erano le canzoni, quanto l’entourage che avevamo: incidevamo per una major, per la BMG come ben sai, che in alcuni paesi ha fatto un buon lavoro, e che in altri si è semplicemente dimenticata! Puoi anche scrivere la “Stranger in the night” di turno, ma non otterrai nessun risultato se non hai la possibilità di portare il disco all’attenzione del pubblico. Dal nostro punto di vista abbiamo sempre fatto il nostro dovere, abbiamo sempre cercato di dare il massimo, ma la differenza è che finalmente abbiamo il giusto supporto da parte dell’etichetta: la Nuclear Blast tratta magari cose più dure delle nostre, ma è in possesso dei contatti giusti in quei paesi dove prima non eravamo mai stati troppo in vista, non per ultimo l’Italia.
Siamo appena arrivati da Madrid, dove abbiamo avuto dei riscontri fantastici da parte del pubblico, abbiamo fatto alcuni tra i concerti più belli di tutta la nostra carriera: insomma, sembra proprio che qualcosa si muova!
Certo, è frustrante per un musicista che sa di avere ottime possibilità, continuare a sentirsi dire: “Il tuo genere non è più di moda!” oppure “Portate ancora i capelli lunghi, non si usa più!” e cose così. Per tutta la nostra carriera siamo stati circondati da gente che ci diceva che cosa dovevamo fare, e noi, un po’ ingenuamente, li abbiamo anche dato retta: ci dicevamo che, se ci dicevano così, era perché sapevano il fatto loro, e quindi ci siamo fatti consigliare…
E invece tre anni fa sai che cosa abbiamo fatto? Abbiamo mandato tutti quanti a fare in culo, ci siamo fatti la nostra casa discografica, la G. Records, per il mercato svizzero, e abbiamo fatto in modo di avere tutti i fili in mano nostra: persino il nostro manager non fa nulla senza prima chiedere a noi! Ne abbiamo viste veramente di cotte e di crude, prima o poi scriveremo un libro in cui racconteremo un bel po’ di cose…
Francamente non so se il genere di musica che facciamo sia di moda o meno: so però che viene dal cuore e che è di qualità, e credo che questo sia l’importante! Da parte mia, faccio sempre il paragone con la primavera: arriva tutti gli anni, è vecchia come il mondo, ma è ogni volta una figata, siamo sinceri!

Sono assolutamente d’accordo! Prendi anche il nuovo singolo “The call”: la melodia è se vogliamo scontata, già sentita, ma è bellissimo ugualmente…

(Steve): Ti ringrazio, mi fa molto piacere! Effettivamente è un pezzo molto commerciale! C’è da dire che, almeno in Italia, non sarà singolo perché uscirà direttamente il disco. E poi scegliere un brano da utilizzare in questa veste sta diventando molto frustrante: ognuno ha la sua idea, e non è facile mettersi d’accordo. Ad esempio, all’inizio volevamo scegliere “When is love where it’s gone”, poi qualcuno ha pensato che sarebbe andato meglio qualcosa di più duro, tipo “The Oscar goes to you”, qualcun altro ha pensato a “Falling”, un brano molto profondo e significativo…
Alla fine abbiamo pensato che, almeno dal punto di vista radiofonico, “The call” fosse il più adatto: non so da voi, ma in Svizzera devi sottostare a certe regole, appena sentono una chitarra elettrica si grida allo scandalo (non ti dico qui! NDA)…
Ad ogni modo sono fiero di tutto il disco, poi ognuno sceglierà il brano che preferisce…

Guarda… francamente io sto amando tantissimo questo album: “Lipservice” secondo me è stato il vostro capolavoro, ma anche questo ci va molto vicino… d’altronde io ho apprezzato tutti i vostri dischi, forse l’unico che mi aveva un po’ deluso era stato “Homerun”…

(Steve): Davvero? E’ interessante questa cosa… beh, in effetti è forse quello dove ci siamo lasciati andare di più, abbiamo dato troppo retta al nostro ex produttore…

Comunque questo mi sembra un lavoro meno immediato rispetto al precedente, ha bisogno di crescere ascolto dopo ascolto, forse perché in generale i brani sono più cupi e meno lineari…

(Steve): E’ un disco che ha diversi colori: ci sono pezzi come “Heal me”, molto quadrato, in stile AC/DC, che rispecchia quello che è il modo di lavorare di Leo. Io vengo invece da una linea tipo Journey, sono un cantante per cui mi piace fare cose che siano belle da cantare. E’ molto bello vedere come queste diverse tendenze si uniscano a creare un qualcosa di unitario: in particolare questa volta è stato molto importante il lavoro svolto da Freddy, il nostro secondo chitarrista, che ormai si è integrato ma che è ancora nuovo. Bene, lui arriva spesso con dei riff, con delle idee molto moderne, per cui rappresenta una ventata di fresco che non può che farci bene. Sono tre elementi che contribuiscono a dare così tanti colori al disco, e io trovo che sia un bene: perché usare sempre il bianco e il nero quando ce ne sono così tanti a disposizione? Che sia una ballata profonda, un pezzo un po’ più cattivo, o uno maggiormente melodico, l’importante è che ci sia un denominatore comune, che è poi il rock che suoniamo da anni e nel quale ci riconosciamo! Niente di nuovo per carità, ma credo che se hai qualità, tu possa dire qualcosa di buono ancora oggi e riuscire a vivere di musica… comunque è vero quello che dicevi prima, che i pezzi sono un po’ più cupi, è una cosa che anche altri mi hanno fatto notare, suonano quasi grunge, per così dire…

Senti, che cosa mi dici invece di un titolo come “The domino effect”? Immagino che non abbia nulla a che vedere con il tanto temuto “effetto domino” della guerra del Vietnam, vero?

(Steve): No, direi di no (ride)!

(Hena): Per quanto mi riguarda, io lo interpreto così… aspetta che forse riesco anche a dirtelo in italiano (Hena è infatti svizzero tedesco, capisce ma non parla molto bene la nostra lingua NDA)… ecco, penso che si possa spiegare più o meno con “non possiamo fermare le cose che abbiamo iniziato”…

(In quel momento salta fuori dal nulla Paolo Meneguzzi, che con mia grande sorpresa saluta la band e si mette a scambiare quattro parole con loro… che cosa ci azzecchino insieme proprio non lo so, ma poi mi viene in mente che anche lui dovrebbe essere originario del Ticino, o qualcosa di simile… NDA)

(Hena): Dicevo… poi puoi relazionarlo alla situazione che preferisci, puoi associarlo a diversi contesti, a seconda di come ti sembra opportuno…

(Steve): L’idea un po’ scherzosa, se posso intromettermi, è quella della copertina: abbiamo messo un grosso bottone play e lì l’effetto domino deriverebbe dal fatto che se schiacci play all’inizio non puoi più tornare indietro, sei costretto ad ascoltare il disco fino alla fine! E’ anche vero che la canzone stessa tratta proprio di questa dinamica: qualsiasi cosa tu metta in giro a livello di informazione, di voce, di chiacchiera, si gonfia, si storpia, e provoca un “Domino effect” impossibile da fermare. Pensa anche a ciò che accade con lo scioglimento dei ghiacci, determinato da tutte le porcherie che mandiamo in aria… è meglio comunque pensarlo in positivo: se tu mandi in giro un messaggio bello, così sarà anche l’effetto domino che ne conseguirà; al contrario, se diffondi una cazzata, verrà fuori una cazzata megagalattica (ride NDA)!

(Come se la presenza di Meneguzzi non avesse già reso alquanto surreale questa intervista, compare anche un cagnolino minuscolo, tipo chiuaua, che si mette a gironzolare nella hall dell’hotel, attirando immediatamente lo sguardo divertito di Hena…NDA)

(Hena): Quello è un leccafiga!

Come scusa?

(Hena): Sì, è proprio un leccafiga! (ride NDA)

(Steve): Il prossimo album lo chiamiamo così! (risate collettive. Questo tocco di umorismo elvetico segna anche la fine dell’intervista di Hena, che si tuffa sul tappeto nel tentativo di attirare l’attenzione di questo cagnolino dotato di presunte abilità sessuali… beh, che dire? E’ stato un piacere parlare con te! NDA)

Tornando alla titletrack, è proprio un bel pezzo! Scommetto che funzionerà alla grande dal vivo…

(Steve): Sì, è decisamente un pezzo live! Tra l’altro tocchi un tasto molto importante: negli ultimi album abbiamo preso sempre più la tendenza a comporre pezzi che possano essere interpretati molto bene dal vivo. Non vorremmo cadere nell’errore di alcune band che hanno bisogno di centomila sampler per fare un concerto… plug in, play e divertimento: questo è rock and roll!

Sono assolutamente d’accordo con te! E del resto questo è uno dei vostri punti di forza maggiori: ho visto centinaia di concerti nella mia vita, e i vostri si situano di diritto tra i primi dieci in assoluto… e non lo dico certo perché ti sto parlando, credimi!

(Steve): Mi fa piacere quello che dici, io credo che dipenda dal fatto che la gente vede che sul palco ci divertiamo! Penso che sia questo lo spirito del rock and roll: avere “good time”, divertirsi e lasciare a casa i problemi! Perché parlare sempre di politica, del fatto che la gente muore, e cose così? Certo, lo so anch’io che il mondo è una merda, però trovo che se almeno noi riusciamo a dargli un tocco positivo, sarebbe di sicuro un passo avanti…

A questo proposito: è evidente che ogni genere musicale prevede testi che vanno in una certa direzione, che seguono certi cliché. Nel vostro caso, mi pare che i testi siano secondari rispetto alla musica e che i temi trattati ruotino sempre più o meno attorno all’amore, al divertimento e cose così. Al di là di quando vi ispirate ad episodi della vostra vita, non è un po’ frustrante dover parlare sempre delle solite cose? Non vi piacerebbe provare qualche cosa di diverso ogni tanto?

(Steve): Frustrante non direi. Dopo tutto si parla sempre di cose che ci piacciono e ci interessano. Dal mio punto di vista, visto che scrivo la maggior parte dei testi, preferisco parlare di queste cose, dato che mi sono più famigliari: “have a good time”, divertimento, perché questo alla fine è il rock, come ti ho già detto. Argomenti più impegnati, come ad esempio potrebbe essere la politica, non rientrano nel mio campo: non ho la ricetta per un mondo migliore, anche se so benissimo come NON voglio vivere! Va bene ogni tanto puntare il dito su qualche cosa, per carità, però senza esagerare. Del resto poi hai ragione, il testo per noi non è così importante come per la musica, ma deve comunque funzionare, deve essere fluido, deve essere una cosa che si possa cantare senza problemi. Le cose difficili lasciale fare ad artisti come Alanis Morrissette, che vanno a cercare parole complicate, assolutamente inadatte ad una canzone…

E’ anche un altro genere però, dopo tutto ci può anche stare…

(Hena): (Miracolosamente ricomparso! NDA) Bisogna anche dire che noi scriviamo sempre prima le musiche, non accade mai che arrivi prima il testo e che quindi ci si metta sopra la musica. Altri artisti lavorano in questo modo, ma non noi.

(Steve): Giusto, e comunque te lo concedo: i testi non sono certo la nostra forza…

(Hena): Non cantiamo neanche cagate, però!

Ci mancherebbe altro, non intendevo dire questo! Penso che sia giusto così: il genere è d’impatto, se uno vuole venirvi a vedere ci viene per la musica, non è come con Bob Dylan, per cui la gente si legge prima i testi per vedere se un suo disco è valido…

(Steve): Conta anche che noi andiamo a suonare in paesi in cui non sanno assolutamente che cosa vuol dire quello che cantiamo… e cantano tutto lo stesso, però!

Senti, posso farti una domanda da cantante a cantante? (Oddio, chiamare me “cantante” è un po’ grossa, ma non ho resistito alla tentazione NDA) Mi impressiona moltissimo il fatto che non c’è praticamente differenza tra le tue performance in studio e dal vivo, riesci a stare sul palco sempre al massimo livello… come diavolo fai?

(Hena): Ok, allora io esco a fumare una sigaretta…

(Steve): E’ giusto, non devi scoprire nulla dei miei segreti… non andare a piedi fino a Padova però, intesi (ride NDA)? Beh, non te lo saprei dire con precisione! Tecnicamente parlando, un grande aiuto me l’ha dato il Signore, dato che la voce o c’è o non c’è, è una cosa fisica! Inoltre ho sempre suonato la batteria facendo contemporaneamente le seconde voci, e penso in questo modo di essermi aiutato da solo. In più, cerco anche di non rovinare la mia voce: ho preso qualche lezione di canto, proprio allo scopo di controllarmi meglio e di non danneggiarmi. So che molti cantanti fanno l’errore di andare sul palco senza essersi riscaldati a dovere, e poi, peggio ancora, dopo il concerto stanno tutta la notte a fare party, a bere e a gridare… ma se fai un tour di 80 date come è successo a noi, se fai così dopo dieci giorni sei morto!
Cerco anche di vivere in modo salutare: faccio sport, non fumo, bevo moderatamente… credo siano tutti fattori che aiutano, la disciplina è davvero molto importante. Certo, non è che non mi diverta anch’io per carità, però sono consapevole del fatto che le corde vocali non sono come quelle del chitarrista che se ne rompi una la cambi: qui se succede qualcosa sei fottuto! Conosco personalmente gente, Klaus Meine ad esempio, che ha avuto grossi problemi recentemente, è dovuto stare fermo un anno e farsi operare…
In studio invece, dopo 15 anni che registro dischi ho trovato una cosa nuova, un espediente che mi diverte molto: buona parte delle linee vocali sono state registrate con un microfono posto davanti alle casse dello studio, mentre il disco veniva ascoltato sul mixer. E’ una cosa che ho sentito fare da Tina Turner: lei prende un microfono, si mette al posto del tecnico del suono, e mentre sente la base registrata canta. In questo modo è più live, meno freddo… ho provato a fare così anch’io in nove canzoni su quattordici, ed è stata un’esperienza che devo assolutamente rifare! Cantare con le cuffie, dentro ad una saletta asettica, inevitabilmente ti condiziona. Molta gente ci ha sempre detto che, nonostante la bellezza dei dischi, noi fossimo un gruppo da vedere dal vivo. E da parte mia ho sempre pensato che fosse necessario portare in studio l’energia che abbiamo sul palco: magari non è sempre perfetto, ma è vivo, autentico! E poi quando canto ho bisogno di muovermi per trasmettere le giuste sensazioni!

(Nel frattempo Hena ritorna ma, ahimè, è tornato anche il cane, per cui eccolo di nuovo sul tappeto NDA)

Parliamo del tour adesso: dopo il successo di quello di “Lipservice”, che avete immortalato anche su dvd, che cosa c’è ancora da fare?

(Steve): Oh, ancora moltissimo in realtà! La cosa che ci ha fatto felici dell’ultimo tour, è che finalmente abbiamo potuto suonare in paesi che non avevamo mai toccato, sempre a causa delle fregature della BMG, che in alcuni paesi non ha fatto proprio nessun lavoro! Per noi era veramente frustrante la consapevolezza di avere un grande potenziale, ma di non avere la possibilità di farlo vedere…
Finalmente adesso abbiamo l’occasione di farlo: abbiamo suonato in Sudamerica, in Spagna, in Inghilterra (mi vergogno a dirlo ma in quindici anni non c’eravamo mai stati!), e lì soprattutto è stato un successone, sul nostro sito abbiamo avuto un’esplosione di gente che non faceva altro che dirci “Ma dove eravate in tutti questi anni?”
Per cui in maggio faremo subito dei concerti in Svizzera, ma la cosa che ci gasa più di tutte è quella di fare di nuovo tutti questi paesi, e magari di aggiungerne di nuovi. Sarà un lungo tour infatti: ufficialmente inizierà ad ottobre, anche se in estate parteciperemo ad alcuni festival. Attualmente ci sono alcune date confermate e altre ne verranno fuori prossimamente…

Io ti dico subito che sarò a Lucerna il 19 maggio…

(Steve): Davvero? Mi fa molto piacere, ci vediamo lì allora!

Certamente Steve, non vedo l’ora…

Il countdown per “Domino Effect” è iniziato e presto, impegni di lavoro permettendo, vedrò di raccontarvi l’anteprima di un tour che è già un successo annunciato… stay tuned!

Intervista a cura di Luca Franceschini

Ultimi commenti dei lettori

Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?