In occasione del loro album d’esordio incontriamo gran parte dei musicisti che fanno parte dei death metallers Light Silent Death, infatti, oltre al batterista Luca Paparelli, troviamo tutti e tre i Francesco del gruppo: Porchetti (il cantante), Briotti (tastierista) e Bronzini (chitarrista), che ci parlano del gruppo, della realizzazione del disco, del suo concept e non solo...
Io partirei subito andando ad approfondire un argomento che nel corso della mia recensione ho appena sfiorato... il concept su cui si poggia “Under The Sign Of Cancer”, ok?
Francesco Porchetti: “Under The Sign Of Cancer” si fonda su un gioco di alterità, di come noi vediamo le cose e di come effettivamente esse siano. Il titolo può essere letto in due chiavi: quella del cancro come malattia, dunque una chiave di lettura “moderna”, perchè scaturisce dall’inquinamento e da situazioni di vita fuori da ogni concezione umana; e quella del “cancro” delle idee, dunque visioni della realtà che possono essere una salvezza per l’uomo comune, schiavo di un sistema di leggi e di vita dettato dai potenti. Allo stesso tempo queste idee, questi sogni, sono una malattia che i cosiddetti “potenti” vorrebbero veder debellata, perchè fonte di malcontento, e quindi di dubbio, indagine e indignazione.
Come si riflette il tutto sull’artwork che campeggia sulla copertina del disco?
Francesco Porchetti: Si riflette nella maniera in cui, a volte, ci si azzarda in previsioni che sembrano paradossali, ma paurosamente attendibili. La torre rappresentata nella copertina vuole essere una moderna concezione della Torre di Babele, che da sempre è il simbolo dell’incomunicabilità linguistica ed è stata trasmigrata tra l’uomo e il mondo. Noi e il mondo come entità parliamo ormai due lingue che non riescono più nemmeno ad udirsi vicendevolmente. Siamo arrivati a concepire il termine di sviluppo (ovviamente tecnologico) come lo sradicare ogni forma di vita per gettare una colata di cemento e costruire ciò che noi riteniamo umano, naturale e giusto.
A questo punto mi sposterei sulla storia del gruppo, scorrendola dagli esordi sino ad oggi.
Francesco Briotti: Parlare della storia dei Light Silent Death significa parlare del sogno di due giovani ragazzi (Francesco Porchetti – voce – e Simone Zampetti – basso e voce) e della lunga ricerca di elementi per formare una band. Una storia come tante altre, me ne rendo conto, ma l’entusiasmo e la continua energia che trasmettevano quei due matti non ha faticato troppo nel coinvolgermi verso l’inverno del 2004. All’epoca l’idea di creare una proposta metal non rappresentava la realtà ed infatti iniziammo noi tre affiancati da altri ragazzi. Ci chiamavamo “Bloodstained” e suonavamo dark rock/goth ‘n roll (a là “The 69 Eyes” per intenderci). Eravamo praticamente sempre in sala prove e su vari palchi della nostra città, ma già due anni dopo abbiamo cambiato nome, consapevoli dell’evoluzione stilistica che stava prendendo il suo naturale sopravvento sulla musica che facevamo precedentemente. Non è stato perciò possibile, per questioni logistiche, proseguire con gli altri musicisti nel nostro organico. Francesco Porchetti è sempre stato un amante delle sonorità sperimentali e della musica ricercata da una punto di vista tematico, adora da sempre il folk, la musica irlandese e molti dischi di metal estremo, i cui testi non affrontano argomenti ridicoli. Simone Zampetti è sempre stato un bassista dal tocco forte e preciso, amante del progressive metal, del power, del thrash ed io ho sempre studiato pianoforte da quand’ero bambino, spostandomi, successivamente, verso una sfera compositiva più complessa, che abbracciava principalmente il progressive rock anni ’70, la musica elettronica, la fusion e la musica orchestrale. Studiavo e studio anche chitarra, per cui l’impatto col metal estremo non è stato così duro come potrebbe sembrare, dal momento che ho sempre ascoltato anche frequenze sonore molto forti e distorte. Tornando ai L.S.D., nel 2007, dopo aver trovato in un entusiasta e capace Francesco Bronzini la figura del chitarrista che faceva al caso nostro, abbiamo iniziato a cercare anche una seconda chitarra, trovata in Marco Delle Fate, talentuoso musicista che ha rimpiazzato il chitarrista precedente, non adatto al sound che cercavamo. La ricerca del batterista è stata dura ma, nel 2008, abbiamo scovato Luca Paparelli, preciso e fantasioso. Da tre anni quindi la formazione è al completo e l’unione del gruppo è arrivata ad essere molto forte, anche come amicizia. La logica conseguenza è stata la musica che hai ascoltato nel nostro debut album.
Ho notato che Light Silent Death si potrebbe compattare in L.S.D.: solo un caso? Cosa c’è in realtà dietro il vostro monicker?
Francesco Briotti: Ci credi che ci siamo accorti dell’acronimo solamente dopo aver deciso il monicker della band?! Dico sul serio, l’idea che sta alla base di questo doppio genitivo sassone venne anni fa a Francesco (Porchetti) e a Simone ed io reagii con entusiasmo, soprattutto per il significato così dolce e malinconico nello stesso tempo. “Morte Silenziosa della Luce” è il decesso di qualcosa che non fa rumore, come un tramonto, come a voler ricordare che sono tante le cose in questo mondo che ci muoiono davanti, che vengono letteralmente sgretolate davanti ai nostri occhi silenziosamente ed in modo solitario, senza che noi ce ne accorgiamo o senza dargli la benchè minima importanza. Quando penso a questa “Morte Silenziosa della Luce” mi viene in mente il mare ed un romantico tramonto di fine estate, ma forse sono io che non posso fare a meno del mio inguaribile sentimentalismo.
Francesco Porchetti: Come già detto da Francesco, bisogna sempre chiedersi quali siano al mondo quelle cose che, morendo, non lasciano traccia. Persone, culture, universi interi scompaiono senza far rumore, senza che nulla si volti a lanciargli un ultimo sguardo. Noi come gruppo abbiamo la pretesa, magari passando per superbi, di voler dare una voce a tutte quelle cose che voce non hanno.
Al di là del giudizio positivo, vi ritrovate con le mie farneticazioni su “Under The Sign Of Cancer”?
Luca Paparelli: Al di là dei contenuti, ogni recensione rispecchia l’opinione di chi la scrive. Pertanto, essendo un’opinione soggettiva, si può essere d’accordo o meno con l’autore, ma si deve pure sempre rispettare e tenere in considerazione il suo giudizio. Del resto, critiche costruttive e giudizi esterni servono sempre per migliorare ed essendo noi al debut album non possiamo che farne tesoro per fare ancora meglio di quanto svolto fin’adesso
Francesco Briotti: Io credo che il senso di “Under The Sign...”, benchè generato sotto forma di concept, non venga percepito allo stesso modo da tutte le persone che lo ascoltano. Credo che ciò sia un bene; non sono mai stato un amante dei dischi molto espliciti musicalmente, in quanto il messaggio viene trovato in modo troppo facile e l’ascoltatore non viene nemmeno un po’ stuzzicato, non ponendosi domande sui motivi alla base di tante scelte che ha compiuto la band in questione. Certamente si può incappare in giudizi negativi o qui pro quo e varie interpretazioni sbagliate dei testi, scelte di soluzioni invece che di altre, ma siamo anche sette miliardi di persone in questo pianeta e, se la pensassimo tutti allo stesso modo, non avrebbe senso nulla. Nel frattempo noi creiamo la musica che ci piace, punto.
Ad ogni modo, quali sono state le prime risposte da parte del “mercato”?
Francesco Briotti: Direi che tra “aficionados” e non, questi primi mesi potremmo considerarli abbastanza buoni. Riceviamo un discreto numero di richieste e il discorso sembra crescere, ma la strada è ancora lunga e noi ci impegneremo ancora di più.
...e più in generale dalla critica?
Luca Paparelli: Fin’adesso i responsi sono stati buoni un po’ dappertutto, a dimostrazione che il lavoro svolto dalla band durante questi anni non è stato vano. Come dicevo prima, ogni opinione, positiva o negativa che sia, deve essere tenuta in considerazione, ma vedendo che il segno “più” in generale sta prevalendo rispetto a quello “meno”, non possiamo che essere soddisfatti di come “Under...” sia stato accolto.
Francesco Briotti: Benchè consapevole del fatto di aver lavorato sodo e per molto tempo, personalmente, mi sono trovato più che onorato e ben felice di leggere recensioni in cui chi scriveva aveva ben recepito sia il messaggio musicale che quello della proposta in sè, avendo ascoltato (e non semplicemente sentito) il disco in maniera profonda e mai superficiale.
“The Sea In A Glass” è l’episodio più “anomalo” del disco. Mi chiarite il dubbio che ho esposto nella mia recensione (“...un’ossatura articolata, prende nettamente le distanze dal Death a favore di un sound più vicino al Dark & Gothic. Non so se si tratta semplicemente della voglia di sperimentare suoni diversi, oppure di un passaggio reso necessario dal concept attorno al quale ruota l’album...”)? Per il futuro pensate di spostarvi ulteriormente verso queste sonorità?
Francesco Briotti: Immagina che ogni brano di “Under The Sign...” sia il paragrafo di un capitolo e ogni canzone rappresenti uno sguardo verso un angolo di noi stessi e della realtà che ci circonda. “The Sea In A Glass” non fa differenza rispetto alle altre tracce: sono tutte piccole grandi esperienze e pensieri raccontati in modo personalissimo. Composta nel 2006 e recuperata sotto forma di demo due anni dopo, possiamo dire che “The Sea...” è sì un’eccezione dal punto di vista “metallaro” del termine (anche se possiede delle riprese molto heavy, specie il solo di chitarra finale, estremamente hard rock 80’s), ma abbiamo pensato di inserirla nella scaletta proprio per questa sua peculiarità di “spezzare” completamente il disco in due parti, quasi fosse la “fine primo tempo-inizio secondo tempo”. E’ uno sguardo al dark degli anni ‘80/‘90, suonato ed interpretato, tuttavia, con lo stesso stile di tutte le altre canzoni dell’album. La base parte da una storia d’amore finita nel peggiore dei modi ma, per le tematiche affrontate e le spiegazioni intrinseche di tale tragicità, è in grado di affiancarsi alle riflessioni degli altri brani. Inoltre una ballad riposa anche le orecchie ogni tanto. Per il futuro non saprei dirti, tutto è possibile.
Un passo indietro: quali sono state le varie fasi che hanno portato alla genesi del disco?
Luca Paparelli: “Under The Sign Of Cancer” ha avuto una gestazione piuttosto lunga, dalla prima stesura del materiale fino al master finale. Abbiamo cominciato a mettere mano ai pezzi del disco già dal 2008, quando la line-up del gruppo ha trovato un assetto definitivo. Alcuni dei brani già facevano parte della nostra prima demo “20 Years...Of Obscuration”, altri invece sono stati scritti tra il 2008 ed il 2010, eccezion fatta per “The Sea In A Glass”, composta come già detto ben prima di questo periodo. Una volta sicuri dei pezzi che volevamo inserire nel disco, a fine Gennaio 2011 ci siamo chiusi nei B.P.A. Studios di Francesco Riganelli a Cortona (AR) ed abbiamo affrontato tutte le varie fasi della produzione (registrazione dei singoli strumenti, missaggio e master), arrivando così al risultato finale, che non può che rispecchiare a pieno quello che sono oggi i Light Silent Death.
Lo state già supportando con delle date dal vivo? O lo farete?
Luca Paparelli: Lo abbiamo fatto e lo faremo. La dimensione live è fondamentale per una band come la nostra ed i nostri pezzi rendono sicuramente meglio dal vivo. Abbiamo fatto alcune uscite live quest’estate e stiamo pianificando date per quest’inverno. Tenete d’occhio la nostra pagina Facebook per aggiornamenti!
Voi arrivate da Terni, com’è la scena metal dalle vostre parti?
Francesco Briotti: Per quanto riguarda l’Umbria in generale (Perugia in particolare), la scena metal ha trovato molti sfoghi sotto forma di decine di band, alcune delle quali anche molto interessanti da un punto di vista meramente tecnico; ci sono molti gruppi di metal estremo, ma anche band che richiamano il passato dell’heavy metal sotto forma di “tribute band”. I riscontri li sappiamo tutti: i gruppi cover, generalmente, hanno la “pappa fatta” per loro natura e non faticheranno mai quanto i progetti musicali inediti. Diciamo che, tutto sommato, mentre a Terni la scena metal non è sinonimo di omogeneità e sta incontrando pian piano delle realtà che la stanno aiutando, a Perugia è più viva e fruibile che mai.
Luca Paparelli: Da perugino “impiantato” a Terni potrei dilungarmi in una panoramica globale sulla scena musicale della nostra regione. Diciamo che in Umbria ci stiamo pian piano svegliando dopo “eoni” di letargo. Nel corso degli ultimi anni sono nate realtà interessanti sia in provincia di Terni, che in quella di Perugia ed ognuna si è fatta ben conoscere nell’ambiente metal italiano e, in certi casi, ben oltre i nostri confini. Naturalmente non mancano le difficoltà, perchè sia Perugia che Terni non sono metropoli come Roma, Milano ecc. e gli spazi sono numericamente inferiori a quelli delle grandi città. Le iniziative però non mancano ed in questo modo è stato possibile creare un movimento in cui sono maturate ottime band di diverso genere.
Non credete che un mezzo come Internet possa comunque cancellare ogni distanza?
Luca Paparelli: Già lo fa da oltre dieci anni, eheheheh. Internet ha abbattuto qualsiasi tipo di distanza, permettendo così in pochissimo tempo lo sviluppo di nuovi mezzi di comunicazione. Da strumento per pochi è diventato grazie alla diffusione della banda larga un mezzo accessibile a tutti e le conseguenze le conosciamo benissimo. Per l’argomento che ci interessa, ovvero la musica, l’avvento di Myspace, Youtube, Facebook e dei social network in generale ha fatto il resto, permettendo così una maggiore fruibilità delle opere artistico/musicali, ma anche un contatto più diretto fra le band ed il pubblico. Di ciò ne hanno tratto subito vantaggio le band meno in vista, compresa la nostra, e ad oggi è diventato fondamentale per tutti quei gruppi ed artisti che grazie a ciò possono sviluppare collaborazioni, promuovere eventi e raggiungere fette di pubblico più ampie possibile.
Certo che c’è anche chi si lamenta di Internet, più che altro per l’eccessiva facilità nel reperire “gratuitamente” musica della rete, voi che ne pensate?
Luca Paparelli: E’ la logica conseguenza di quel che ho detto prima, ovunque ci sono dei pro e dei contro ed anche Internet non sfugge alla “regola”. Il fatto che la musica viaggi in rete e si trovi dappertutto da una parte facilita notevolmente la reperibilità della stessa, dall’altra danneggia chi con le sue opere “ci campa”. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Il mercato è in crisi ed i dischi non vendono più a causa del download “selvaggio”. Nel corso degli anni sono state create soluzioni che hanno “alleggerito” un problema che ancora è presente, ma dal canto nostro se non avessimo avuto a disposizione questo enorme strumento di comunicazione, nemmeno staremmo qui a parlare adesso.
Francesco Briotti: Internet è una risorsa talmente potente che l’uomo, per sua natura, non può far altro che esserne quasi accecato. Oggi noi agognamo informazioni, ne vogliamo in gran quantità e subito. Questo spiega l’uso e l’abuso di una mera realtà parallela, come quella che è per l’appunto Internet. La rete avvicina le persone, ma può allontanarle irrimediabilmente, la rete ci mangia e bisogna esser forti per non incappare nell’information overload. Solo dieci anni fa, avevo comprato “Six Degrees Of Inner Turbolence” con tutti i miei risparmi ed il valore che ha quel disco non può averlo nessun torrent a 320 kbs/s. E’ una questione appunto di “valore”. Musica in quantità troppo fruibile equivale a “musica senza alcun valore” per quanto mi riguarda, ma io sono un fanatico dei dischi originali e quindi parlo anche da collezionista. Aggiungo che utilizzare il file sharing in modo intelligente potrebbe davvero salvare la musica. Mi spiego: io scarico un disco, lo ascolto, mi piace, mi metto i soldi da parte e me lo compro su Internet (nei negozi costa effettivamente troppo). Oppure: lo scarico, lo ascolto, non mi piace, cancello la cartella. Fine.
Francesco Bronzini: Sono d’accordo con quanto detto, molti miei amici (la quasi totalità), io compreso, nonostante possiedono giga su giga di mp3, tutti gli album più graditi ce li hanno originali. Entrare nelle loro camere sembra quasi entrare in un negozio di dischi. Nonostante il download sfrenato, i cd originali continueranno comunque ad essere venduti. Come diceva Francesco, il download ci permette valutare anticipatamente il prodotto prima di acquistarlo.
Beh, ora siete voi che dovreste provare a sfruttare il Web prendendovi la responsabilità della chiusura di questa intervista...
Luca Paparelli: Cercheremo di non dire fesserie allora, ahahahah! Anzitutto, grazie a te Sergio per la bella chiacchierata e a Metal.it per lo spazio che ci ha concesso. Invito tutti i lettori a seguire le attività dei Light Silent Death in giro per la rete: siamo presenti su Facebook, Myspace, Youtube e Reverbnation. Se poi qualcuno fosse interessato ad una copia di “Under...”, si può rivolgere direttamente a noi, mandando una mail a
lightsilentdeath@gmail.com; oppure, consultando il sito della nostra etichetta The Unlimited Records: www.theunlimitedrecords.com; ed infine, consultando il sito del nostro distributore Andromeda: www.andromedarocks.com.
Francesco Briotti: Ringrazio anch’io Metal.it per lo spazio concessoci, per la bella chiacchierata e per la bella recensione. Grazie mille e continuate a seguirci! Ne vedrete delle belle in futuro!
Francesco Bronzini: Grazie ancora a voi, vi mando i miei migliori auguri per il lavoro che state svolgendo e per lo spazio che offrite alle band!