I Defiled sono la dimostrazione di come anche nella terra del Sol Levante ci sia gente capace di affilarsi gli artigli e di suonare del sano e potente brutal death di stampo squisitamente statunitense. Il nuovo e fiammante "Divination" suona in effetti come una rielaborazione di "Breeding The Spawn" dei resuscitati Suffocation, in chiave ancora più tecnica e feroce. I 14 brani proposti infatti suonano come autentiche mazzate al fulmicotone infarcite da equilibrismi strumentali al servizio di brucianti violenze sonore, dove i cambi di tempo e gli stacchi in velocità turbinano impazziti come il Maelstroem descritto da Poe. I quattro intrepidi nipponici mettono a frutto i dieci anni di attività passati a levigare e a maturare il proprio sound, anche in virtù delle esperienze live con gruppi del calibro di Cannibal Corpse, Morbid Angel, Testament e Arch Enemy e si propongono come uno dei gruppi più meritevoli della scena est asiatica, che ultimamente sta proponendo gruppi di buon valore, come ad esempi i Ritual Carnage ed Impiety. Il limite di "Divination" è da riscontrare però proprio in questa esasperata ricerca dell'impossibile, che si ripropone uguale a se stessa per tutta la durata del lavoro. Se inizialmente le evoluzioni in scala diminuita del dotato Fukuda al basso possono impressionare, come nell'iniziale "Downfall", con il procedere del disco tali passaggi diventano sempre più scontati ed inoffensivi, al limite dell'irritabilità. Ai Defiled farebbe bene diversificare ed eventualmente semplificare maggiormente il loro sound, per aumentarne la longevità. I mezzi ci sono, le idee anche, meritano una possibilità.
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