Recensire il disco di una band tricolore rischia di mettere l'innocente redattore in una situazione quanto meno imbarazzante. Se si stronca l'italico album di turno si rischia di venire additati come
“franchi tiratori” o come
“radical chic” che prendono come oro colato ogni flatulenza proveniente dal nord America o dal (tanto di moda negli ultimi anni...) nord Europa e che snobbano quanto di buono esce dal nostro territorio; d'altro canto...se si eccede nelle lodi verso un disco o una band compatriota si rischia, al contrario, di essere accusati di venerare tali dischi e tali band solo perchè italiani. I più fortunati vengono accusati di complottismo con le case discografiche o con i gruppi stessi. Questa introduzione è per me doverosa, in quanto, se reputo questa prova dei marchigiani
Scala Mercalli degna di un “8”, è solo perchè ritengo meritevole di tale voto quello che le mie orecchie hanno potuto sentire una volta posizionato il CD nel lettore. Qualsiasi altro discorso in merito è fuffa. Gli Scala Mercalli sono (sebbene attraverso vari cambi di lineup) sulla scena dal lontano 1992 e quindi non si può negargli il fatto che quello che propongono lo fanno con una certa cognizione di causa (sono stati acclamati in Germania, Inghilterra, Grecia, Spagna...e poi venitemi ancora a parlare di ostracismo verso il metallo tricolore...). Purtroppo, nonostante la lunga gavetta, questo
“Border Wild” è solo il secondo full-lenght album del combo di Fermo (AP), che nel 2006 diede alle stampe l'ottimo
“12th Level” (AB Records). La materia in questione non cambia, ma è plasmata in modo ancora più potente e compatto: le chitarre di
Andriy Poltavets e
Riccardo Ricci si prodigano in riff pesanti e fantasiosi, la batteria di
Sergio Ciccoli è una vera macchina schiaccia sassi (con la doppia cassa ad incastro con le chitarre, a dare quel tipico effetto “meccanico”),
Giusy Bettei al basso è precisa ed efficace e la voce del buon
Christian Bartolacci è sempre acuta, ma più versatile e aggressiva che in passato. Questo disco si può considerare come il naturale seguito del suo predecessore, riprendendo il filo del discorso proprio dalla title track di “12th Level” (che era il brano di chiusura dell'album): heavy metal dall'alto contenuto tecnico, a volte veloce, a volte pesante, sempre ispiratissimo e mai scontato. Il riferimento primario del gruppo sono sempre i
Megadeth, ma, diciamolo chiaramente, se oggi Mustaine sfornasse un disco del genere tutti griderebbero al miracolo. Inutile elencare i brani: vi segnalo giusto la veloce
title track (posta in apertura, dopo un'intro azzeccatissima), l'intricata ed "autocelebrativa"
“Scala Mercalli” ed il conclusivo brano acustico (definirlo ballad è limitativo e fuorviante)
“Midnight Sun” (con tanto di sorpresa finale...e non aggiungo altro), dove Christian a tratti può ricordare (con le dovute proporzioni) Klaus Meine, mentre Riccardo ci saluta con un assolo di quelli che si ricorderanno per un po'. Se proprio devo trovare un neo nel disco potrei riferire la, secondo me, troppo lunga e potenzialmente stancante
“Volcano”. La voce, per chi non ha mai ascoltato il gruppo, ad un primo impatto può risultare un po'ostica (immaginatevi tonalità alte alla Geoff Tate cantate con il cipiglio di Dave Mustaine), ma si capisce presto che QUELLA è la voce giusta per
“La Scala”. Personalmente, mi piacerebbe molto se in futuro i ragazzi decidessero di inserire qualche brano in madrelingua nel loro repertorio (Bud Ancillotti docet...): questo per dare un ulteriore tocco di originalità alla loro proposta.
Magari dovrete concedere più di un chance a “Border Wild” per apprezzarne appieno la qualità, ma vedrete che ogni ascolto tirerà l'altro e ad ogni giro il disco vi prenderà di più.
Bravi.