E' veramente difficile separare cuore ed orecchie quando ci si trova invischiati in una recensione di una di quelle band che ti hanno segnato la vita e che ti hanno regalato emozioni irripetibili con i loro dischi. I
Pestilence rientrano in pieno nella categoria, e questo
"Resurrection Macabre" è il tipico disco che ti ritrovi ad ascoltare miriadi di volte prima di buttarti sulla tastiera e scrivere, con l'unica certezza che qualunque sia il tuo giudizio, esso finirà inevitabilmente per attirare le ire e gli improperi di una fetta di lettori, e forse, raccoglierà anche qualche timido consenso.
Avevamo lasciato i Pestilence al lontano 1993, con quello "
Spheres" che ancora oggi non cessa di essere controverso, con il suo ardito sperimentare attraverso chitarre sintetizzate e influenze jazz/fusion.
Sedici anni dopo,
Patrick Mameli, riesumata la sua creatura, decide di ritornarne alle radici, puntando su del puro e semplice death metal a cui il monicker Pestilence è intimamente e profondamente legato.
Niente synth-guitar, nessuna divagazione nell'ambito della "musica colta", solo puro, semplice e diretto death metal. E il risultato si lascia apprezzare, anche se non può essere minimamente accostato agli splendidi primi tre album dei Pestilence: a far muovere la testa ci pensano l'opener "
Devouring Frenzy", sorretta dalla batteria finalmente furente di
Peter Wildoer, tornato a legnare come si deve, "
Horror Detox", "
Hate Suicide", con il suo ritornello esaltante, e "
Synthetic Grotesque".
"
Dehydrated II" chiama in causa un passato forse troppo ingombrante, ma riesce nell'arduo compito di non sfigurare rivelandosi un pezzo davvero ficcante e convincente, in grado di riportare in auge le sonorità che hanno fatto impazzire tutti coloro che hanno consumato "
Consuming Impulse".
Con la title track il ritmo cala, facendosi più quadrato e marziale, ideale per essere accompagnato da un headbanging cadenzato, e si fa notare per un bridge ed un ritornello azzeccatissimi e coinvolgenti. Nella versione con bonus tracks sono inoltre inclusi tre classici dei Pestilence ri-registrati per l'occasione, la cui scelta è stata effettuata dai fans tramite un sondaggio online. Pur beneficiando delle moderne teniche e tecnologie di registrazione, le nuove incisioni non valgono una briciola rispetto alle originali, apparendo svuotate della carica e del sentimento che hanno reso "
Out Of The Body", "
Lost Souls" e "
Chemo Therapy" dei veri e propri tasselli essenziali per il death metal mondiale.
In definitiva, siamo di fronte ad un buon disco, lontano eoni dai fasti del passato, ma che per chi come il sottoscritto aveva una fame assurda ed una nostalgia viscerale per i Pestilence è come acqua nel deserto. Ben tornati!