Secondo lavoro per Ralf Scheepers ed i suoi
Primal Fear per la nostrana Frontiers, e le aspettative del sottoscritto erano alte, anche per vedere cosa sarebbe successo dopo la dipartita di
Stefan Leibing e l'arrivo di un talento del calibro di
Magnus Karlsson, bravo tanto di plettro quanto di penna (vedansi due
Allen/Lande, giusto per citare uno degli innumerevoli progetti a firma Karlsson). Stavolta, più che mai, la label pompa il disco in maniera esagerata, per cui mi sono sentito in dovere di dare al suddetto una gran quantità di ascolti, prima di raccontarvi le mie impressioni.
"16.6", alla fin fine, è un album che mantiene ciò che promette: heavy/power in puro stile Primal Fear, infarcito, com'è ovvio che sia in un disco cantato da Ralf, di riferimenti più o meno voluti ai Gamma Ray o ai Judas Priest, vista anche l'enorme somiglianza tra la voce di Scheepers e quella del Rob Halford più muscoloso e granitico. A questo disco, in veirtà, non manca niente per risultare piacevole e di sicuro impatto: l'opener
"Riding the Eagle" ha il piglio dei grandi power metal anthems, e resterà scolpita nelle vostre orecchie metallose, così come la stupenda e veloce
"Under the Radar". Ma, in 69 minuti di musica e 15 tracce, potrete tranquillamente pescare qua e là, con la certezza di trovarvi tra le mani una sezione ritmica impressionante, ed un lavoro di riffing e rifinitura da brividi.
Ma, siccome sono il solito pedante e pignolo, e non me ne va bene mai una, anche stavolta mi sento in dovere di avvisare l'ascoltatore/potenziale acquirente: in questo
"16.6" i brani "filler" ci sono, si sentono, e spesso danno la sensazione che si sarebbe potuto un filo lavorare sulla qualità, piuttosto che sulla qualità. Lo stesso singolo
"Six times Dead", a discapito di un sound roccioso e potentissimo, lascia trapelare una generale sensazione di già ascoltato, ed una somiglianza quasi imbarazzante con delle sonorità molto, troppo Priest per suonare completamente originali.
Ma, ad onor del vero, sono davvero peli nell'uovo. Ralf fornisce in questo nuovo platter una prova maiuscola, coadiuvato dal sempre affidabile Mat Sinner, come dire, una certezza. Ed il buon Magnus Karlsson non fa rimpiangere il suo illustre predecessore, intarsiando soli di pregevole fattura e (quasi) mai banali o prevedibili. Il disco, nonostante la sua lunghezza considerevole, scorre via che è un piacere. Ma qui, come si suol dire, stiamo parlando di gente che col metal ci fa colazione, pranzo e cena! Bands come i Rage e, per l'appunto, i Primal Fear, hanno la cosiddetta "sindrome degli Ac/Dc", ossia la benedizione/condanna di suonare esattamente gli stessi, album dopo album, creandosi attorno una schiera di fans magari non nutritissimi, ma fedeli fino alla morte. A quel punto, diventa solo una questione di gusti. Se vi piace il power metal più potente e "classico" che si possa immaginare,
"16.6" non vi deluderà, complice anche una produzione perfetta per il suo genere. Se poi siete pignoli e rompiscatole come il sottoscritto, la ballad
"Hands of Time" vi fornirà il giusto momento di distrazione da un disco che, altrimenti, rischierebbe di suonare davvero tutto uguale.Buona lì!