Che ne sarà dei Saga senza
Michael Sadler? La domanda, più che ovvia, ronza nella mente dei Saga-fans da quando la notizia della dipartita artistica di Michael ha fatto il giro del mondo. Le soluzioni potevano essere due: tentare di continuare con un cantante-clone, o provare a intraprendere un nuovo capitolo della propira trentennale carriera. D'altronde, la band dei Crichton non si è mai troppo fermata a pensare, ed ha sempre tirato fuori un album dopo l'altro, consolidando lo status di band "culto" nell'ambito art/pomp/prog.
E così, all'indomani del DVD celebrativo, il nuovo disco dei Saga è già pronto per essere fruito ed ascoltato.
"The Human Condition" ci presenta il bravissimo
Rob Moratti (ex Final Frontier) a tentare di gestire l'enorme eredità dietro al microfono, ma non sarà lui l'argomento principale di questa recensione. Sì, perchè i Saga stavolta hanno tentato la carta dell'innovazione. Il nuovo disco suona molto più neo-prog, a tratti quasi prog-metal, con una sterzata nel suono inaspettata e che di certo farà storcere il naso ai fans della vecchia guardia, che li hanno consacrati ed osannati come maestri indiscussi di un genere che, in questo disco, sembra quasi stravolto e rielaborato. La mossa, peraltro, sembra fatta più per esigenze intrinseche alla band, che per meglio adattarsi all'ugola di Rob: il nuovo singer è in possesso di un timbro più sottile, più acuto di quello di Michael, e le nuove composizioni gli stanno addosso con risultati altalenanti.
Sin dalla strumentale opener
"The human condition" vi renderete conto della nuova ricerca sonora fatta in fase di costruzione dei brani, e di come molto sia cambiato in fase di arrangiamento:
"Hands of time" è un brano morbido ed evocativo,
"Avalon" è carico di energia e dal bel ritornello,
"A number with a name" è il pezzo forse più innovativo ed intrigante; man mano che procedo con l'ascolto, mi rendo conto di quanto strane ed arzigogolate siano stavolta le linee vocali, quasi come si volesse puntare più sullo spiazzare l'ascoltatore, che sul convincerlo della bontà della nuova proposta. E' dura da ammettere, ma stavolta i fillers ci sono, e la quota compositiva si attesta su livelli non eccelsi; piange il cuore a dirlo, ma al sottoscritto si è insinuato sottopelle il dubbio atroce: i Saga senza Michael Sadler sono ancora i Saga?
"The Human Condition" è un album che sarebbe da 8 palle per qualsiasi band, ma che nella discografia del combo canadese stona vistosamente, seppur vada considerato inevitabilmente come un album di transizione tra due epoche. Ci toccherà stare a vedere, aspettare e sperare.
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